Atac… Referendum sui trasporti della Capitale
Un Referendum a Roma per il giorno di San Martino
Domenica 11 novembre i romani verranno chiamati alle urne per votare sul referendum per la messa a gara del trasporto pubblico locale di Roma. La data inizialmente prevista era il 3 giugno, ma un’ordinanza della “sindaca” Virginia Raggi ha fatto slittare di cinque mesi la data della consultazione popolare. Promosso dal comitato Mobilitiamo Roma, e indetto dai Radicali, il referendum consultivo ha lo scopo di liberalizzare il servizio di trasporto pubblico, oggi monopolio di Atac.
Ma vediamo che valenza questo potrà avere: l’articolo 10 dello Statuto del comune di Roma (come da modifica del 30 gennaio 2018, entrata in vigore dal 20 di marzo) prevede che i cittadini iscritti nelle liste elettorali, «previa richiesta recante un numero di sottoscrizioni, raccolte nei tre mesi precedenti al deposito, non inferiore all’uno per cento di quello della popolazione residente accertata nell’anno precedente», possano esercitare l’iniziativa dei referendum consultivi, abrogativi e propositivi. Questa possibilità si pone accanto a quella, già prevista in passato, che prevedeva la possibilità per il Consiglio Comunale, anche su proposta della Giunta, previa richiesta recante non meno di cinquantamila sottoscrizioni raccolte nei tre mesi precedenti al deposito, di indire referendum consultivi e abrogativi relativi ad atti di propria competenza. Per quanto riguarda la validità, il comma sesto dello stesso articolo afferma: «L’assemblea Capitolina, entro trenta giorni dalla data di proclamazione dei risultati del referendum consultivo, si determina sugli stessi, motivando pubblicamente l’eventuale non accoglimento dell’indirizzo politico espresso dagli appartenenti alla comunità cittadina.»
Se da un lato Virginia Raggi rassicura affermando: “il referendum ha valore consultivo. Qualunque sarà il risultato ne terremo conto” dall’altro si teme che L’Assemblea Capitolina a trazione grillina non rispetterà l’impegno preso. Difatti Raggi non nasconde la sua reale opinione asserendo “la nostra sfida è quella di dire che Atac può invece essere efficiente come il privato restando pubblica”. Al di la dell’asserzione, molto al di sopra del ragionevole (conti alla mano Atac ha 1,3 miliardi di euro di debito, e ogni anno accumula un ulteriore deficit di oltre i 100 milioni) quello che più sconvolge è la posizione, tutt’altro che imparziale, presa dal Sindaco di Roma. Il movimento 5 stelle da sempre si pone a favore della democrazia diretta, ci si chiede perciò il motivo per cui, invece che rimanere neutrale, Virginia Raggi abbia preferito dire la sua.
Non sono solo le dichiarazioni a preoccupare. La volontà popolare già una volta non è stata presa in considerazione dalla Sindaca. Parliamo del caso relativo al parco Tintoretto (IX municipio) un’area verde di 6,5 ettari al margine orientale del quartiere Ottavo Colle, al posto del quale sorgerà centro commerciale, un palazzo di 14 piani, di un asilo e una strada di collegamento tra Vigna Murata e via del Tintoretto. L’Associazione Ottavo Colle, che da tempo si interessa alla salvaguardia del parco, nel 2017 ha presentato alla Sindaca Raggi oltre 1000 firme affinché questa prendesse provvedimenti volti a sottrarre il Tintoretto al su triste desino. Anche l’Assemblea Capitolina il 12 luglio 2018 votava una mozione, rimasta lettera morta, che impegnava Sindaca e Giunta a «verificare la fattibilità di un possibile adeguamento della rete viaria esistente o a realizzare una viabilità alternativa a quanto previsto nel programma urbanistico.»
Visti dunque i precedenti, ci chiediamo se un eventuale vittoria del Si al referendum dell’11 novembre verrà presa in considerazione, o se l’Assemblea Capitolina disattenderà la volontà popolare. In tal modo la Virginia Raggi potrà vantarsi di aver preservato un servizio pubblico, fallimentare ed inefficiente, e di aver distrutto un’area pubblica verde e vitale per far spazio al cemento.
EDOARDO MARIA FEANZA