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Autore: Matteo Platania

Nicola Zingaretti, Show a Quarta Repubblica

Nicola Zingaretti, segretario del Partito democratico, ospite al programma Quarta Repubblica, condotto dal giornalista Antonio Porro, ha espresso un giudizio positivo sul reddito di cittadinanza, dichiarando “Io non abolirei il reddito di cittadinanza. Ma farei anche altre politiche per il lavoro. Il reddito di cittadinanza può essere corretto ma è una politica contro la povertà. Oggi in Italia mancano politiche per creare lavoro e sviluppo”. Sul Movimento 5 Stelle, invece, ha espresso un giudizio negativo “Dialogo con il M5S? Non finché ci sarò io come segretario. Innanzitutto perché non lo vogliono loro e poi perché se ci fosse una crisi di governo dovrebbero pronunciarsi gli italiani”.

Zingaretti, sul tema quota 100, appare molto sicuro affermando che la “quota 100 cadrà il prossimo anno perché la taglieranno loro, non ci sono i soldi per finanziarla”. Mentre alla domanda di Porro sulla possibilità di ripristinare l’articolo 18 risponde così “Così no, non è la priorità. Andrebbe riformato il mercato del lavoro”.

Non manca l’attacco al vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini: “È molto bravo a raccontare i problemi. Peccato che non riesca a risolverli… Salvini pagherà un prezzo enorme, perché fa tante promesse ma in realtà sta portando l’economia di questo paese al disastro. Io non credo che bisogna chiedersi quanto ci metteranno gli italiani a rendersene conto. Io credo che saremo chiamati tutti tra qualche settimana a salvare l’Italia”.

L’ultima domanda di Porro riguarda ad una ipotetica crisi del governo e Zingaretti risponde facendo una stoccata al caso Siri “Se si dovesse arrivare alla crisi, convocato dal presidente della Repubblica chiederò che siano gli italiani a decidere chi deve guidare il Paese. Il governo si sostiene su una maggioranza di parlamentari. Se la maggioranza dei parlamentari Cinque Stelle dice che se ne deve andare, allora Siri se ne deve andare”.

E sei il governo dovesse cadere? “Convocato dal presidente della Repubblica chiederò che siano gli italiani a decidere chi deve guidare il Paese”.

 

Sottosegretario Siri indagato per corruzione

“Siamo alla follia”, queste le parole del sottosegretario al ministero dei Trasporti, Armando Siri della Lega, indagato per corruzione in un’inchiesta coordinata dalla Dia di Palermo e Roma.

Siri, secondo gli inquirenti, avrebbe intrattenuto rapporti, ancora da verificare, con Paolo Franco Arata, consulente della Lega sull’energia, docente universitario, ed ex parlamentare di Fi. Secondo i pm, Arata avrebbe offerto e ricevuto frequenti favori con Vito Nicastri, imprenditore nel settore eolico. Repubblica precisa che Nicastri si trovava ai domiciliari una vicinanza al clan di Matteo Messina Denaro.

Gli addetti ai lavori hanno portato avanti un’indagine accurata, dove emerge, da alcune intercettazioni, che Arata avrebbe promesso 30 mila euro a Siri modificare la legge sull’energia eolica. 

Per i pm di Palermo Siri e Arata avrebbero intrattenuto diversi rapporti. Perquisizioni hanno avuto luogo per provare le accuse mosse agli indagati e avere a disposizione elementi che potrebbero tornare utili in sede investigativa. Una decina, per ora, gli indagati, tra questi Alberto Tinnirello, ex funzionario del Dipartimento Energia della Regione, Giacomo Causarano, funzionario dell’assessorato all’Energia, e il funzionario del Comune di Calatafimi Angelo Mistretta.

Repubblica ha reso noto che la mattina del 18 aprile, le forze dell’ordine hanno arrestato Nicastri per violazione degli arresti domiciliari. Le indagini non riguarderebbero solamente il capoluogo siculo, ma anche quello laziale. Armando Siri respinge ogni accusa e parla di “follia”. Nelle prossime settimane, si potrà disporre di dettagli su questo episodio. Siri, circa 4 anni fa, era stato indagato per un reato penale, ma aveva patteggiato per una condanna per bancarotta.

Google riduce i profitti del 30% a causa di una sanzione della Commissione Europea

Alphabet, la società madre di Google, ha chiuso il primo trimestre con un utile di 6,66 miliardi di dollari, il 30% in meno rispetto al periodo di un anno fa per l’impatto dell’ultima sanzione inflitta a fine marzo dalla Commissione Europea per le sue pratiche nel settore pubblicitario. Il reddito della più grande società Internet è migliorato del 17%, a 36.340 milioni. Ma la crescita ha dovuto subire un rallentamento proprio dalla maggiore concorrenza, ovvero la pubblicità. Le sue azioni stavano precipitando di oltre l’8%.

