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Alle radici della guerra Russia-Ucraina, le responsabilità degli episodi di Maidan

Le vere radici della guerra fra Russia ed Ucraina

una analisi di ROBERTO ROSSETI *

Qualcuno si sarà domandato perché alla Libreria Horafelix, in Roma, mercoledì 9 novembre si sia deciso,  su input  del Gruppo Pro Italia,  di presentare il libro di  Max Bonelli  “Antimaidan che ha visto la luce nel gennaio del 2015?
……… La risposta è molto semplice.
Bastava leggerlo per comprendere, in tempi non sospetti, come già negli anni 2013-2014 fosse stata pianificata la progressiva, lenta ma continua, opera di assedio, distruzione e genocidio della popolazione russofona abitante nel Sud-Est dell’Ucraina ed in particolare nel Donbass e in Crimea.

La strage di Odessa era nota a tutti ma nessuno ha pianto o ha chiesto giustizia a livello internazionale per quei morti. Anche i bambini di Donesk sono stati uccisi dalle  bombe e dai missili lanciati dall’esercito di Kiev ma, in quegli  anni, la stampa occidentale ed in particolare  quella italiana, si è ben guardata dall’esprimere lo stesso sdegno che la contraddistinguerà nel denunciare la morte dei bambini ucraini colpiti dai bombardamenti russi.
Evidentemente c’è  differenza anche nel valore delle vite umane e lo stanno a dimostrare come,  in questi anni, nulla sia stato detto per i piccoli dello Yemen morti sotto i colpi  delle bombe lanciate dagli aerei dell’Arabia Saudita, un paese che sicuramente ha ben poco a che vedere con la democrazia,  i bambini iracheni morti sotto il fuoco dell’aviazione statunitense in occasione della cacciata di Saddam Hussein, colpevole di possedere “armi di distruzione di massa”, mai trovate dai comandanti dell’esercito Usa.  Lo stesso esercito che ancora adesso mantiene basi militari in Siria, senza che nessun organismo internazionale abbia formulato alcuna richiesta ne tantomeno il governo regolarmente eletto a Damasco.
Quanti ragazzini sono stati uccisi senza alcuna colpa?  Chi protesta per i bombardamenti israeliani, con centinaia di vittime  fra la popolazione civile, avvenuti anche in questi ultimi mesi?
 Ci lamentiamo giustamente per i Talebani e l’arretratezza in cui stanno portando l’Afghanistan ma chi  ha causato  tutto questo e ha poi abbandonato in fretta e furia il paese con una fuga che ha messo in difficoltà soprattutto le truppe dei paesi coinvolte in quelle che venivano chiamate missioni di pace ma altro non erano se non missioni di guerra?
Sempre loro. Gli Stati Uniti  che si sono ritagliati il ruolo di “esportatori di democrazia nel mondo” quando non riescono neanche ad evitare che “cowboys impazziti” continuino a compiere sanguinose stragi sul loro territorio nazionale.

Max Bonelli conosce bene quanto accaduto in Ucraina perché,  dal 2009,  ha vissuto a Donetsk insieme alla sua compagna,  e descrive, con minuzia di particolari,  tutto quello che è stato architettato perché si giungesse, prima o poi,  allo scoppio di una guerra diventata inevitabile nel momento in cui venivano completamente disattesi, da parte di Kiev, gli accordi firmati a Minsk.

Ma il merito più evidente di questo libro è quello sottolineato dal  Generale Paolo Capitini, uno dei relatori,  quando dice che leggendolo si  avverte subito il profumo del territorio, si apprezza il  carattere dei suoi abitanti,  si comprende come una intera popolazione, la stessa che poi ha votato in massa per il referendum di adesione alla Russia,  si sia compattata nel difendere le proprie tradizioni e le proprie radici.
Il Generale Paolo Capitini ha una vasta esperienza a livello internazionale avendo partecipato a missioni in Libia, Ciad, Somalia, Bosnia, Kosovo, Haiti, Repubblica del Centro Africa e presso il Corpo di Reazione Rapida della Nato.  Le sue analisi non sono quindi quelle di un giornalista che, come si dice nell’ambiente,  di solito spiega agli altri quanto non ha capito lui. Capitini  asserisce che il primo compito di questa guerra è svuotare in poco tempo gli arsenali militari di armi obsolete, queste non avrebbero avuto più alcun significato dal punto di vista bellico perché superate in tecnologia.  Ancora una volta basterà seguire l’odore dei soldi per comprendere  quali  sono le industrie che costruiscono e forniscono armi a tutti e si arriverà direttamente ai veri responsabili di questa guerra.  Sia ben chiaro la cosa vale per tutte le potenze occidentali, la Nato ed i suoi fornitori, e la Russia.  Le vite umane valgono ben poco di fronte alla ragion di Stato. Il generale ha successivamente  fornito la propria valutazione sulla ritirata dell’esercito russo dalla città di Kherson, ufficializzata proprio nel giorno della presentazione del libro di  Bonelli.

