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Autore: Franco D'Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell'Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali

In un libro i primi quarant’anni di Giorgia Meloni

IL LIBRO DELLA MELONI ….”IO SONO GIORGIA” 
in una recensione di  FRANCO D’EMILIO
  

Quarantuno anni non bastano per meritarsi una biografia o, addirittura, scriversi un’autobiografia, in quest’ultimo caso davvero col rischio di peccare di presunzione e suscitare l’ostilità del lettore: ancora tante e impegnative possono essere le prove della vita personale nel lavoro e negli affetti, nelle gioie e nelle avversità.

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In mostra a Forlì “La fortuna di Dante nel Ventennio”

Dallo scorso 15 maggio e sino al prossimo 4 agosto a Forlì, in via Volturno 3, pochi passi dalla splendida piazza Aurelio Saffi, cuore storico della città, è in svolgimento la mostra storico documentaria “La fortuna di Dante nel Ventennio”, visitabile nei giorni e negli orari, indicati dalla locandina qui a corredo.

     

 

Scopo di tale evento, chiaramente celebrativo del prossimo VII centenario della morte del Sommo Poeta, è un interessante ed originale percorso culturale sulla celebrazione fascista di Dante, consapevoli che pure la conoscenza di questo aspetto possa concorrere alla maggiore comprensione di un nostro passato, ancora tanto discusso. Franco D’Emilio e Francesco Minutillo, curatori della mostra, promossa dall’Associazione Culturale Forlivese ADESSO&DOMANI, pure col patrocinio del Movimento RINASCIMENTO del prof. Vittorio Sgarbi, hanno inteso, innanzitutto, individuare le ragioni, gli ambiti della fortuna di Dante durante il Ventennio, fortuna chiaramente sostenuta da intenti propagandistici della politica culturale del regime. Prima di allora, la conoscenza dell’opera dantesca era rimasta perlopiù confinata nelle aule universitarie, nelle stanze di accademici, fossero essi storici della letteratura o medievisti oppure cultori delle glorie patrie; persino La Divina Commedia era sconosciuta ai più, nonostante la popolarità delle sue terzine,  spesso declamate a memoria tra la Toscana, l’Umbria e le Marche.

     

Con il Fascismo Dante diventa, invece, un protagonista di primo piano, figura di intellettuale, davvero capace di influenzare l’ideologia, la politica del momento, quindi araldo nel mondo della nuova gloria sui colli fatali di Roma. Di Dante sono congeniali al regime gli ideali universali e il rigore etico, la concezione politica e la visione profetica, l’amore per un’Italia unita, libera, di nuovo gloriosa: insomma, Dante è anticipatore del sogno mussoliniano, addirittura ispiratore della Marcia su Roma con una citazione nella versione del 1919 dell’inno fascista Giovinezza. Dante e Fascismo diventano il binomio indissolubile di un nuovo destino italiano.

Nel corso del Ventennio si conta un numero di edizioni de La Divina Commedia, proporzionalmente molto superiore a quello nei successivi 50 anni del secondo dopoguerra; un profilo, pur breve, biografico di Dante e passi significativi del suo poema sono inseriti nei testi scolastici sin dalle elementari; solo nel 1923, sempre con la riforma scolastica di Giovanni Gentile lo studio della Commedia viene introdotto in tutte le scuole superiori; la conoscenza del pensiero e dell’opera di Dante entrano nei programmi educativi delle organizzazioni giovanili del Partito Nazionale Fascista; nel palinsesto delle sue trasmissioni l’EIAR, ente radiofonico di stato, prevede una rubrica settimanale con letture e commenti di brani del poema dantesco.

Poi, alla caduta del Fascismo Dante subisce l’epurazione, al pari di tanti fascisti, costretto, quasi soffocato nei programmi liceali, spesso bandito dai corsi universitari, in conclusione ampiamente estromesso dal novero dei grandi italiani. Una sorta di sotterranea damnatio memoriae di un valore certo del passato, appunto Dante, che, per dirla ancora con parole di Gentile, resta comunque “simbolo di una sua duplice immortalità: quella personale dopo la morte e quella identitaria di un’intera nazione”. Sì, Dante resta, indubbiamente, simbolo importante della nostra identità nazionale, un grande italiano, perché no Eroe e Padre della Patria.

