Albania. L’identità albanese attraverso la fede patriottica: la setta dei “Bektashi”
I Bektashi sono una originale e interessante setta che ancora alla fine dell’800 era presente in Albania. Questi erano devoti a Gesù e alla Trinità, si crede anche usassero alcuni sacramenti cattolici tra cui l’eucarestia. Possedevano dei monasteri dislocati sul territorio, a tragitti ben definiti da distanze chilometriche. Era il motore della conversione dal cristiano al musulmano, ed erano il nerbo del corpo militare dei Giannizzeri nell’Impero ottomano.
Col nome di Bektashi si identificano due realtà distinte, che storicamente derivano l’una dall’altra senza però confondersi. Da un lato vi è l’Ordine Sufi Bektashi, sorto dall’insegnamento di Hajji Bektash Wali, un maestro Sufi nato Nishapur, nel Khorasan (Iran nord-orientale), al principio del XIII secolo, e vissuto prevalentemente in Anatolia. Apparteneva al gruppo dei maestri itineranti detti Qalandariyyah, e la dottrina che insegnava ai suoi discepoli non aveva nulla di difforme rispetto all’ortodossia sunnita.
Dopo la sua morte i Sufi Bektashi si diffusero ampiamente nell’ambito dell’Impero Ottomano, e il loro fondatore divenne il santo protettore dell’Ordine dei Giannizzeri, in modo analogo a come Mevlana Jalaluddin Rumi divenne il protettore delle dinastia ottomana e degli artigiani, Baha’uddin Naqshbandi degli studiosi di teologia, Hajji Bayram degli abitanti di Ankara, ecc. Fu soltanto al principio del XIX secolo che gli Alawiti (Alevi in turco), una sètta dello Sciismo estremo, iniziarono a dar mostra di una speciale venerazione per Hajji Bektash. Quando, a seguito del fallito tentativo di ribellione, nel 1826 il sultano Mahmud II sciolse l’ordine dei Giannizzeri, molti di essi si fecero Alevi, rendendo ancor più forte questo vincolo a posteriori fra la venerazione di Hajji Bektash e la sètta antigovernativa per eccellenza. Fu così che nacque il gruppo degli Alevi-Betkashi, ormai pressoché scomparso in Turchia al pari dell’ordine Sufi Bektashi, ma ben presente in Albania, ove divenne una sorta di “religione nazionale” da contrapporsi all’Islam sunnita degli Ottomani. Le dottrine degli Alevi-Bektashi non sono mai state codificate per iscritto, e per questo possono essere conosciute soltanto in base a testimonianze di seconda mano. E’ noto che venerano la triade divina Allah-Maometto-Alì, che però rifiutano di chiamare “Trinità”, che credono in Gesù come profeta e non come incarnazione divina (come del resto fanno tutti i musulmani), e che praticano un pasto rituale a base di pane e vino, cui almeno originariamente facevano seguito pratiche licenziose. Non sembra abbiano avuto un ruolo significativo in conversioni dal Cristianesimo all’Islam, ma che come la maggior parte delle sètte sviluppatesi nel segreto e perseguitate, hanno sviluppato un loro specifico sincretismo, attingendo al Sufismo, al Cristianesimo, ma anche allo Sciismo duodecimano.