Ma lasciamo spazio proprio alle sue parole.
Per i 25000  soldati russi chiusi a Kherson passare l’inverno in città sarebbe stata una tragedia. Serrati alle spalle dal fiume e pressati da ogni parte dall’esercito ucraino, quella cui andavano incontro non sarebbe stata una sconfitta ma una disfatta. Bene hanno fatto i militari a spingere su questa decisione che, oltre a recuperare migliaia di soldati per le future operazioni, ha consentito alla guida politica della Federazione di uscire con classe da una brutta figura.”

Interessante l’analisi  di questo conflitto fornita dallo storico Paolo Zanetov che, giustamente, è andato  all’origine  dell’identità russa nata proprio  attorno a Kiev dove, più  o meno attorno all’anno mille, si aggregano le cosiddette “popolazioni Rus”, le stesse che si  contrapporranno  al regime polacco-lituano che, con Casimiro il Grande re di Polonia, aveva conquistato Leopoli.  Questa divisione durerà per secoli tanto è vero che, anche dal punto di vista religioso, Luhansk è sempre stata ortodossa,  si parla il russo ed è legata a Mosca mentre Leopoli è cattolica, guarda con simpatia alla Polonia e alle potenze occidentali.
La stessa identica divisione vissuta nel corso della seconda guerra mondiale quando una gran parte degli ucraini accolsero con entusiasmo le truppe tedesche in opposizione all’esercito sovietico.  Del resto non bisogna dimenticare che Nikita Krusciov , l’uomo che passerà la Crimea all’Ucraina una volta divenuto Presidente dell’Unione Sovietica, era anche lui ucraino ed il più importante esponente del Partito Comunista locale già dal 1938.  La dissoluzione dell’impero sovietico nel 1991  sarà poi la causa di quanto accaduto negli anni successivi.

E’ mia personale opinione che il crollo del muro di Berlino nel 1989 abbia completamente sconvolto la politica internazionale. Con la fine dei due blocchi contrapposti, gli Stati Uniti non avevano più bisogno di alleati nella lotta al comunismo dilagante ma anzi dovevano temere che una Unione Europea, forte da un punto di vista economico,  potesse dare fastidio ai loro interessi.  Guarda caso sono proprio quegli gli anni in cui  scoppia in Italia il bubbone “mani pulite” che vede la fine di tutta una vecchia classe politica non più utile ne utilizzabile e che, anzi, potrebbe rivelare intrecci non molto edificanti.  Sono gli anni in cui, in barba alle promesse fatte da Bush e Khol di non allargare verso Est i confini della Nato, vi vengono velocemente fatte entrare le tre repubbliche baltiche, Lettonia, Lituania ed Estonia, oltre alla Polonia.
Per la prima volta, nel 1999, la guerra si riapri in maniera feroce sul territorio europeo e gli aerei della Nato, decollati da basi italiane, bombardarono  Belgrado, la  capitale della Serbia.  La creazione a tavolino dello Stato del Kosovo, decisa  dai potenti di turno,  aveva lo scopo di fomentare la diffusione di uno stato di disordine e di guerriglia.  Non è un caso se molti dei musulmani combattenti per l’indipendenza del Kosovo, armati e sostenuti da Stati Uniti e paesi occidentali, sono poi diventati il supporto militare dell’Isis,  la stessa organizzazione terroristica utilizzata in Siria in funzione anti-Assad (….e se in Siria non ci fosse stato un intervento della Federazione Russa con Putin, forse noi avremmo avuto i taglia-gole dell’Isis sotto i colonati del Bernini a P.za San Pietro – ndr).   