Eroe per aver intuito e premesso all’idea di nazione il progetto di un’istituzione solida, magari sovranazionale, a suo giudizio l’Impero, come spiega nel De Monarchia, che nell’interesse della cristianità fosse capace di superare, unificare gli interessi contrapposti di troppe realtà o fazioni politiche. Eroe per aver compreso ed espresso nel Convivio e nel De Vulgari Eloquentia il valore civile, espressivo ed educativo, di una lingua comune tra gli italiani, da lui identificata nella lingua volgare, l’unica in grado di abbattere la disparità linguistica tra i ceti colti, avvezzi all’uso del latino, e i ceti popolari. Con l’unità linguistica e il progetto di un’unificazione politica, a tutela di diffusi e comuni interessi, Dante è stato il primo, pur parzialmente, a mettere in discussione popolo e ordinamento giuridico ovvero due dei tre elementi, l’altro è il territorio, costitutivi di uno stato.

Dante è stato un Sognatore della Patria per averla immaginata, sollecitato dalla sua esperienza di cittadino, con tanto rigore impegnato politicamente, per questo pronto ad invettive contro i mali e i guastatori del mondo. Dante è stato un Padre della Patria perché sempre di buon esempio nella sua fermezza a cambiare sé stesso prima degli altri. Dante è stato, ancora, una Guida della Patria nel ritrovare la diritta via per la salvezza dalla selva oscura della vita, ruolo oggi ancora più attuale e significativo perché salvifico dalla presente pandemia. Dante è stato, infine, con la sua visione dell’Impero, esteso a più popoli cristiani, un Profeta dell’Europa, insomma un europeista ante litteram, non a caso celebrato dal suo arcigno ritratto sul dritto della moneta da 2 euro, corrente in Italia.

Dunque, la mostra forlivese “La fortuna di Dante nel Ventennio” si articola in n. 12 sezioni tematiche: affrontano il tema dell’uso propagandistico delle profezie e dei simbolismi danteschi da parte del regime; ripercorrono, da Dante al Fascismo, il tema letterario dell’amor patrio; poi, illustrano il notevole sviluppo in Italia e all’estero della Società Nazionale “Dante Alighieri” per il proposito fascista di diffondere maggiormente la cultura italiana in patria e nel mondo; ancora documentano il fervore dello studio di Dante da parte di Giovanni Gentile, Giuseppe Vandelli e Bruno Nardi, eminenze della cultura del Ventennio; non trascurano il contradditorio rapporto del Futurismo con Dante; infine non eludono l’uso distorto di taluni versi danteschi da parte del regime a sostegno della tragica persecuzione antisemita. A corredo di tale esposizione un prezioso contributo di cimeli, libri e documenti sul tema, messi a disposizione da collezionisti della Romagna forlivese.

Insomma, una proposta culturale significativa, anche coraggiosa in una Forlì che con tanta speranza esce dalla selva oscura della tragica vicenda pandemica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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A Predappio diventi monumento nazionale la Cripta Mussolini

Domenica 23 maggio a Predappio ha riaperto la Cripta Mussolini, a lungo chiusa al pubblico per volontà dei discendenti, soprattutto dopo il contrasto con il trascorso e presto dimenticato sindaco Frassineti, responsabile, tempo addietro, di aver usato questo luogo cimiteriale come “location” di una sua intervista televisiva, una delle tante perché, anche nelle teche , si tramandasse ai posteri memoria della sua persona, quasi sulle orme del suo più illustre, pur se di colore opposto, concittadino.

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25 Aprile stantio e polveroso

ANDARE OLTRE 

Tra poche ore, di nuovo il 25 aprile, immancabilmente lo stesso da 76 anni, immutato nel suo spirito celebrativo che resta divisivo, fortemente intriso di ideologismo stantio, anacronistico, pure frutto di retorico accatto.
Ancora un 25 aprile unilaterale di vincitori contro vinti, antifascisti contro fascisti e con la piazza gremita da partigiani, datati o nuovi oppure aspiranti tali, tutti, comunque, così “fragili o vulnerabili”, mutuo gli aggettivi dalla vicenda covidiana, da non convincersi, finalmente, a vaccinarsi con gli anticorpi universali della democrazia, che significa, innanzitutto, confronto. 

