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Aghori: i maghi oscuri dell’India

Maghi oscuri e potenti stregoni, in grado di guarire malattie. Temuti e rispettati in India; i sadhu che si cibano di carne umana e meditano sui cadaveri, cercando la cessazione delle reincarnazioni attraverso la non discriminazione tra puro e l’impuro.

 Il termine sanscrito sādhus, indica un uomo buono e onesto, un saggio o meglio un santo.

Ciò che accomuna il Buddhismo e l’Induismo è il fine di quella che in sanscrito è chiamato Moksha, ovvero la cessazione delle reincarnazioni, il raggiungimento del Nirvana secondo i buddhisti, l’unione e fusione con la coscienza cosmica.

Il Sadhu è un praticante, che similmente a un monaco buddhista, intraprende questa strada, cercando di guadagnare punti per tale realizzazione, nel suo karma, per non reincarnarsi più in altre sofferenze.

Presenti in India dai tempi della Preistoria, i Sadhu hanno sostituito gli sciamani. Adempiono dei Tapas: rituali magici, controllo del respiro, yoga, mantra, meditazioni, digiuni e spesse volte mortificazioni del corpo.

Si attesta che tra l’India e il Nepal del XIII secolo ci sia stata una grande conversione di massa a questo modello di vita, tanto da raggiungere circa 5 milioni di persone.

Esistono varie caste e sette di sadhu, per quanto siano simili tra loro ognuna è diversa dall’altra.

I Naga Baba sono una setta ascetica guerriera di natura Shivaita. La parola deriva da nudo in quanto non indossano nulla. Le akhara, termine che indica le loro sette, sono guerriere vendicative sia tra di loro che tra inglesi e musulmani come lo sono stati in passato.

I Gorakhnathi sono una setta dedita a Shiva, Vishnu e Brahma che, a volte, chiamano in protezione anche Hanuman e Dattatreya. Si riconoscono per il kundala, un anello all’orecchio.

Gli Udasin, di origine Sikh prediligono le 5 divinità induiste, Shiva, Vishnu, Surya, Durga e Ganesh. Prendono parte coi Shivaiti in caso di conflitto.

Prevalentemente sono queste le principali scuole e sette dei Sadhu, tra cui anche i Ramanandi, detti anche i Vairagi o Avadutha, ovvero quelli che sono indifferenti al mondo e quelli che hanno rinunciato a tutto. Eppure nell’India esistono anche sadhu meno guerrieri ma decisamente moto oscuri, appunto da come preannuncia il loro termine gli Aghori.

La parola Ghora deriva del sanscrito è significa oscurità, ignoranza e profondità ma è preceduta dalla lettera A che in sanscrito indica una negazione, quindi è un riferimento alla luce, assenza di oscurità. 

Ormai sono circa una ventina che vivono a Varanasi tra i campi di cremazione e la tomba del loro guru, in passato erano stati qualche centinaia. La loro pratica è estrema e compiono atti che altri asceti vietano. Mangiano carne umana, proprie feci e urina, consumano carne in decomposizione, meditano sui cadaveri, compiono sesso con prostitute. Sono pieni di resti umani scheletrici, come appunto i crani, bevono alcol e consumano come altri sadhu l’hashish.

Il puro e l’impuro, determina la vita e l’usanza degli aghori, secondo loro sono solo il risultato di Maya, l’illusione che vogliono liberare.

Loro principale cerimonia è quella delle 5 M, il Panchamakara. In cui le 5 M stanno per Madya (alcol), Maithuna (amplesso), Mamsa (carne), Matsya (pesce) e Mudra (cereali). Un rituale come atto di culto fondamentale, svolto dopo lunghe astinenze, consumato con grandi quantità di alcol e hashish. Le donne sono considerate rappresentazioni delle Shakti, della dea o dee, e quindi assumono importanza fondamentale. Il rituale prevede che un sacerdote prenda parte con una donna nuda, recitando alcune formule. In questo modo  Shiva entrerà nel suo corpo e quella della donna sarà la Shakti e rappresenteranno l’unione tra i due. Il sacerdote non può svolgere tale rituale con sua moglie o donne pure o di elevata casta, meglio se impure e completamente diverse dal sacerdote. Al termine della copula i presenti, uomini e donne, mangiano carne, pesce, vino e cereali finché non si abbandonano ad atti impuri. 

La meditazione sul cadavere, pratica oscura particolarmente Aghori, è una trascendenza, dal sé inferiore al sé supremo. Un rito introspettivo. 

Sebbene gli Aghori siano molto temuti in India, per le loro caratteristiche di stregoni e maghi oscuri in grado di provocare malattia e morte, sono anche famosi per guarigioni, aumento della fertilità dove non riesce la scienza e guarigioni impossibili.

Una via particolare, oscura, estrema e comunque sia sicuramente spirituale. Una spiritualità diversa da come siamo abituati a vederla, ma una strada molto ripida in cui l’aghori è costantemente impegnato a separarsi dall’illusione per vedere la crudezza dell’esistenza, in tutte le sue sfaccettature, non discriminando il puro dall’impuro e abituando la propria mente, proprio come i koan zen, alla morte, pensiero fisso, unica certezza immutabile che gli ricorda la caducità dell’esistenza terrena.

                                                                                                                                                                         om Enrico Paniccia

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