Ecco come è iniziata la manovra di accerchiamento della Russia al punto tale che, negli anni successivi, gli Stati Uniti ritennero opportuno tentare l’ingresso nella Nato anche per Georgia ed Ucraina.  Proprio in quest’ultima nazione si deciderà di predisporre un piano studiato nei minimi particolare per poter raggiungere i propri obbiettivi. A dimostrarlo la strana carriera di Victoria Nuland, medico  ebreo che entra nello staff dell’amministrazione Bill Clinton e si occupa in particolar modo del disarmo nucleare proprio di Ucraina, Bielorussia, Kazakistan e delle politiche di Kosovo e Bosnia.
Dal 2000 al 2003 viene nominata vice rappresentante permanente degli Usa presso la sede Nato di Bruxelles. Durante l’amministrazione di Barack Obama è inviato speciale per il Trattato delle Forze Armate convenzionali in Europa  fino a diventare, nel 2011, portavoce del Dipartimento di Stato guidato da Hillary Clinton. Nel 2013 passa ad assumere il ruolo di Assistente del Segretario di  Stato per l’Europa e gli affari dell’Eurasia  sotto John Kerry.  Due mesi dopo la sua nomina, nel novembre del 2013, viene fotografata in Piazza Maidan a Kiev, durante le prime proteste, insieme al deputato statunitense John McCain, al futuro Primo Ministro ucraino, Arsenji Jacenyuk, ed atri esponenti politici locali che troveremo con incarichi di fiducia nei successivi governo filoamericani.
La Nulan nel 2014 riceverà un incarico diplomatico sempre in Ucraina fino a quando, con l’amministrazione Trump, viene messa da parte. Guarda caso sarà immediatamente richiamata  in servizio permanente effettivo non appena Biden vince le elezioni. L’incarico è decisamente ancor più prestigioso, Sottosegretario di Stato per gli Affari Politici.

E qui veniamo all’ultimo capitolo della vicenda  che vede coinvolto il figlio del Presidente Biden. Nel 2014, quando il padre era vicepresidente, Hunter Biden ritiene opportuno trasferire i suoi affari in Ucraina e, guarda caso,  uno dei suoi fondi d’investimento figura fra i finanziatori dei laboratori biologici che sempre gli Usa dirigono in Ucraina.  Sono  una trentina e, secondo quel diffidente di Igor Kirillov,  capo delle truppe russe di difesa radioattiva, chimica e biologica, sarebbero coinvolti nel programma di “attività militare-biologica su larga scala”.
Logicamente la notizia è stata immediatamente smentita  dalla Casa Bianca ma indovinate un po’ da chi ?  Si proprio da lei, dal Sottosegretario di Stato Victoria Nuland che non ha esitato nell’ammettere l’esistenza dei laboratori segreti ma ha negato categoricamente  l’utilizzo per sviluppare  armi  biologiche.
E chi mette in dubbio quanto affermato da un personaggio così integerrimo ed assolutamente indisponibile a compromessi tanto che,  parlando telefonicamente con l’ambasciatore degli Stati Uniti a Kiev, non ha esitato a dire in maniera brutalmente sincera a chi  esponeva gli eventuali dubbi dei Capi di Stato occidentali sulla politica espansiva in atto  in Ucraina: “Europa fuck off”.

Peccato che il primo a smentirla è proprio suo marito, Robert Kagan, disposto  a tutto pur di imporre al mondo la supremazia americana.  In un documento firmato “Rebuilding American Defence” e pubblicato dall’organizzazione da lui fondata, ha scritto testualmente : “bisognerebbe  pensare alle armi biologiche non più come un’arma esclusivamente nelle mani dei terroristi ma come un strumento politicamente utile nel caso in cui venisse messa in discussione la leadership americana”

Del resto quelli che vogliono impedire agli altri (ma solo a quelli che non condividono la loro superiorità politica, sociale, economica e militare) l’uso del nucleare non sono gli stessi e gli unici che hanno usato per ben due volte la bomba atomica, quando il Giappone era già in ginocchio e non ce n’era bisogno, provocando  centinaia di migliaia di morti a Hiroshima e Nagasaki ?
Sarà il caso di fare peccato e pensare male,  forse l’unico modo per tentare di salvarsi !                                                                                           

*ROBERTO ROSSETI
Giornalista, opinionista, saggista,  scrittore e conferenziere,
nonché collaboratore e redattore in varie Riviste e Testate,
già Redattore al Secolo d’Italia e poi Vice Direttore al TG-1

La Redazione di Consul Press, che ha partecipato alla “Tavola Rotonda” presso il Caffé Letterario HoraFelix,
ringrazia l’Amico ROBERTO ROSSETI per questo suo approfondimento sulle tematiche esaminate
dai Relatori e nel successivo dibattito 

 

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