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Autore: Franco D'Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell'Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali

Coronavirus: soli e a mani nude come l’8 settembre 1943.

UNA NUOVA PESTE, targata “Globalizzazione 

 di   FRANCO D’EMILIO

Soli e a mani nude contro il Coronavirus sono già morti 14 medici (*1), valorosi sino all’ultimo, allo stesso modo lottano altri medici e tanti paramedici, privi di minimi dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti) e di idonea strumentazione, ma, ancora di più, sempre soli e a mani nude contro il contagio, restano milioni di italiani ai quali questo Stato ha sinora dimostrato solo di non saper assicurare sufficienti difese dall’infezione galoppante.
Quella al tempo del Coronavirus è, dunque, un’Italia dolorosa, perché sola, ovvero abbandonata e isolata, e perché senza armi per sopravvivere; è un’Italia tragicamente vittima del divario tra il mondo reale e il paese legale, rappresentato dalla politica e dalle istituzioni, entrambe incapaci di provvedere ad uno stato emergenziale.

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Liliana Segre boccia Roberto Benigni per il film “La vita è bella”

Ho letto il recente “La memoria rende liberi”, sofferta testimonianza di Liliana Segre, sopravvissuta, “salvata” avrebbe scritto Primo Levi, alla “soluzione finale” dei campi di concentramento nazisti. Anch’ella, dunque, vittima dell’antisemitismo, della persecuzione razziale, attuata dal Fascismo in modo sistematico, quasi chirurgico contro la piccola comunità ebraica italiana, neppure cinquantamila cittadini, seppur l’esigua consistenza non possa affatto ridimensionare o, addirittura, giustificare oppure negare una tale tragica, vergognosa pagina della nostra storia contemporanea.

Sicuramente una degli ultimi testimoni della Shoah, Liliana Segre ha ripercorso i ricordi della sua terribile esperienza di ragazzina internata ad Auschwitz, affidandoli alla cura narrativa di Enrico Mentana, noto giornalista, attuale direttore del TG7 del gruppo editoriale Cairo. Il libro non si discosta dai tanti altri che raccontano la “soluzione finale” nazista, è la storia incredibile di una ragazza in mezzo al terrore, alla violenza insensata, alla crudeltà del genocidio per la sola colpa di essere nata ebrea e, come tale, ritenuta volutamente “diversa” dal potere imperante. Ho appreso notizie e particolari nuovi, giustamente il libro arricchisce la mia estesa documentazione e altrettanto vasta biblioteca di saggi, testimonianze sul razzismo, l’antisemitismo, le tante persecuzioni nel tempo sino ai nostri giorni.

 

 

 

Ho rilevato, però, un punto, anzi una pagina, la 207, riprodotta a corredo di questo articolo, dove il libro della Segre, a mio parere, maldestramente esce fuor dal seminato e per così dire “stecca”: qui, appunto, la nostra Liliana, pur rilevando il valore della televisione e del cinema nel salvaguardare e protrarre la memoria dell’Olocausto, ne critica certi “elementi romanzeschi”, dicendosene infastidita, perché contrari alla verità storica. Così, il suo giudizio davvero “tranchant” non risparmia la serie televisiva americana “Holocaust” e due celebri film: “Schindler’s list” di Steven Spielberg e “La vita è bella” di Roberto Benigni, due perle della cinematografia mondiale a carattere storico, fra l’altro su un tema ancora oggi tanto dibattuto, attuale quale il razzismo e, in senso più stretto, l’antisemitismo. Due film, premiati con l’Oscar, finiscono nel giudizio pesantemente critico della Segre solo per il fatto di non raccontare davvero la verità storica della Shoah, così come, invece, da lei conosciuta, vissuta e, poi, testimoniata sino ai nostri giorni.

 

 

Eppure, non mi sembra che “Schindler’s list” e “La vita è bella” fossero nel loro racconto tanto lontani dalla verità storica, nota e documentata, della persecuzione e della “soluzione finale”! Se la cosa più importante sul piano della continuità storica, quindi della conoscenza e dell’educazione dei giovani, è il mantenimento della memoria della Shoah e di ogni vergogna genocida, che senso ha che la Segre faccia le pulci sul tema della ricostruzione storica? Ho avuto l’impressione che la nostra autrice, quasi presa da una sorta di personale aristocraticismo testimoniale della persecuzione razziale, voglia cercare nell’uovo il pelo della pedanteria storica a scapito di un’agile, continua ricostruzione evidente, credibile e duratura di quanto è avvenuto con l’Olocausto. Forse, Liliana Segre dovrebbe avvedersi che “La memoria rende liberi” se, innanzitutto, continuamente disegnata nei suoi tratti essenziali: i particolari, i dettagli approfondiscono soltanto.