Nessuno nega il valore della festività civile del 25 aprile, data di liberazione dal fascismo e fondamentale preliminare della successiva, magnifica scelta della Repubblica, memoria questa, ormai, storicamente acquisita e condivisa da tutti gli italiani, ma, certamente, nessuno può accettare che cocciutamente si continui a millantare  che la porta sul futuro dell’Italia possa ancora girare sui cardini di un antifascismo arrugginito, mai oliato in 76 anni dal buonsenso di ricomporre una divisione lacerante della nostra comunità nazionale.

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A Ravenna, Dante …. e il sapore della cipolla

RAVENNA, CITTA’ D’INCONTRO TRA LE GENTI,
ULTIMA DIMORA DI DANTE …a due passi dalla “CHIESA DELLA CIPOLLA”   

__________________FRANCO D’EMILIO 

Da sempre Ravenna è città d’incontro, laddove la fertile terra padana, irrigua delle acque dolci di fiumi e canali, si mescola alla terra sempre più sabbiosa e salsa verso la costa del vicinissimo Adriatico. Dunque, inevitabile città d’incontro tra genti di terra e genti di mare per costruire una storia ravennate millenaria, davvero unica e originale.
Da tempi remoti ai nostri giorni la storia di questa città è stata possibile proprio dal giusto equilibrio tra la terra e l’acqua, i soli due elementi primordiali del mondo ai quali Ravenna pare essersi affidata nei secoli, lasciando in disparte gli elementi più instabili, fuggevoli del fuoco e dell’aria: è la conferma della concretezza dei ravennati, romagnoli di terra col respiro del mare.

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Foscolo il liutaio romagnolo famoso nel mondo

A DOVADOLA, IN TERRA DI ROMAGNA,
OVE VIVE IL LIUTAIO  LUIGI FOSCOLO LOMBARDI

_________di  FRANCO D’EMILIO  

Chi, solitamente o come turista, soprattutto d’estate, percorre da Forlì a Firenze la statale Tosco Romagnola in direzione del Passo del Muraglione non può certo immaginare che a Dovadola, paese di circa 1600 abitanti arroccati sulle prime pendici appenniniche, viva e lavori un uomo, celeberrimo nel mondo, che accarezza i legni della musica, li tamburella con le nocche delle mani per sentirne lo spessore dell’anima, magari li annusa per fiutarne la stagionatura.

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Cento anni fa la nascita di Gianni Agnelli ________12 marzo 1921_________

Il prossimo 12 marzo sarà un secolo dalla nascita di Giovanni Agnelli (Torino, 12 marzo 1921-24 gennaio 2003), solitamente chiamato Gianni e per antonomasia appellato “l’Avvocato”, sicuramente il maggior protagonista dell’economia italiana nella seconda metà del ‘900 e figura di rilevo nella storia del capitalismo mondiale del XX secolo.
E’ stato, infatti, Gianni Agnelli, succedendo il 30 aprile 1966 a Vittorio Valletta nella carica di Presidente della FIAT, a guidare il grande gruppo industriale torinese attraverso le celeri trasformazioni industriali, produttive ed economiche, di un mutevole quadro internazionale dei mercati e della concorrenza.

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Da Cervia, quel compagno di scuola di Benito

COMPAGNI DI SCUOLA,
IN TERRA DI ROMAGNA 

di  FRANCO D’EMILIO 

“Non credere che il nostro collegio sia come quello dei salesiani di Faenza … omissis … Due persone soltanto contano qui dentro, il direttore della scuola e un allievo del terzo corso: Benito M.”

Così nell’autunno del 1900 il giovane Riccardo informava l’amico Rino, cervese come lui, appena arrivato dalla cittadina litoranea, circa la vita all’interno del collegio, annesso alla Regia Scuola Normale di Forlimpopoli: Rino, grazie alla concessione di una borsa di studio, avrebbe frequentato il primo dei tre anni di corso dell’istituto, giusto in tempo per vedere conseguita dal famigerato Benito M. la licenza d’onore, abilitante all’insegnamento in entrambi i livelli della scuola elementare, quello dalla prima alla seconda e l’altro dalla terza alla quinta, come stabilito dalla legge Coppino del 1877.

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Perché no in un solo giorno la Memoria con il Ricordo?

