Aspettando il 150° Anniversario di Porta Pia II°
LO STATO PONTIFICIO E IL REGNO D’ITALIA
ALTA TENSIONE
PARTE SECONDA
Aspettando il 150° Anniversario dell’Annessione di Roma al Regno d’Italia, si intende ripercorrere, attraverso tre articoli, il succedersi degli eventi, che portarono alla fine dello Stato Pontificio e sollevarono Roma a Capitale d’Italia. Nella Prima Parte abbiamo messo in luce la situazione italiana in relazione al Contesto Europeo. Questa Seconda Parte è dedicata ai difficili giorni che seguirono alla sconfitta di Sedan, fino all’inizio delle operazioni militari, dal 2 Settembre all’11 Settembre 1870. La Terza e Ultima Parte affronterà l’assedio, l’assalto e l’Annessione della Città Eterna, che si ricongiungerà finalmente al Regno d’Italia, dall’11 Settembre al 20 Settembre 1870.
Dopo la Battaglia di Sedan, avvenuta il 2 Settembre 1870, per l’Italia si apriva una prospettiva reale, volta all’annessione di Roma. L’8 Settembre 1870 il Re Vittorio Emanuele II inviò una lettera al Papa Pio IX, tramite il conte Gustavo Ponza di San Martino, senatore del Regno. Fu un incontro tesissimo.
Il Sovrano si rivolgeva al Pontefice con queste sentite parole, Con affetto di figlio, con fede di cattolico, con lealtà di re, con animo di italiano e dichiarava l’indeclinabile necessità, per la sicurezza dell’Italia e della Santa Sede, che le mie truppe, […] inoltrinsi per occupare le posizioni indispensabili per la sicurezza di Vostra Santità e per il mantenimento dell’ordine.
La risposta del Papa Pio IX, l’11 Settembre, fu immediata, perentoria e di netto rifiuto a qualsiasi conciliazione, sottolineando che, Del resto io non posso ammettere certe richieste, né conformarmi a certi principi contenuti nella sua lettera. Questa posizione di Non Possumus, il Papa continuò a tenerla anche dopo i fatti e la firma della capitolazione.
UNA BREVE RIFLESSIONE
La data della lettera del Re, l’8 Settembre, e la data della risposta pontificia, l’11 Settembre, sono particolarmente significative nella Storia d’Italia, ed ebbero ampie conseguenze a livello mondiale.
L’8 Settembre 1870 segna l’inizio delle operazioni che posero fine al potere Temporale della Chiesa, l’8 Settembre 1943 segna l’inizio delle operazioni che posero fine alla Monarchia in Italia.
L’11 Settembre 1870 con il Non Possumus del Papa si apriva una trincea, un fronte interno per lo Stato Italiano, l’11 Settembre 2001 si apriva un’altra trincea, un inedito fronte estero per il Mondo Odierno.
RITORNIAMO AL 1870
La risposta del Papa Non Possumus data al Sovrano l’11 Settembre 1870, era la stessa che l’11 Settembre 1848, il Pontefice aveva dato al popolo romano, riunito in Piazza del Quirinale, nell’atto di effettuare una pubblica richiesta. La concessione della Costituzione.
Il tentativo di prendere Roma si lega all’11 Settembre. Ricordiamo anche la lettera che Garibaldi inviò al Re Vittorio Emanuele II l’11 Settembre 1860, annunciando, che appena le condizioni glielo avrebbero permesso, si sarebbe diretto in gran velocità alla volta della Capitale d’Italia. Nell’ottica del Generale la capitale non poteva che essere Roma. Inoltre l’11 Settembre 1869 moriva Giovanni Cairoli, in seguito alle ferite riportate a Villa Glori, sempre nel tentativo garibaldino di prendere Roma. L’anno dopo, proprio l’11 Settembre 1870 inizieranno le operazioni militari nello Stato Pontificio.
LE OPERAZIONI MILITARI
Con la rottura diplomatica la parola passava alle armi. L’11 Settembre 1870 il Regio Esercito oltrepassava i confini dello Stato Pontificio, dopo una lunga azione diplomatica. La data scelta come inizio delle operazioni militari fu l’11 Settembre, evocativa non di un’aggressione, ma di una difesa del mondo cattolico. Ragion per cui non ci fu alcuna consegna della dichiarazione di guerra. Interessante che l’unità più efficiente dell’esercito pontificio era costituita dagli Zuavi, che indossavano uniformi di foggia turca. Questa analogia ci ricorda la gloriosa battaglia che vide il principe Eugenio di Savoia, il Nobile Cavaliere, fermare i Turchi alle porte di Vienna in una data storica e attuale, l’11 Settembre 1683.
CORONAVIRTUS VS CORONAVIRUS
LA DURA PROVA
Intanto, il 10 Settembre 1870 a Roma era stato proclamato lo stato d’assedio, ed era stato distribuito un volantino del partito d’azione, che invitava i cittadini a non ostacolare l’opera dei fratelli che vi libereranno da una vergognosa schiavitù. […] Viva Roma capitale d’Italia. Viva Vittorio Emanuele in Campidoglio.