Il regolamento europeo della concorrenza ha sanzionato Google tre volte in meno di due anni per aver abusato della sua posizione dominante, quasi monopolistica. Questo gli consente di imporre condizioni molto restrittive a terzi e impedisce ai concorrenti minori di partecipare al mercato. Il valore complessivo delle sanzioni ammonta a 8.250 milioni di euro.

Google è il motore di ricerca onnipresente, in quanto controlla oltre il 35% del business della pubblicità elettronica negli USA. Segue Facebook con una parte della spesa degli inserzionisti e Amazon, che comincia a mangiare terreno grazie al crescente interesse per la sua piattaforma, Amazon Prime. L’attenzione degli investitori si è focalizzata su come Google riesce ad attirare la pubblicità, soprattutto quella audiovisiva. Google sta espandendo l’offerta di dispositivi per aggiungere nuovi follower. Ha appena presentato la piattaforma per videogiochi Google Stadia ed è fortemente impegnato nell’auto autonoma con Waymo, con l’apertura di una fabbrica a Detroit.

Alphabet, sta dando la priorità agli investimenti in aziende con il potenziale di generare entrate in futuro, piuttosto che raccogliere profitti a breve termine. Un altro campo di battaglia è la distribuzione di contenuti audiovisivi. La piattaforma YouTube (proprietà di Google) ha come concorrenti Netflix, Amazon e Google e Disney+.

I risultati delle azioni pubblicati da Netflix, Facebook e Amazon hanno già dato agli investitori un’idea di dove sarebbe andata la loro performance all’inizio del 2019, dopo una fine dell’anno molto volatile per le società tecnologiche sul mercato. 

Perù, quando uno Zio stupido costringe il nipotino di quattro mesi a bere birra

Risultati immagini per William Daniel Camacho Díaz

 

Durante una festa di compleanno, l’insegnante William Daniel Camacho Díaz, di una scuola di Ferrenafe, città del nord-ovest del Perù, avrebbe costretto il nipote di soli 4 mesi a bere birra. Un video, diventato immediatamente virale sui social, testimonia l’inquietante vicenda. A riportare l’evento il quotidiano britannico The Sun. Il video in questione immortala il piccolo seduto in braccio a una donna, presumibilmente la madre, a un certo punto lo zio si avvicina al nipote con la bottiglia di birra e la porta alla bocca del bimbo, che quasi infastidito si volta rifiutando la sostanza alcolica.

Lo zio, a sua volta non accetta il rifiuto del nipote e lo costringe a bere, intingendo un dito nella birra e portandolo alle sue labbra. Successivamente posta il video su Facebook. Sicuramente l’uomo non si sarebbe mai aspettato una reazione così forte sui social; date le numerose segnalazioni, il video è stato immediatamente rimosso. Costringere un bambino così piccolo a bere può essergli fatale. Attualmente non ci sarebbero stati provvedimenti a carico di William Daniel Camacho Díaz, ma non si esclude che la triste vicenda possa essere già stata affidata ai servizi sociali.

In passato sono stati commessi simili gesti, probabilmente per far ridere amici e il pubblico dei social. Ma le cose sono sempre in tutt’alta destinazione. In Russia, ad esempio a Shebekino una madre di un bambino di otto mesi ha fatto bere al piccolo della vodka per farlo addormentare, ed anche in questo caso l’evento suscitò scalpore e scandalo.

…… Stultorum mater sempiter gravida !

Emanuela Orlandi, svolta storica sul caso

Il 22 giugno 1983 scompare nel nulla la quindicenne Emanuela Orlandi, mentre si recava a scuola di musica.

Oggi, a quasi 36 anni di distanza, il Vaticano avrebbe dichiarato l’autorizzazione per l’apertura di un’indagine interna. La notizia è stata data dal legale della famiglia Orlandi, Laura Sgrò “Stiamo seguendo gli sviluppi delle indagini delle Autorità vaticane auspicando in una piena collaborazione, proseguendo comunque nelle nostra attività di indagini difensive”. Alla notizia della riapertura del caso, Il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, ha commentato: “Dopo 35 anni il Vaticano finalmente indaga ufficialmente sulla scomparsa di mia sorella. Speriamo che sia arrivato finalmente il momento per giungere alla verità e dare giustizia a Emanuela”.

“Stiamo seguendo gli sviluppi e auspichiamo una piena collaborazione, proseguendo comunque nelle nostre attività di indagini difensive” ha successivamente aggiunto Laura Sgrò. La scorsa estate il legale della famiglia Orlandi aveva ricevuto una lettera anonima con allegata la foto di una tomba, recante un messaggio: “Cercate dove indica l’angelo”. La lettera si riferisce alla statua di un angelo, con l’indice puntato al basso, che sostiene un foglio riportante la scritta “Requiescat in pace” (riposa in pace).

