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Autore: Redazione

Il cardinale Müller critica l’ “Instrumentum laboris” del Sinodo sull’Amazzonia

SUL CONCETTO DI RILEVAZIONE,   
come riportato nell’ Instrumentum Laboris del Sinodo sull’Amazzonia

Il Cardinale Gerhard Müller, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha reso noto un documento in cui analizza alcuni punti chiave dell’ Instrumentum Laboris, la bozza di lavoro del Sinodo sull’Amazzonia pubblicata dalla Santa Sede lo scorso 17 giugno. Questo documento, secondo il cardinale Müller, contiene un “falso insegnamento” riguardante soprattutto le fonti della Rivelazione.  La dichiarazione del cardinale Müller, che appare il 16 luglio, festa della Madonna del Carmelo, viene pubblicata contemporaneamente in quattro lingue: in italiano da Corrispondenza Romana; in inglese da LifeSiteNews; in tedesco da Die Tagespost, Kath.net e CNA Deutsch; e in spagnolo da Infovaticana
“Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello già posto, che è Gesù Cristo” (1 Cor 3, 11)

A seguire il testo trasmesso alla Redazione di Consul Press, da parte di 
“C R” – AGENZIA  CATTOLICA d’INFORMAZIONE 

***** ***** *****

1. Sul metodo dell’Instrumentum Laboris (IL)

Nessuno metterebbe in discussione la buona volontà di coloro che sono coinvolti nella preparazione e attuazione del sinodo per la Chiesa in Amazzonia e la loro intenzione di fare tutto il possibile per promuovere la Fede cattolica tra gli abitanti di questa grande regione e il suo affascinante paesaggio.  La regione amazzonica deve servire per la Chiesa e per il mondo “come pars pro toto, come paradigma, come speranza per il mondo intero” (IL 37). Già questo compito stesso mostra l’idea di uno sviluppo “integrale” di tutti gli uomini nell’unica casa della terra, per la quale la Chiesa si dichiara responsabile.
Questa idea si trova ripetutamente nell’Instrumentum Laboris (IL). Il testo stesso è diviso in tre parti: 1) La Voce dell’Amazzonia; 2) Ecologia integrale: il grido della terra e dei poveri; 3) Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranza. 
Queste tre parti sono costruite secondo lo schema che anche la Teologia della Liberazione usa: Vedere la situazione – giudicare alla luce dei Vangeli – agire per stabilire condizioni di vita migliori.

2. Ambivalenza nella definizione dei termini e degli obiettivi

Come spesso accade quando si scrivono questi testi preparatori, ci sono sempre gruppi di persone con una mentalità simile che lavorano su singole parti con il risultato che ne derivano faticose ridondanze. Se si dovessero cancellare rigorosamente tutte le ripetizioni, il testo potrebbe facilmente ridursi a metà della sua lunghezza, e forse anche meno. 
Il problema principale però non è la lunghezza quantitativamente eccessiva, ma il fatto che i termini chiave non vengono chiariti e vengono utilizzati in modo inflazionistico: cos’è un percorso sinodale, cos’è lo sviluppo integrale, cos’è una Chiesa samaritana, missionaria, sinodale e aperta? Oppure una Chiesa protesa verso l’esterno, la Chiesa dei poveri, la Chiesa dell’Amazzonia e altro ancora? Questa Chiesa è qualcosa di diverso dal Popolo di Dio o deve essere intesa semplicemente come la gerarchia di Papa e Vescovi? E ne costituisce una parte, o si trova dalla parte opposta al popolo? Popolo di Dio è un termine sociologico o teologico? O non è piuttosto la comunità dei fedeli, insieme ai loro pastori, ad essere in pellegrinaggio verso la vita eterna? Sono i vescovi che dovrebbero ascoltare il grido del popolo, o è Dio che, proprio come fece a suo tempo con Mosè durante la schiavitù di Israele in Egitto, ora dice ai successori degli Apostoli di allontanare i fedeli dal peccato e di preservarli dall’empietà del naturalismo e dell’immanentismo secolarista per condurli alla salvezza per mezzo della Parola di Dio e dei sacramenti della Chiesa?