Incautamente, poi, la Segre definisce il film di Benigni falso, pure orribile, addirittura una favola inattendibile perché lontana dalla realtà storica, insomma tutte accuse infondate, campate in aria. In realtà, presa dal suo coinvolgimento di sopravvissuta, le è sfuggito, non so se volutamente, come anche le tragedie dell’umanità, anziché col tono del dolore, possano raccontarsi sublimandole in un tono, uno stato più lieve, magari anche favolistico, che lenisce, ma non dimentica le cause della tragedia, però punta all’ammaestramento umano e morale perché certi tragici avvenimenti mai più si ripetano. Ecco, questo è stato l’intento di Benigni nel suo “La vita è bella” ovvero con la favola, sicuramente assurda, di un padre, una madre e un bambino in un lager richiamare i suoi spettatori al valore del bene, dell’amore contro il male e l’odio. Peccato che Liliana Segre non l’abbia compreso.     

Da Predappio a Milano il business dell’Antifascismo e della Resistenza

GLI ATTUALI EREDI DEL P.C.I.
OGGI  BOSS DEL RED MARKETING  

_________di Franco D’ Emilio 

Il danaro pubblico dei contribuenti è fondamentale per l’erogazione dei tanti servizi indispensabili per soddisfare i bisogni collettivi, appunto pubblici per la loro destinazione finale: sanità, istruzione, cultura, lavoro ed investimenti economici sono, ad esempio, alcuni delle necessità che vanno assicurate alla collettività, intesa come ampia, se non totale pluralità dei cittadini.
Si investe, si spende in servizi che hanno, innanzitutto, una ricaduta sociale su tutto l’universo nazionale, senza distinzione alcuna tra i cittadini stessi, né di natura sociale, economica, ma neppure ideologica e politica.

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Gesù diventa partigiano, cattocomunista …..e moltiplica le sardine

UNA RELIGIONE ED UNA CHIESA,
A CUI NECESSITEREBBE UN “INTERVENTO DIVINO
 

una riflessione di FRANCO D’EMILIO 

Non c’è più religione ovvero nulla va più come vorremmo secondo il buon senso, l’opportunità, il metro della misura e dei valori. Ancora di più non c’è religione nel mondo della chiesa dove sempre più spesso spuntano preti “originaloni”, stravaganti che alla solida pietra, sulla quale Gesù si prefisse, rivolgendosi a Pietro, di costruire la sua chiesa, sostituiscono il cedevole fango di un’improvvisata e molto libera interpretazione della dottrina cristiana, spesso ai limiti dell’eresia perché contro il comune pensiero religioso.

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A Ravenna, scempio dell’Aida di Giuseppe Verdi

Sotto le insegne del REVISIONISMO KULTURALE 
POLITICAMENTE KORRETTO

________________FRANCO D’EMILIO 

Prima o poi sarebbe accaduto! In nome dell’integrazione, del multiculturalismo siamo giunti persino a fare scempio dell’originalità creativa, unica ed intrinseca, di un grande Maestro della musica operistica, italiana e mondiale, al tempo stesso pure figura di rilievo della nostra storia risorgimentale: Giuseppe Verdi
L’oltraggio è avvenuto sabato scorso 9 novembre nella messa in scena dell’Aida al Teatro “Dante Alighieri” di Ravenna, regia a cura di Cristina Mazzavillani Muti e direzione d’orchestra del maestro Nicola Paszkowski.

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“La libertà dei servi” di Maurizio Viroli. L’attualità di un saggio del celebre professore forlivese di teoria politica.

