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Autore: Franco D'Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell'Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali

A Ravenna ha già vinto la “Massoneria & Soci”

UNA “FRATELLANZA ….. QUASI  PERFETTA” 

Comunque vada, riconfermato o no l’attuale sindaco uscente, impenitente piacione senza gloria e senza infamia, alle prossime elezioni comunali di Ravenna vincerà ancora, anzi, no, sicuramente ha già vinto, come sempre, la “Massoneria & Soci”.
Immagino l’ironica battuta di chi, magari punto sul vivo, ribatterà subito “Eccolo, il solito che tira in ballo i poteri occulti!” Occulti? Quando mai, direi, invece, solo discreti ovvero ci sono, ben organizzati e attivi, trasversali a tutta la società ravennate che conta, ma si muovono senza dare nell’occhio, passo flanellato e voce bassa. Basta cercare, a volte pescare con l’esca giusta e, prima o poi, un pesce abbocca, mai, per carità, uno squalo, perlopiù soltanto un suo gregario pesce pilota, mandato avanti in avanscoperta.

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L’ignoranza della nostra politica

L’attuale politica italiana è largamente ignorantocratica e legifera, amministra, governa, interpretando, rispecchiando una società ampiamente ignorante, di conseguenza facilona perché pressapochista e superficiale, come impone la finzione del saper tutto, ignorando, invece, moltissimo. 
L’ignoranza dell’attuale classe politica italiana non significa in senso stretto mancanza d’istruzione, abbondano, infatti, sugli scranni parlamentari e degli enti locali, schiere di laureati, magari 110 cum laude, piuttosto significa una marcata assenza di competenze ed esperienze, insomma di una efficace rispondenza del proprio sapere alla concretezza operativa del fare al servizio dei cittadini.

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NO al Disegno di Legge Zan contro l’omofobia

UNA LEGGE OPINABILE E LIBERTICIDA !  

a cura di FRANCO D’EMILIO 

Sino ad oggi, scene simili sottocchio mi erano capitate a Roma e Milano, a Verona come a Napoli, ma, si sa, le grandi città amplificano sempre quanto nella piccola provincia resta più in sordina, ancora parzialmente nascosto per la consapevolezza che risulti censurabile, scandaloso, fuori dalle regole, dalle consuetudini, insomma da quella realtà che costituisce o, forse, dovrebbe costituire la normalità dei comportamenti umani.
Invece, mercoledì scorso, pure a Forlì, percorrendo in auto viale dell’Appennino verso porta Ravaldino, chiuso nel refrigerio dell’aria condizionata contro l’incombente afa della controra, ho preso atto che non vi sono più freni, non vi è più pudore: siamo, ormai, all’ostentazione, all’esibizionismo di quanto ritenuto dai più socialmente insano e trasgressivo, ma adesso, invece, quasi imposto provocatoriamente ad una maggioranza, da sempre in quel solco naturale e sociale, umano e morale, codificato da regole e norme, a partire dal riconoscimento costituzionale dell’art. 29 ovvero “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.”

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In un libro i primi quarant’anni di Giorgia Meloni

IL LIBRO DELLA MELONI ….”IO SONO GIORGIA” 
in una recensione di  FRANCO D’EMILIO
  

Quarantuno anni non bastano per meritarsi una biografia o, addirittura, scriversi un’autobiografia, in quest’ultimo caso davvero col rischio di peccare di presunzione e suscitare l’ostilità del lettore: ancora tante e impegnative possono essere le prove della vita personale nel lavoro e negli affetti, nelle gioie e nelle avversità.

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In mostra a Forlì “La fortuna di Dante nel Ventennio”

Dallo scorso 15 maggio e sino al prossimo 4 agosto a Forlì, in via Volturno 3, pochi passi dalla splendida piazza Aurelio Saffi, cuore storico della città, è in svolgimento la mostra storico documentaria “La fortuna di Dante nel Ventennio”, visitabile nei giorni e negli orari, indicati dalla locandina qui a corredo.

     

 

Scopo di tale evento, chiaramente celebrativo del prossimo VII centenario della morte del Sommo Poeta, è un interessante ed originale percorso culturale sulla celebrazione fascista di Dante, consapevoli che pure la conoscenza di questo aspetto possa concorrere alla maggiore comprensione di un nostro passato, ancora tanto discusso. Franco D’Emilio e Francesco Minutillo, curatori della mostra, promossa dall’Associazione Culturale Forlivese ADESSO&DOMANI, pure col patrocinio del Movimento RINASCIMENTO del prof. Vittorio Sgarbi, hanno inteso, innanzitutto, individuare le ragioni, gli ambiti della fortuna di Dante durante il Ventennio, fortuna chiaramente sostenuta da intenti propagandistici della politica culturale del regime. Prima di allora, la conoscenza dell’opera dantesca era rimasta perlopiù confinata nelle aule universitarie, nelle stanze di accademici, fossero essi storici della letteratura o medievisti oppure cultori delle glorie patrie; persino La Divina Commedia era sconosciuta ai più, nonostante la popolarità delle sue terzine,  spesso declamate a memoria tra la Toscana, l’Umbria e le Marche.