AD RECORDATIONEM ….ATQUE MEMORIAM 

Dal 10 febbraio 2005, quindi sono già sedici anni, celebriamo il “Giorno del Ricordo” per rinnovare una duplice memoria: innanzitutto, la memoria di quanti, italiani e non, circa 5.000, tra il 1° maggio e il 12 giugno 1945 caddero vittime delle foibe carsiche ad opera delle truppe jugoslave di Tito, liberatrici di Trieste e del Friuli Venezia Giulia dal nazifascismo; poi, la memoria degli oltre 300.000 profughi giuliano-dalmati che, dopo la ridefinizione dei confini orientali con il trattato di pace del 10 febbraio 1947 e sino al 1956, furono protagonisti di un grande esodo verso l’Italia, spesso accolti con ostilità, pregiudizio di filofascismo e sino al 1960 confinati in 109 luridi, fatiscenti campi di raccolta.

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UNA RIFLESSIONE nella ricorrenza della Giornata della Memoria

XXVII  GENNAIO  A.D  ….. 

E’ chiaro che il pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce, anzi è un pesce e come pesce è difficile da bloccare perché lo protegge il mare”, così Lucio Dalla celebra, sostiene il pensiero critico e riflessivo nel suo “Com’è profondo il mare” del 1977.
Ed io, proprio da questi versi, nella ricorrenza della Giornata della Memoria vorrei muovere una riflessione sul razzismo e l’antisemitismo, sempre espressione di un disegno autoritario o, addirittura, totalitario contro il mare della libertà e della democrazia.

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Mussolini: mia figlia Edda ad un ebreo, giammai!

L’8 luglio 1929 Benito Mussolini in una lettera alla sorella Edwige fa presente che “intanto ho assunto informazioni sulla famiglia X (Mondolfi)…omissis… invito l’Edda a seriamente riflettere, prima di arrivare ad un passo che se fosse compiuto riempirebbe di clamore il mondo, senza contare che il novanta per cento dei matrimoni misti non sono fortunati. Io ne ho molti esempi notevoli sotto gli occhi. …omissis … Andando a Riccione, tu persuaderai a poco a poco la Rachele e l’Edda che io non intendo conoscere i X, e che un matrimonio del genere, vero e proprio scandalo con l’aggravante dell’infelicità, non può farsi e non si farà. Ti abbraccio tuo fratello Benito.”

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….. Una “Primula” non basta per la rinascita della “democrazia”

Ormai, è evidente quanto la pandemia Covid19 metta a dura prova il nostro governo, sinora assolutamente incapace di gestire l’emergenza sanitaria nazionale in modo razionale, ben pianificato, soprattutto senza contraddizioni e opacità di condotta.

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La “Resa dei Preti” nella Notte di Natale

ITE … MISSA NON EST 

___________di FRANCO D’EMILIO 

Dunque, quest’anno la Messa della Notte di Natale non si svolgerà a mezzanotte, orario canonico di questa solenne celebrazione, ma sarà anticipata, perlopiù alle 20, perché non ricada nel coprifuoco tra le 22 e le 5 del giorno successivo, coprifuoco disposto dal governo italiano, pure nelle feste di fine anno, per contrastare l’epidemia COVID19. 

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A Predappio, il successo della Mostra “Badoglio telegrafa…..”

DAL SOGNO AFRICANO
……. A  “PREDAPPIO OGGI  

Dietro la realizzazione di una mostra storico-documentaria c’è davvero tanta cura: ideazione, ricerca e documentazione, allestimento, promozione, infine supporto illustrativo ai visitatori. E’ un lavoro che deve raggiungere contemporaneamente due obbiettivi: innanzitutto, l’obbiettivo intrinseco della “culturalità” ovvero di un’espressione culturale approfondita, imparziale e libera; poi, se possibile e/o necessario, l’obbiettivo estrinseco della “economicità” ovvero di un ritorno economico, perlopiù con il pagamento di un biglietto di visita, per coprire le spese sostenute.