3. Ermeneutica al rovescio

La Chiesa di Cristo è stata forse posta dal suo Fondatore come una sorta di materia grezza nelle mani di vescovi e papi, che – illuminati dallo Spirito Santo – possono ora trasformarla in uno strumento aggiornato, con degli obiettivi anche secolari? 
La struttura del testo presenta un’inversione radicale nell’ermeneutica della teologia cattolica. Nella concezione classica, la relazione tra la Sacra Scrittura e la Tradizione apostolica da una parte, e il Magistero della Chiesa dall’altra, è stata determinata in modo tale che la Rivelazione è pienamente contenuta nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, mentre è compito del Magistero – assieme al sensus Fidei di tutto il Popolo di Dio – di dare interpretazioni autentiche e infallibili. La Sacra Scrittura e la Tradizione sono quindi i principi costitutivi per conoscere la professione di Fede cattolica e il suo riflesso teologico-accademico. Il Magistero, per parte sua, agisce in maniera semplicemente interpretativa e regolativa (Dei Verbum 8-10; 24).
Invece, nel caso dell’IL, è esattamente l’opposto. L’intera linea di pensiero si trasforma in percorsi autoreferenziali e circolari attorno ai nuovi documenti magisteriali di Papa Francesco, nei quali vengono inseriti alcuni riferimenti a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. La Sacra Scrittura viene citata poco, i Padri della Chiesa a malapena e, quando lo sono, in maniera esclusivamente illustrativa e per sostenere tesi già preesistenti per altri motivi. Forse si vuole mostrare così una speciale lealtà al Papa, o si crede, in questo modo, di essere in grado di evitare le sfide del lavoro teologico, rimandando costantemente alle ben note e spesso ripetute parole-chiave di Francesco, che gli autori del documento chiamano – in un modo piuttosto sciatto – “il suo mantra” (IL 25). Questa adulazione viene poi portata all’estremo quando gli autori, dopo aver affermato che “il soggetto attivo dell’inculturazione sono gli stessi popoli indigeni” (IL 122), aggiungono la strana formulazione secondo cui “come ha affermato Papa Francesco: ‘La grazia suppone la cultura’”. Come se fosse stato lui a scoprire questo assioma – che è ovviamente un assioma fondamentale della stessa Chiesa cattolica. Nell’originale, però, è la Grazia che presuppone la Natura, così come la Fede presuppone la Ragione (cfr. Tommaso d’Aquino, Summa  theologiae, I, q. 1 a.8).

Accanto alla confusione dei ruoli sia del Magistero che della Sacra Scrittura, l’IL arriva addirittura a pretendere che ci siano nuove fonti di Rivelazione. IL afferma al n. 19: “Inoltre, possiamo dire che lAmazzonia – o un altro spazio territoriale indigeno o comunitario – non è solo un ubi (uno spazio geografico), ma anche un quid, cioè un luogo di significato per la fede o lesperienza di Dio nella storia. Il territorio è un luogo teologico da cui si vive la fede ed è anche una fonte peculiare della rivelazione di Dio. Questi spazi sono luoghi epifanici dove si manifesta la riserva di vita e di saggezza per il pianeta, una vita e una saggezza che parlano di Dio”. 
Se qui un determinato territorio viene dichiarato “una fonte peculiare della rivelazione di Dio”, si deve affermare che si tratta di un insegnamento erroneo, in quanto per 2.000 anni, la Chiesa cattolica ha infallibilmente insegnato che la Sacra Scrittura e la Tradizione Apostolica sono le uniche fonti di Rivelazione e che nessuna ulteriore Rivelazione può essere aggiunta nel corso della storia. Come afferma la Dei Verbum, “non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica” (4). La Sacra Scrittura e la Tradizione sono le uniche fonti di Rivelazione, spiega la Dei Verbum (7): “Questa sacra Tradizione e la Scrittura sacra dell’uno e dell’altro Testamento sono dunque come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia, com’egli è”. “La sacra tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa” (Dei Verbum 10),

Oltre a queste impressionanti dichiarazioni e riferimenti, l’organizzazione Rete Ecclesiale Panamazzonica (= REPAM) – che è stata incaricata della preparazione dell’IL e che è stata fondata proprio per questo nel 2014 – così come gli autori della cosiddetta Theologia india [Teologia indiana], nel testo citano principalmente sé stessi. 
È dunque una ristretta società di persone con la stessa visione del mondo, come si evince facilmente anche dalla lista dei nomi di coloro hanno partecipato agli incontri pre-sinodali a Washington e a Roma, dove troviamo un numero sproporzionato di europei per lo più di lingua tedesca. 
Questi uomini si sentono immuni dalle più serie obiezioni perché ritengono che esse si basino solo su di un dottrinalismo o un dogmatismo monolitici, così come su di un ritualismo (IL 38; 110; 138), o su di un clericalismo incapace di dialogo (IL 110), sul rigido modo di pensare dei farisei o sull’orgoglio della ragione degli scribi. Discutere con persone di questo genere sarebbe per loro solo una perdita di tempo e uno sforzo inutile.