La tomba in questione si trova nel campo santo dei Teutonici e dei Fiamminghi,accanto alla chiesa di Santa Maria della Pietà, all’interno delle Mura Vaticane. A intervenire sulla notizia anche Antonietta Gregori, sorella di Mirella, quindicenne romana scomparsa in circostanze misteriose il 7 maggio del 1983. “È una svolta importante. Sono contenta per la famiglia di Emanuela e spero si arrivi finalmente alla verità. Non credo che la vicenda della tomba nel cimitero teutonico riguardi mia sorella, ma spero che la sua scomparsa non rimanga nell’oblio. Io, come la famiglia Orlandi, sono qui a lottare per arrivare alla verità anche dopo 36 anni”.

La madre e il fratello di Emanuela, insieme al proprio legale, hanno presentato istanza al cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano e ha richiesto l’apertura di un’inchiesta. L’avvocato ha precisato che Gian Piero Milano, promotore di giustizia del Tribunale vaticano, aveva annunciato che la Santa Sede avrebbe deciso di prendere in mano la vicenda.

  • La vicenda

Emanuela Orlandi era iscritta a una scuola di musica sita in piazza Santa Apollinare. Mercoledì 22 giugno 1983 Emanuela aveva terminato la lezione in anticipo e aveva contattato telefonicamente la sorella per comunicarle che un uomo le aveva offerto un piccolo lavoro come promotrice, retribuito esageratamente. Quella telefonata è stato l’ultimo contato che la ragazza ha avuto con un suo familiare. Le ultime notizie di Emanuela risalgono circa alle 19.30 di quella stessa sera, mentre attendeva l’autobus in Corso Rinascimento. La ragazza non salì mai sul bus e non fece più ritorno a casa. Di lei si persero le tracce.

L’Italia si unisce alla “nuova” via della seta

Nonostante i dubbi dell’Europa, L’Italia si unisce alla nuova via della seta cinese, diventando il primo Paese del G-7 a farne parte, percependo l’accordo come una tregua, e la Cina è consapevole del valore simbolico e politico del riavvicinamento per rafforzare il proprio ruolo a livello globale.

Il progetto è senz’altro ambizioso: mira, infatti,  a collegare Europa, Medio Oriente e Asia. Nonostante i timori dell’Unione Europea, che vede a Pechino un “rivale sistemico”, il presidente cinese Xi Jinping e il premier italiano Giuseppe Conte hanno siglato questo sabato a Roma un protocollo d’intesa per garantire l’ingresso del Paese transalpino nella grande rete infrastrutturale cinese diffusa nei cinque continenti e anche una trentina di accordi di collaborazione in diversi campi.

Si potrebbe parlare di un doppio interesse. Da una parte l’Italia, con un pressante bisogno di investimenti e finanziamenti, percepisce l’accordo come una tregua e, dall’altra parte, la Cina, che vede nei porti italiani un luogo ideale da cui diffondere i propri prodotti e investimenti, è consapevole del valore simbolico e politico di approccio per consolidare il proprio ruolo a livello globale.

Mentre l’Italia stringe questo accordo, La pressione e la riluttanza dell’Unione Europea e degli Stati Uniti nelle ultime settimane, che temono un aumento dell’influenza asiatica nel vecchio continente, hanno parzialmente limitato i negoziati. Dei 50 accordi iniziali previsti, solo 29 sono stati firmati. E’ stato compiuto un significativo passo indietro con il blocco dell’ingresso di Huawei, azienda cinese leader nella tecnologia mobile di quinta generazione, nello sviluppo delle reti 5G in Italia.

Luigi Di Maio, ministro dello sviluppo economico, ha tentato ancora una volta di fugare i dubbi di Bruxelles e dei suoi partner dell’Alleanza Atlantica, dichiarando: “L’Italia è arrivata prima, ma nessuno vuole superare i propri alleati. A livello europeo, quello che possiamo fare insieme, lo faremo“.

Insieme al memorandum, Italia e Cina hanno sottoscritto 19 accordi istituzionali e altri 10 commerciali, che aprono le porte a collaborazioni in ambiti come tecnologia, agricoltura, cultura, energia o turismo. Di Maio spiega che l’obiettivo dei patti è aumentare progressivamente l’export italiano e “iniziare a riequilibrare una sproporzione” della bilancia commerciale, che finora avvantaggia la Cina. “C’è troppo Made in China in Italia e poco Made in Italy in Cina. L’accordo vuole invertire questa tendenza ”, queste le sue parole. E ha stimato che i nuovi patti bilaterali valgano 2.500 milioni di euro, ma raggiungono un valore potenziale di 20.000 milioni di euro.

L’apertura della Belt and Road Initiative, conosciuta come la nuova Via della Seta e l’avvicinamento al colosso asiatico è da anni in Italia ed è una somma del lavoro di diversi Dirigenti. Tuttavia, nell’attuale governo di coalizione tra il Movimento 5 stelle e la Lega, non regna il pieno consenso. Mentre il M5S ha portato il peso della trattativa, la Lega, pur non essendo contraria al progetto, è stata fredda e ha preso le distanze. Il partito ha avvertito che il memorandum non può portare alla “colonizzazione” da parte della Cina, e il ministro dell’Interno e vicepresidente Matteo Salvini non ha partecipato alla cerimonia ufficiale della firma.