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Nuova vita all’Archivio di Arnaldo Mussolini a Mercato Saraceno (Forlì-Cesena)

UN RICONOSCIMENTO PER L’ARCHIVIO
DI ARNALDO MUSSOLINI

di FRANCO D’EMILIO 

Nei primi mesi del prossimo anno, al termine di un impegnativo restauro dei documenti interessati, sarà restituita al suo attuale proprietario la busta n. 1 dell’Archivio “Arnaldo Mussolini”, custodito a Villa Bondanini nel Comune di Mercato Saraceno (FC): si tratta di una significativa raccolta documentaria, per questo, in tempi recenti, riconosciuta dallo Stato di interesse storico nazionale.

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Da Giuseppe Conte a Licio Gelli
…. Episodi di “Cronaca Italiana”

Lo “stato di diritto” sul filo di un autoritarismo legale

di FRANCO D’EMILIO

In questa lunga lotta al Coronavirus, che ha ristretto e tuttora restringe la vita quotidiana, personale e collettiva, limitando la libertà con divieti e imposizioni, controlli e sanzioni, sono rimasto colpito da alcuni aspetti, davvero inquietanti. 
Innanzitutto, la superficiale informazione, chiamiamola pure disinformazione sulla genesi, l’origine dell’epidemia, tanto che in oltre due mesi, nonostante tante eccellenze di ricerca biomedica nel mondo, nessuno è stato capace o, forse, meglio dire sollecitato a chiarire dove e perché sia nata questa pestilenza: gran premura ho ravvisato solo nell’impegno a scagionare i cinesi dalla sospettata responsabilità che il Covid19 sia fuggito da qualche loro laboratorio, luogo di incauta manipolazione del virus, sicuramente contro l’umanità.

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Da Predappio la cittadinanza onoraria
alla memoria al generale polacco Wladyslaw Anders

Tra pochi giorni ricorrerà la “Festa della Liberazione”, celebrativa di quel 25 Aprile 1945 che, finalmente, vide l’Italia intera liberata dal nazifascismo e dalla guerra. Da allora sono, ormai, trascorsi 75 anni, eppure la memoria di quell’evento ancora divide, contrappone gli italiani, anche risvegliando rancori mai sopiti: siamo tuttora incapaci, sia per pochezza ideologica che politica, vissute, spesso, in modo anacronistico, di condividere il valore essenziale del 25 Aprile, la Libertà.

Certo, la Liberazione fu riscatto, affrancamento dall’occupazione nazista e dall’oppressione fascista, ma, soprattutto, segnò la fine della peggiore sventura che possa toccare ad una nazione, al suo popolo, alla sua stessa identità politica, sociale e culturale ovvero la contrapposizione di una guerra civile, fratricida, nel nostro caso tra italiani fascisti e italiani antifascisti. Realizzata, però, la Liberazione, un obbiettivo, credo, ampiamente consolidatosi in 75 anni di vita democratica, penso che sia davvero tempo che tutti, senza distinzione forzata e pretestuosa di credo politico o ideologico, condividiamo, senza se e senza ma, solo la Libertà ossia il contenuto essenziale di quell’affrancamento del 25 aprile ’45, inteso come condizione essenziale di ogni cittadino libero e partecipe di una comunità libera.

Il 25 Aprile dovrebbe divenire, definirsi “Festa della Libertà”, proprio per confermare la memoria di ciò che è stato e non vogliamo che mai più accada: dobbiamo essere solo una coesa comunità nazionale di italiani liberi, ciascuno degno di vivere come tale le proprie idee, i propri progetti per il futuro. Voglio, però, ricordare come quel 25 Aprile, per noi Liberazione dal nazifascismo, sia stato possibile anche per l’impegno militare di tanti senza più libertà, esuli dal loro paese dopo l’invasione tedesca e dopo la crescente ostilità dei sovietici, sì parlo dei polacchi, eroici combattenti del II° Corpo d’Armata Polacco al comando del valoroso Generale Wladyslaw Anders.

Ironia della sorte, anzi della storia, oppressi fuggitivi polacchi liberarono oppressi italiani! Tra gennaio e luglio ’44 i soldati di Anders si distinsero eroicamente nelle battaglie di Cassino e Ancona, poi risalirono la penisola, attraversarono l’Appennino forlivese, liberando, il 28 ottobre ’44, Predappio, località di notevole rilievo simbolico perché luogo natale di Mussolini; quindi, d’intesa con gli inglesi lasciarono a questi l’onore di liberare Forlì, e proseguirono verso Imola e Bologna, liberando entrambe le città nel mese di aprile ’45. A guerra finita al generale Anders e a 75 ufficiali a lui vicini fu tolta la cittadinanza dalla Polonia occupata dai sovietici, ma nessun onore fu riconosciuto neppure dal nuovo governo italiano. Al generale restò solo la via dell’esilio sino alla morte a Londra nel 1970.

