Atalanta e il cinghiale calidonio
No non si tratta delle patatine Caledonian Tomato. Chissà perché dare un nome così epico a delle patatine.
Eneo, re di Calidone in Etolia, sposò Altea. Quando suo figlio Meleagro ebbe compiuto 7 anni le moire annunciarono a sua madre che avrebbe vissuto solo fino a che un determinato tizzone del camino non si fosse esaurito, al che Altea, sua madre prese il tizzone, lo spense e lo chiuse in un cofano: Meleagro crebbe e divenne il miglior lanciatore di giavellotto.
Ma Eneo si era dimenticato di fare sacrificio a Artemide, la dea della caccia, che mandò un cinghiale, quello che sarebbe stato chiamato cinghiale calidonio per l’appunto, a fare strage di uomini e animali; al che Eneo mandò a chiamare ogni uomo disponibile per uccidere questo feroce cinghiale.
Tra coloro che accorsero vi furono Castore e Polluce da Sparta, Ida e Linceo da Messene, ma soprattutto Anceo e Cefeo da Arcadia accompagnati dalla casta Atalanta dai piè veloci: Iaso, suo padre, aveva desiderato così tanto un erede maschio che quando Atalanta era piccola l’aveva esposta alla collina Partenia in quel di Calidone, lasciandola sola agli elementi, e Artemide aveva mandato un’orsa a proteggerla. Da allora andava sempre in giro armata, soprattutto del suo amato arco e non fece mai pace con suo padre per la sofferenza a cui l’aveva sottoposta.
Quando partirono per la caccia il primo sangue versato fu dei centauri Ileo e Reco che tentarono di usare violenza ad Atalanta ma lei reagì subito uccidendoli entrambi con le sue frecce.
Quando trovarono il cinghiale molte furono le perdite per i cacciatori ma quando riuscirono ad ucciderlo Meleagro offrì la sua pelle a Atalanta perché molto era stato il caos portato da così tanti guerrieri e lei non era riuscita a scagliare le frecce come avrebbe potuto altrimenti.
Gli zii e gli altri parenti di Meleagro furono molto gelosi dell’atto che aveva fatto in quanto volevano per se quella pelliccia, al che Meleagro infuriato per amore li uccise entrambi. Quando tornò a casa fu costretto a uccidere anche gli altri zii benché fossero protetti da Apollo; a questo punto Altea prese il tizzone dal cofano in cui lo aveva riposto, lo riaccese e uccise suo figlio.
Quando arrivò Atalanta in Calidone, Iaso la accolse come una figlia ma gli disse che doveva prendere marito al che lei disse che qualsiasi pretendente l’avesse voluta doveva batterla a una gara di corsa o farsi uccidere da lei. In questo modo molti valorosi guerrieri persero la vita, in quanto Atalanta era più veloce di qualsiasi mortale; in seguito giunse Melanione che aiutato da Afrodite lasciò cadere lungo il percorso delle mele incantate che distrassero Atalanta per cui vinse la gara.
In seguito poi non si sa se questa coppia fu punita da Zeus o Afrodite o forse Cibele che aveva bisogno di leoni per il suo cocchio ma furono trasformati in due leoni che non si potevano accoppiare (credenza greca dell’epoca). Fatto sta che in alcune versioni della storia ebbero un figlio, Partenopeo, che fu esposto alla stessa prova della madre sulla collina Partenia.
La caccia al cinghiale di questo mito è ispirata ad una vera caccia al cinghiale e a una rivalità fra tribù etolie. La morte del re causata da un cinghiale è parte di un mito molto antico (le zanne ricurve
sono un simbolo lunare), questo cinghiale era sacro ad Ares, uno dei presupposti padri di Meleagro.
Artemide era venerata come meleagris o gallina faraona sull’isola di Lero e sull’acropoli di Atene. I fedeli di Artemide e di Iside non mangiavano la gallina faraona.
La cosiddetta corsa era in verità in origine la rappresentazione di un re al termine del proprio mandato, con la mela in mano, inseguito dalla dea che doveva dargli la morte. IL matrimonio tra Meleagro e Atalanta è destinato al fallimento in quanto appartenenti allo stesso clan totemico (soprattutto in relazione alla coppia leone-leopardo e agnello-capra secondo Apollodoro).
Il fatto che Eneo rifiutava sacrificio a Artemide indicava il fatto che la dea non esigeva soltanto la morte di un’ecatombe di animali ma anche la morte del re o di un suo sostituto.
Atalanta come archetipo della stessa Artemide nella letteratura
Il mito di Atalanta è ripreso e variato dall’alchimista, medico e musicista, Michael Maier(1566-1622), nel suo Atalanta fugiens.
La psicanalista junghiana Jean Shinoda Bolen, continuatrice della mitopsicologia, nel suo Artemide scrisse di Atalanta come “Lo spirito indomito dentro la donna” ed ha ha dedicato molto spazio all’interpretazione del mito di Atalanta come figura mitologica umana corrispondente dell’archetipo di Artemide
foto Il bosone paperblog mitologia greca Francesco Spuntarelli dei miriam