Per i genitori di Giulio Regeni e per tanti italiani che avevano nutrito fiducia nella parola e nelle azioni del Governo il giorno di ferragosto è stato più doloroso di una coltellata al cuore
Non è una novità se esprimo il mio disaccordo con la politica estera di questo governo e di questo parlamento, eletto con una legge incostituzionale, interessato solo al privilegio.
L’ho scritto in tutte le salse e lo ripeto oggi a proposito della Libia mettendo in luce gli errori strategici derivanti da un’analisi approssimativa, da una palese ignoranza del contesto storico-politico, da un’ingenua fiducia nella propria capacità di strappare un risultato a politici imbroglioni e corsari. Credendo di convincerli come si faceva con i primitivi vendendo perline e specchietti, abbiamo vantato l’ingiustificata ambizione di voler contare di più di quanto ci potessimo permettere nel far valere le nostre ragioni rispetto ad alleati pronti a lusingarci a parole e ad abbandonarci e poi agire alle nostre spalle.
….. PROSEGUONO LE OFFESE SEMPREDALLA STESSA PARTE !
E’ passato più di un secolo dallo “schiaffo di Tunisi”, espressione ampiamente utilizzata nelle cronache dell’epoca per qualificare l’azione di forza dell’occupazione militare della Tunisia da parte della Francia, contro le aspirazioni italiane. La storia oggi si ripete, come se il Governo Gentiloni fosse ancora quello di Cairoli, primo ministro dell’Italietta povera, anzi stracciona, e del tutto inadeguato a fronteggiare le sfide del tempo, con la differenza che ora, al contrario di allora, si reagisce con molto meno orgoglio nazionale, si fanno spallucce e non ci si dimette.
Il bue che dice cornuto all’asino è un proverbio molto noto in tutta Italia e sta a significare che qualcuno, privo di argomenti, rimprovera un altro dei propri difetti. Stando alla leggenda questo proverbio sarebbe nato nel medio evo da una traduzione fatta alla buona dall’arabo della cronaca di una causa di fronte ad un Tribunale egiziano tra un certo al Buet e il suo vicino di casa Hassani che gli insidiava la moglie, accusato a vanvera di essere coniugato con una poco di buono che lo tradiva. Così al Buet divenne il Bue e Hassani fu tradotto in italiano con l’Asino.
Provate a domandare non al primo che incontrate per strada, ma alla persona che ritenete più informata se sa dirvi in quante missioni militari all’estero sia oggi impegnata l’Italia, da quanto tempo, in base a quale dibattito parlamentare con dovuta informazione all’opinione pubblica e a quali costi addossati sulle spalle di ogni cittadino. Non vi saprà rispondere o al massimo vi dirà i nomi di una missione “Afghanistan” oppure aggiungerà quello di un’altra “Iraq”, infine se è proprio una persona che segue le vicende politico militari aggiungerà la parola “Libano”, ripetendo nomi imparati da oltre dieci anni, ma tacerà sicuramente sugli altri quesiti.
Oltre una settimana fa è andato in onda nel telegiornale della sera uno spezzone di intervento del Ministro dell’Interno Minniti, elogiato nella presentazione per aver osato decidere una cosa mai fatta prima, e cioè aver ordinato l’inversione di rotta del volo che lo portava a Washington, per tornare in Italia allarmato dall’aggravamento della crisi delle ondate di immigrati (quasi 11.000 in un solo giorno).
Chi abbia avuto l’occasione di vedere quei 30 secondi di trasmissione in cui Minniti, faceva la voce grossa, avrà creduto di trovarsi finalmente di fronte ad un ministro molto più competente rispetto alla nullità di Alfano, che si faceva rapire sotto il naso la Shalabayeva, un ministro tosto che sa farsi rispettare, che intende salvare l’onore del paese, garantire la pace sociale e disinnescare qualsiasi rigurgito razziale.