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Alla Bicocca, bloccato il corso di Paolo Nori
sullo scrittore russo Dostoevskij

 
 
Caro professore, stamattina il prorettore alla didattica mi ha comunicato la decisione presa con la rettrice di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è quello di evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto momento di forte tensione“. 
Questo è il testo della mail che, lo scrittore, Paolo Nori si è visto recapitare martedì sera, a pochi giorni prima dell’inizio di un suo corso, proprio su Dostoevskij, che avrebbe dovuto tenere alla Bicocca di Milano.
Il 20 marzo infatti Paolo Nori avrebbe dovuto tenere un ciclo di quatto lezioni dedicato all’autore russo dal titolo “La grande Russia portatile. Viaggio sentimentale nel paese degli zar, dei soviet, dei nuovi ricchi e nella più bella letteratura del mondo”. 

A leggere la mail, e a dare notizia dell’annullamento, è stato lui stesso in una diretta Instagram con un video divenuto, in poco tempo, virale.  

Non solo essere un russo vivente è una colpa oggi in Italia, ma anche essere un russo morto. Un russo che quando era vivo, nel 1849, è stato condannato a morte perché aveva letto una cosa proibita. Quello che sta succedendo in Ucraina sia una cosa orribile e mi viene da piangere solo a pensarci. Ma quello che sta succedendo in Italia oggi, queste cose sono ridicole: un’università italiana che proibisce un corso è incredibile. Anzi, in questi giorni bisognerebbe parlare di più di Dostoevskij”. 

Paolo Neri è incredulo, denuncia quanto possa essere ridicolo un atteggiamento del genere da parte di un ente che dovrebbe invece guidarci nel nostro comportamento.

L’accaduto, ha ovviamente fatto scandalo e suscitato indignazione all’unanimità, tanto è vero che la Bicocca ha fatto un passo indietro. Il prorettore alla didattica, Maurizio Casiraghi, ha motivato questa decisione, affermando che è stata presa solo con l’intenzione di rimandare il programma di un mese per avere il tempo di ristrutturarlo e ampliarlo. In questo modo possono esser coinvolti più studenti grazie anche all’introduzione, nel percorso di lezioni, di autori ucraini. L’obiettivo, quindi, è quello di arricchire le lezioni e la mail mandata a Nori è solo un errore di comunicazione. Questa decisione potrebbe esser apprezzabile certo, ma resta comunque una profondissima amarezza.

Se si fosse voluto fare un ciclo di lezioni comparativo, tra autori russi e ucraini, perché non farlo dall’inizio? Introdurlo adesso, perchè c’è una guerra in corso, sembra una sorta di forzatura, quasi una giustificazione al fatto che se si sparla di Russia si deve per forza parlare anche di Ucraina.

Da parte sua Neri ha fatto sapere che non condivide assolutamente questa scelta e terrà il corso altrove.

C’è molta confusione su determinate tematiche culturali e non. Pensiamo anche al caso del direttore di orchestra Gergiev, che ad oggi ancora non si sa se potrà dirigere La Dama di Picche, in programma alla Scala dopodomani, solo perchè russo e non ha fatto nessuna dichiarazione in merito alla situazione attuale. O, forse peggio ancora, al fermo della collaborazione tra lo Spallanzani e l’istituto Gamaleya sul progetto di sperimentazione, iniziato lo scorso aprile, sul vaccino Sputnik.

Oggi quindi esser russi è una colpa? Perché si verificano scivoloni del genere? Sembrano quasi delle ripicche inutili e futili soprattutto in un momento come questo. Si spera che sia solo un momento e che si ragioni un pochino di più prima di cadere in queste confusioni.

 

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