Vorrei che la Romagna attraverso il Comune di Predappio, a suo tempo beneficiario del valore militare di Anders, liberatore senza libertà patria, concedesse al generale la cittadinanza alla memoria come previsto dall’art. 114 della Costituzione Italiana, dal Testo Unico degli Enti Locali e dallo stesso Statuto del Comune; in mancanza di una disposizione comunale, in proposito, il Consiglio Comunale può votare a maggioranza un’apposita delibera.

Simile riconoscimento alla figura di Wladyslaw Anders, tantopiù se sostenuto da tutte le forze politiche di Predappio, sarebbe davvero un segno di riconciliazione e, ancora di più, un grande tributo al valore comune, condiviso della Libertà.
Non dimentichiamo come la memoria del generale polacco sia oggi affidata alla figlia Anna Maria Anders, attuale Ambasciatore di Polonia in Italia.

 

Nel ricordo, dunque, del generale Anders e del II° Corpo d’Armata Polacco, nella memoria di quanti caduti su fronti opposti, ma comunque italiani, sempre e soltanto italiani, un solo, eterno Viva la Libertà e sereno 25 Aprile.

 

 

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“Corona-Virus” ………
spero che il peggio passi prima del 25 Aprile

TRA UNA SPERANZA,  UN AUSPICIO e, sommessamente, anche una Preghiera

___________  di FRANCO D’EMILIO

Tutti vorremmo quanto prima la fine di questa terribile epidemia, invece possiamo al massimo solo sperare che presto vi sia un segnale evidente, indicativo che il peggio del flagello Coronavirus sia trascorso, perlomeno sia in via di remissione in attesa della vittoria finale.
Sarebbe significativo, tanto oso sperare e pregare, che il graduale, quasi minimo miglioramento dell’epidemia in questi ultimi giorni divenisse certezza di salvezza nella ricorrenza della Santa Pasqua, come a conferma di una rinnovata resurrezione dell’uomo dai mali del mondo. Confido che giunga questo segno tanto atteso.
E’ troppo importante che il peggio del Coronavirus passi prima possibile con tutto il suo carico di morte e sofferenza, di impotenza e disagio. La resurrezione, intesa come ritorno a nuova vita dell’uomo e della sua opera, è un valore comune a tante religioni, filosofie, pure a tanti credi ideologici e politici, dunque è un principio universale, proprio quello che, dopo il drammatico frangente del Coronavirus, occorrerà per unire l’Italia, tutti gli stati, l’intero pianeta.

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Coronavirus: soli e a mani nude come l’8 settembre 1943.

UNA NUOVA PESTE, targata “Globalizzazione 

 di   FRANCO D’EMILIO

Soli e a mani nude contro il Coronavirus sono già morti 14 medici (*1), valorosi sino all’ultimo, allo stesso modo lottano altri medici e tanti paramedici, privi di minimi dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti) e di idonea strumentazione, ma, ancora di più, sempre soli e a mani nude contro il contagio, restano milioni di italiani ai quali questo Stato ha sinora dimostrato solo di non saper assicurare sufficienti difese dall’infezione galoppante.
Quella al tempo del Coronavirus è, dunque, un’Italia dolorosa, perché sola, ovvero abbandonata e isolata, e perché senza armi per sopravvivere; è un’Italia tragicamente vittima del divario tra il mondo reale e il paese legale, rappresentato dalla politica e dalle istituzioni, entrambe incapaci di provvedere ad uno stato emergenziale.

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Liliana Segre boccia Roberto Benigni per il film “La vita è bella”

Ho letto il recente “La memoria rende liberi”, sofferta testimonianza di Liliana Segre, sopravvissuta, “salvata” avrebbe scritto Primo Levi, alla “soluzione finale” dei campi di concentramento nazisti. Anch’ella, dunque, vittima dell’antisemitismo, della persecuzione razziale, attuata dal Fascismo in modo sistematico, quasi chirurgico contro la piccola comunità ebraica italiana, neppure cinquantamila cittadini, seppur l’esigua consistenza non possa affatto ridimensionare o, addirittura, giustificare oppure negare una tale tragica, vergognosa pagina della nostra storia contemporanea.