“La libertà dei servi” del forlivese Maurizio Viroli,  prestigioso accademico di caratura internazionale sino al titolo di Professore Emerito di Teoria Politica alla Princeton University,  è un saggio, pubblicato in prima edizione nel 2010, che, quasi dieci anni dopo, resta, però, ancora un’analisi attenta, rilevante, attuale sul tema della libertà, condizione essenziale nella vita di ogni cittadino, anche come principio regolatore dei suoi rapporti sociali e politici all’interno della comunità. Certo, nel 2010 il saggio fu sollecitato dalla presenza e dal ruolo di Silvio Berlusconi, allora al suo terzo mandato di Presidente del Consiglio, incarico, fra l’altro, assolto con l’esercizio di un vasto potere sia politico che personale, considerati gli interessi dell’uomo in diversi settori, in modo particolare nelle attività immobiliari e nel campo della comunicazione, giornali e televisione: l’enorme, incombente, articolato potere berlusconiano veniva allora ritenuto da Maurizio Viroli il fattore determinante per mutare, restringendola, la libertà degli italiani, costretta a configurarsi prevalentemente come “libertà dei servi o dei sudditi”, non più come “libertà dei cittadini”.

Secondo l’emerito professore forlivese gli italiani “servi” mantengono sì la libertà di perseguire e realizzare i loro scopi, progetti, ma non sono più, per loro volontà o soggezione, nella condizione di sottrarsi alla potente macchina di potere dell’uomo o della ristretta élite al governo della nazione, quindi la distinzione tra “servi” e “cittadini” deriva da una diversa gestione della libertà personale.

Il saggio di Viroli mi pare ancora di tanta attualità poiché dopo Berlusconi tutta la vicenda politica italiana resta fortemente condizionata da fattori analoghi a quelli dell’era dell’uomo di Arcore: il consolidato e crescente protagonismo politico personale, fondato sul leaderismo; l’esercizio, pure attraverso i “social”, di un potere persuasivo, fortemente fondato sulle qualità caratteriali, comunicative di chi comanda o si propone come capo; il conseguimento dei fini politici fuori dal rigore della ricerca e dell’analisi delle soluzioni possibili; la prevalenza del tatticismo politico, tale che il “buon capo” sia soprattutto colui che punta al risultato senza perdere tempo nell’elaborazione o nella dialettica politica. Questi fattori sono trasversali, da destra a sinistra attraversano tutta la vita politica italiana, certamente modulandosi diversamente tra chi, al momento, esercita il governo o l’opposizione.

Da Renzi a Salvini, da Zingaretti al tuttora immarcescibile Berlusconi è evidente il peso del leaderismo, delle sue armi di propaganda, ancora di più della sua organizzazione sulla base di una corte supina ad avvallare il “grande capo”. Fu proprio l’uomo di Arcore a ridurre “Forza Italia” ad una corte prona e plaudente, ma tutti gli altri protagonisti della politica italiana si sono, poi, in un modo o nell’altro, ispirati a quel modo gestionale della vita di partito. Neppure il Movimento 5 Stelle si è sottratto concretamente a questa logica leaderistica e di contrapposizione tra gruppi interni di potere. Questa condotta politica è diffusissima, non tralascia nemmeno la gestione amministrativa locale: regioni, provincie e comuni sono il campo di battaglia, spesso di vere e proprie faide tra gruppi o conventicole di potere, ne abbiamo riprova pure in varie realtà della nostra Romagna, dall’Adriatico all’Appennino.

La condotta leaderistica, ivi compresa quella di tono populista, con il suo sistema “cortigiano” condiziona la facoltà dell’uomo di pensare e agire in piena autonomia ovvero la sua stessa libertà, degradandolo da cittadino a servo. Il ritorno, anzi il recupero della cittadinanza sulla sudditanza servile è possibile solo attraverso una sorta di rinascita nazionale, in primo luogo di coscienza culturale e politica, chiamatela nuovo Rinascimento o, magari, Terzo Risorgimento. In proposito, valgono le parole del professor Viroli, evocatrici di quell’attenzione da sempre prestata dal nostro forlivese al pensiero mazziniano, al repubblicanesimo, al liberalsocialismo di Carlo e Nello Rosselli:

“Se davvero si vuole sconfiggere la corte, occorrono scelte coraggiose ispirate da una profonda devozione all’ideale della libertà repubblicana. La sola alternativa alla libertà dei servi è la libertà dei cittadini e soltanto un leader politico che capisca in che cosa consiste questa libertà e l’ami con tutto se stesso o se stessa potrà costruire in Italia le condizioni politiche e di costume che renderanno difficile la rinascita di un sistema di corte.”