Nel frattempo i francesi avevano ritirato le loro truppe da Roma e da Civitavecchia, anche se l’imperatrice francese Eugenia, nelle veci dell’imperatore Napoleone III, ormai in estrema difficoltà, inviò la nave da guerra Orénoque a Civitavecchia, a disposizione del pontefice, in caso di fuga, a fronte dell’estremo pericolo, dopo aver affermato meglio i prussiani a Parigi, che i piemontesi a Roma.
Il comando delle operazioni venne affidato al cattolico Generale Raffaele Cadorna, con una superiorità di truppe ben quattro volte maggiore dell’esercito pontificio. Questa sproporzione serviva a scoraggiare qualsiasi ostinato tentativo di difesa, al fine di evitare un inutile spargimento di sangue. Fu stabilito che al papa saranno resi gli onori militari come a un principe sovrano.
Questa intenzione emergeva dal Proclama di Cadorna rivolto ai cittadini dello Stato Pontificio, effettuato da Terni l’11 Settembre:
Italiani delle province romane! […] Il Re d’Italia m’ha affidata un’alta Missione […] L’esercito, simbolo e prova della concordia e dell’unità Nazionale, viene tra voi con affetto fraterno per tutelare la sicurezza d’Italia e le vostre libertà […] La indipendenza della Santa Sede rimarrà inviolabile in mezzo alle libertà cittadine, meglio che non sia mai stata sotto la protezione degli interventi stranieri. Noi non veniamo a portare la guerra, ma la pace e l’ordine vero. […] Il mio compito si limita a mantenere l’ordine pubblico e a difendere l’inviolabilità del suolo della nostra Patria comune.
L’ordine del Papa al suo Ministro della Guerra Kanzler era chiaro Vi chiediamo di cedere, non di morire, non si voleva dunque una difesa a oltranza. Il Regio Esercito Italiano si avvicinava a Roma seguito da una schiera di uomini nuovi, i giornalisti, armati di carta e penna. Tra questi ricordiamo Edmondo De Amicis, corrispondente di un periodico del Ministero della Guerra, la rivista Italia Militare, che lasciò una testimonianza patriottica dello storico evento nell’opera Impressioni di Roma. Ne riportiamo alcuni passi, particolarmente significativi e indicativi, dell’atmosfera che animava quei momenti fatidici della Storia d’Italia.
ROMA E L’ESERCITO FIRENZE 27 AGOSTO 1870
L’Italia ha bisogno di questa scossa; ha bisogno di rivivere un giorno almeno la vita del cinquantanove e del sessanta; ha bisogno di riabbracciare la sua Primogenita immortale per sentirsi qualche cosa di caldo sul cuore.
Roma pel nostro esercito e pel nostro popolo sarà una forza. Quando si solleverà il velo della religione, non per squarciarlo, ma per avvicinarlo al cielo, e il sole della libertà batterà su tutto codesto mondo sopito, allora quelle tradizioni si ravviveranno e diventeranno una forza pel popolo italiano.
Che la sua storia, insegnata al popolo colla solenne illustrazione dei luoghi e dei monumenti, non valga a fortificargli nell’animo il sentimento della patria e della dignità nazionale […] è impossibile. Tutto quel ch’è grande lo ispira […] e i monumenti di Roma parlano ben altro linguaggio al cuor nostro.
Ma i giovani perché non danno la prima spinta? I giovani? Ma dove sono i giovani di Roma?
ENTRATA DELLE TRUPPE IN NEPI 13 SETTEMBRE
Sul primo entrare di Nepi v’è una larga piazza. E’ ancor adesso stipata di gente. E’ indicibile l’entusiasmo con cui i soldati entrarono. Io non vidi mai uno spettacolo simile, nemmeno nei primi giorni del 1866. […] Quest’allegrezza, questa espansione di cuore così serena, schietta, irresistibile, questo slancio patriottico così unanime e possente, non si può dare che nei soldati di un grande esercito che entrano in una delle più care terre della patria, dopo una lunga e dolorosa aspettazione, dopo molti e grandi sacrifizi, e c’entrano colla coscienza di cittadini, di liberatori, penetrati dalla santità della causa, fratelli che vanno ad abbracciar fratelli, italiani che sentono da lungi la voce di Roma e vogliono gettarsi sul seno della loro grande ed eterna madre. […] I battaglioni di bersaglieri, i reggimenti, gli squadroni […] levando alte grida […] A Roma! Vittorio Emanuele in Campidoglio! […] Viva i bersaglieri a Roma! […] E compagnie intere cantavano in coro […]
Pianteremo in Campidoglio la bandiera tricolor
Il Regio Esercito con questo Spirito
si avvicinava alla Città Eterna
Simbolo di una meta tanto attesa
Questo Sentimento sia anche il Nostro
Massimo Fulvio Finucci e Clarissa Emilia Bafaro