Sicuramente una degli ultimi testimoni della Shoah, Liliana Segre ha ripercorso i ricordi della sua terribile esperienza di ragazzina internata ad Auschwitz, affidandoli alla cura narrativa di Enrico Mentana, noto giornalista, attuale direttore del TG7 del gruppo editoriale Cairo. Il libro non si discosta dai tanti altri che raccontano la “soluzione finale” nazista, è la storia incredibile di una ragazza in mezzo al terrore, alla violenza insensata, alla crudeltà del genocidio per la sola colpa di essere nata ebrea e, come tale, ritenuta volutamente “diversa” dal potere imperante. Ho appreso notizie e particolari nuovi, giustamente il libro arricchisce la mia estesa documentazione e altrettanto vasta biblioteca di saggi, testimonianze sul razzismo, l’antisemitismo, le tante persecuzioni nel tempo sino ai nostri giorni.

 

 

 

Ho rilevato, però, un punto, anzi una pagina, la 207, riprodotta a corredo di questo articolo, dove il libro della Segre, a mio parere, maldestramente esce fuor dal seminato e per così dire “stecca”: qui, appunto, la nostra Liliana, pur rilevando il valore della televisione e del cinema nel salvaguardare e protrarre la memoria dell’Olocausto, ne critica certi “elementi romanzeschi”, dicendosene infastidita, perché contrari alla verità storica. Così, il suo giudizio davvero “tranchant” non risparmia la serie televisiva americana “Holocaust” e due celebri film: “Schindler’s list” di Steven Spielberg e “La vita è bella” di Roberto Benigni, due perle della cinematografia mondiale a carattere storico, fra l’altro su un tema ancora oggi tanto dibattuto, attuale quale il razzismo e, in senso più stretto, l’antisemitismo. Due film, premiati con l’Oscar, finiscono nel giudizio pesantemente critico della Segre solo per il fatto di non raccontare davvero la verità storica della Shoah, così come, invece, da lei conosciuta, vissuta e, poi, testimoniata sino ai nostri giorni.

 

 

Eppure, non mi sembra che “Schindler’s list” e “La vita è bella” fossero nel loro racconto tanto lontani dalla verità storica, nota e documentata, della persecuzione e della “soluzione finale”! Se la cosa più importante sul piano della continuità storica, quindi della conoscenza e dell’educazione dei giovani, è il mantenimento della memoria della Shoah e di ogni vergogna genocida, che senso ha che la Segre faccia le pulci sul tema della ricostruzione storica? Ho avuto l’impressione che la nostra autrice, quasi presa da una sorta di personale aristocraticismo testimoniale della persecuzione razziale, voglia cercare nell’uovo il pelo della pedanteria storica a scapito di un’agile, continua ricostruzione evidente, credibile e duratura di quanto è avvenuto con l’Olocausto. Forse, Liliana Segre dovrebbe avvedersi che “La memoria rende liberi” se, innanzitutto, continuamente disegnata nei suoi tratti essenziali: i particolari, i dettagli approfondiscono soltanto.

Incautamente, poi, la Segre definisce il film di Benigni falso, pure orribile, addirittura una favola inattendibile perché lontana dalla realtà storica, insomma tutte accuse infondate, campate in aria. In realtà, presa dal suo coinvolgimento di sopravvissuta, le è sfuggito, non so se volutamente, come anche le tragedie dell’umanità, anziché col tono del dolore, possano raccontarsi sublimandole in un tono, uno stato più lieve, magari anche favolistico, che lenisce, ma non dimentica le cause della tragedia, però punta all’ammaestramento umano e morale perché certi tragici avvenimenti mai più si ripetano. Ecco, questo è stato l’intento di Benigni nel suo “La vita è bella” ovvero con la favola, sicuramente assurda, di un padre, una madre e un bambino in un lager richiamare i suoi spettatori al valore del bene, dell’amore contro il male e l’odio. Peccato che Liliana Segre non l’abbia compreso.     

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