     

Con il Fascismo Dante diventa, invece, un protagonista di primo piano, figura di intellettuale, davvero capace di influenzare l’ideologia, la politica del momento, quindi araldo nel mondo della nuova gloria sui colli fatali di Roma. Di Dante sono congeniali al regime gli ideali universali e il rigore etico, la concezione politica e la visione profetica, l’amore per un’Italia unita, libera, di nuovo gloriosa: insomma, Dante è anticipatore del sogno mussoliniano, addirittura ispiratore della Marcia su Roma con una citazione nella versione del 1919 dell’inno fascista Giovinezza. Dante e Fascismo diventano il binomio indissolubile di un nuovo destino italiano.

Nel corso del Ventennio si conta un numero di edizioni de La Divina Commedia, proporzionalmente molto superiore a quello nei successivi 50 anni del secondo dopoguerra; un profilo, pur breve, biografico di Dante e passi significativi del suo poema sono inseriti nei testi scolastici sin dalle elementari; solo nel 1923, sempre con la riforma scolastica di Giovanni Gentile lo studio della Commedia viene introdotto in tutte le scuole superiori; la conoscenza del pensiero e dell’opera di Dante entrano nei programmi educativi delle organizzazioni giovanili del Partito Nazionale Fascista; nel palinsesto delle sue trasmissioni l’EIAR, ente radiofonico di stato, prevede una rubrica settimanale con letture e commenti di brani del poema dantesco.

Poi, alla caduta del Fascismo Dante subisce l’epurazione, al pari di tanti fascisti, costretto, quasi soffocato nei programmi liceali, spesso bandito dai corsi universitari, in conclusione ampiamente estromesso dal novero dei grandi italiani. Una sorta di sotterranea damnatio memoriae di un valore certo del passato, appunto Dante, che, per dirla ancora con parole di Gentile, resta comunque “simbolo di una sua duplice immortalità: quella personale dopo la morte e quella identitaria di un’intera nazione”. Sì, Dante resta, indubbiamente, simbolo importante della nostra identità nazionale, un grande italiano, perché no Eroe e Padre della Patria.

Eroe per aver intuito e premesso all’idea di nazione il progetto di un’istituzione solida, magari sovranazionale, a suo giudizio l’Impero, come spiega nel De Monarchia, che nell’interesse della cristianità fosse capace di superare, unificare gli interessi contrapposti di troppe realtà o fazioni politiche. Eroe per aver compreso ed espresso nel Convivio e nel De Vulgari Eloquentia il valore civile, espressivo ed educativo, di una lingua comune tra gli italiani, da lui identificata nella lingua volgare, l’unica in grado di abbattere la disparità linguistica tra i ceti colti, avvezzi all’uso del latino, e i ceti popolari. Con l’unità linguistica e il progetto di un’unificazione politica, a tutela di diffusi e comuni interessi, Dante è stato il primo, pur parzialmente, a mettere in discussione popolo e ordinamento giuridico ovvero due dei tre elementi, l’altro è il territorio, costitutivi di uno stato.

Dante è stato un Sognatore della Patria per averla immaginata, sollecitato dalla sua esperienza di cittadino, con tanto rigore impegnato politicamente, per questo pronto ad invettive contro i mali e i guastatori del mondo. Dante è stato un Padre della Patria perché sempre di buon esempio nella sua fermezza a cambiare sé stesso prima degli altri. Dante è stato, ancora, una Guida della Patria nel ritrovare la diritta via per la salvezza dalla selva oscura della vita, ruolo oggi ancora più attuale e significativo perché salvifico dalla presente pandemia. Dante è stato, infine, con la sua visione dell’Impero, esteso a più popoli cristiani, un Profeta dell’Europa, insomma un europeista ante litteram, non a caso celebrato dal suo arcigno ritratto sul dritto della moneta da 2 euro, corrente in Italia.

Dunque, la mostra forlivese “La fortuna di Dante nel Ventennio” si articola in n. 12 sezioni tematiche: affrontano il tema dell’uso propagandistico delle profezie e dei simbolismi danteschi da parte del regime; ripercorrono, da Dante al Fascismo, il tema letterario dell’amor patrio; poi, illustrano il notevole sviluppo in Italia e all’estero della Società Nazionale “Dante Alighieri” per il proposito fascista di diffondere maggiormente la cultura italiana in patria e nel mondo; ancora documentano il fervore dello studio di Dante da parte di Giovanni Gentile, Giuseppe Vandelli e Bruno Nardi, eminenze della cultura del Ventennio; non trascurano il contradditorio rapporto del Futurismo con Dante; infine non eludono l’uso distorto di taluni versi danteschi da parte del regime a sostegno della tragica persecuzione antisemita. A corredo di tale esposizione un prezioso contributo di cimeli, libri e documenti sul tema, messi a disposizione da collezionisti della Romagna forlivese.

Insomma, una proposta culturale significativa, anche coraggiosa in una Forlì che con tanta speranza esce dalla selva oscura della tragica vicenda pandemica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A Predappio diventi monumento nazionale la Cripta Mussolini

Domenica 23 maggio a Predappio ha riaperto la Cripta Mussolini, a lungo chiusa al pubblico per volontà dei discendenti, soprattutto dopo il contrasto con il trascorso e presto dimenticato sindaco Frassineti, responsabile, tempo addietro, di aver usato questo luogo cimiteriale come “location” di una sua intervista televisiva, una delle tante perché, anche nelle teche , si tramandasse ai posteri memoria della sua persona, quasi sulle orme del suo più illustre, pur se di colore opposto, concittadino.

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