Il carnet di ballo di Anne Hathaway è pienissimo. Tra i progetti in arrivo ci sono due serie tv (Solos con Helen Mirren e WeCrashed con Jared Leto), oltre a quattro film, tra cui Armageddon Time che la riunisce a Robert De Niro, dopo Lo stagista inaspettato (Netflix). L’attrice Premio Oscar, che di recente ha chiesto al mondo di essere chiamata “Annie” (il nome di battesimo lo usa solo la madre quando è arrabbiata con lei), in collegamento dal luminosissimo open space del soggiorno racconta la “ripresa” dopo lo stop forzato dovuto all’emergenza Covid-19.
Proprio durante la pandemia, infatti, ha girato Locked Down di Doug Liman, in arrivo in esclusiva digitale sulle maggiori piattaforme (da TIMVision ad Apple TV) a partire dal 16 aprile.
Nella pellicola interpreta Linda, una donna che molla il partner Paxton (Chiwetel Ejiofor), ma è costretta a viverci insieme a causa del Coronavirus. Questa convivenza forzata porta ad organizzare un colpo ai danni di Harrods. E sì, forse la storia scritta da Steven Knight (Peaky Blinders) strizza l’occhio a Ocean’s 8 (ora su Netflix), ma la cosa non dispiace. Questa commedia romantica che diventa heist movie ha inoltre la particolarità di essere nata e girata tutta durante la pandemia, cornice surreale eppure attualissima per la messa a punto di questa rapina.
Anche il progetto precedente di questa schiva ma volitiva 38enne newyorkese (Le Streghe) ha saltato la sala per approdare online e sembra quasi una lettera d’amore ai due figli, Jonathan e Jack, anche se ancora troppo piccoli per la visione.
Quanto è stato liberatorio tornare sul set per Locked Down?
«Più di quanto non riesca ad esprimere: la sola idea di tornare a lavorare era eccitante e l’ho vissuta come una sfida».
Cosa l’ha colpita del progetto?
«Il copione mi ha catturato per lo spessore della scrittura. Le vicende raccontate hanno un sapore autentico e profondo e fanno scattare qualcosa dentro, una presa di coscienza di cui non ti rendi neppure del tutto conto».
Una scena in particolare?
«Ad un certo punto Linda fa un monologo che sembra una sorta di allucinazione sul capitalismo e mi è sembrato talmente onesto che lo reciterei in ogni film».
Il mondo ha bisogno d’intrattenimento?
«Siamo tutte anime ferite in cerca di guarire, dobbiamo rimetterci in piedi e ricominciare e questo film può aiutare».
Il ruolo precedente, quello di Grande Strega Suprema, è di natura totalmente diversa, anche se poi entrambi i film sono stati destinati alle piattaforme e non al cinema. Cosa l’ha divertita di questa trasformazione fisica – anche discussa – per incarnare la magia?
«Lei è estrema, teatrale, anzi melodrammatica in tutto quello che fa: nel piano di trasformare i bambini in topi diventa ossessionata da questa idea che esprime sempre sopra le righe. Tanto che per interpretarla il regista Robert Zemeckis mi ha chiesto di non considerarla come un essere umano ma come uno di quegli animali in preda agli istinti, senza filtri».
Da mamma, quale parte della favola di Roald Dahl, la entusiasma?
«Mi piace che si dia il potere ai bambini, che si mostri loro anche il lato oscuro del mondo rendendoli consapevoli dei pericoli. In questo modo affrontano le proprie paure in maniera naturale, perché sanno di avere la meglio sulle difficoltà. E poi un tocco di magia di certo non guasta».
Per lei non è stato certo un debutto tra i personaggi di fantasia, con un passato da Catwoman, giusto?
«E pensare che non avevo la minima familiarità con Batman e i fumetti… anche in quel caso interpretavo il ruolo di un’egoista, di quelle che non tengono in considerazione i sentimenti e le ragioni di nessun altro a parte se stessa. Il che, devo dirlo, come attrice è molto divertente».
Di questi tempi si parla tanto di mascolinità tossica, lei che ne pensa?
«Mi piace considerare la faccenda da un punto di vista diverso: il mondo maschile si sta evolvendo e finalmente gli uomini sembrano maggiormente a loro agio nell’esprimere le emozioni».