Tra loro, non tutti conoscono il Sud America e partecipano solo perché pensano che ciò sia in linea con la strategia ufficiale e possa servire a controllare i temi dell’attuale percorso sinodale della Conferenza episcopale tedesca e del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (abolizione del celibato, accesso delle donne al sacerdozio e a posizioni chiave di potere contro il clericalismo e il fondamentalismo, adattamento della morale sessuale rivelata all’ideologia di genere e apprezzamento per le pratiche omosessuali). 
Io stesso sono stato attivo in campo pastorale e teologico in Perù e in altri paesi per 15 anni consecutivi, ogni anno per 2-3 mesi, principalmente nelle parrocchie e nei seminari sudamericani. Non sto quindi giudicando in una prospettiva puramente eurocentrica, come certamente qualcuno vorrebbe rimproverarmi. 
Qualsiasi cattolico concorderà con un’importante obiettivo dell’IL, e cioè che i popoli dell’Amazzonia non dovrebbero essere oggetto di colonialismo o neocolonialismo, né oggetto di forze interessate solo al profitto e al potere, a scapito della felicità e dignità degli altri. È chiaro nella Chiesa, nella società e nello stato che le persone che vivono lì – specialmente i nostri fratelli e sorelle cattolici – sono uguali e agiscono liberamente nelle loro vite e nel loro lavoro, nella loro Fede e nella loro morale, e in ciò sta la nostra comune responsabilità davanti a Dio. Ma come può essere realizzato questo?

4. Il punto di partenza è la rivelazione di Dio in Gesù Cristo

Senza dubbio, la proclamazione del Vangelo è un dialogo, che corrisponde alla Parola (= Logos) di Dio indirizzata a noi e alla nostra corrispondenza, secondo il dono gratuito dell’obbedienza alla Fede (Dei Verbum 5). Poiché la missione viene da Cristo, l’Uomo-Dio, e poiché Egli ha trasmesso la sua missione dal Padre ai suoi apostoli, le alternative di un approccio dogmatico “dall’alto” versus un approccio pedagogico-pastorale “dal basso” non hanno senso, a meno di non rifiutare ciò che è definito il “principio divino-umano del caso pastorale” (Franz Xaver Arnold). 
Ma l’uomo è il destinatario del mandato missionario universale di Gesù (Matteo 28, 19), “il mediatore universale e unico della salvezza tra Dio e tutta l’umanità” (Giovanni 14, 6; Atti 4, 12; 1 Tim 2, 4 sgg .), e l’uomo può riflettere, con l’aiuto della sua ragione, sul senso della vita tra la nascita e la morte; la sua vita è scossa da crisi esistenziali ed egli, in vita e in morte, pone tutta la sua speranza in Dio, origine e fine di  ogni essere.

Una cosmovisione con i suoi miti e la magia rituale di Madre “Natura”, o con i suoi sacrifici agli “dei” e agli spiriti che spaventano il nostro intelletto o che ci attirano con false promesse, non può essere il giusto approccio per l’avvento del Dio Trino nel suo Verbo e nel Suo Santo Spirito. E ancor meno l’approccio può essere quello della visione del mondo scientifico-positivista di una borghesia liberale che accetta il cristianesimo solo in quanto comoda sopravvivenza di valori morali e rituali civili e religiosi. 
Ma davvero, nella formazione dei futuri pastori e teologi, la conoscenza della filosofia classica e moderna, dei Padri della Chiesa, della teologia moderna, dei Concili sarà ora sostituita dalla cosmovisione amazzonica e dalla saggezza degli antenati con i loro miti e rituali? 
Se l’espressione “cosmovisione” significa solo che tutte le cose create sono interdipendenti, si tratterebbe di un semplice luogo comune. A causa della sostanziale unità del corpo e dell’anima, l’uomo si trova al punto di intersezione del tessuto dello spirito e della materia. Ma la contemplazione del cosmo è solo occasione per la glorificazione di Dio e della Sua meravigliosa opera nella natura e nella storia. Non è il cosmo che deve essere adorato come Dio, ma solo il Creatore stesso. Non prostriamoci in ginocchio davanti all’enorme forza della natura e davanti “a tutti i regni del mondo e al loro splendore” (Matteo 4, 8), ma solo davanti a Dio, “poiché è scritto, il Signore Dio tuo adorerai e Lui solo servirai” (Matteo 4, 10). È così che Gesù respinse il diabolico seduttore nel deserto.

5. La differenza tra l’incarnazione del Verbo e l’inculturazione come via di evangelizzazione

La “Theologia indigena e l’eco-teologia” (IL 98) è una derivazione del romanticismo sociale. La teologia è la comprensione (intellectus fidei) della Rivelazione di Dio nella sua Parola, nella Professione di Fede della Chiesa, e non è una continua miscela di sentimenti e visioni del mondo o di costellazioni religiose-morali di un sentimento cosmico del tutto-in-uno, in un rimescolamento del sentimento del proprio sé con il mondo (hen kai pan). Il nostro mondo naturale è la creazione di un Dio personale. La fede in senso cristiano è quindi il riconoscimento di Dio nel Suo Verbo Eterno che divenne Carne; è illuminazione nello Spirito Santo, così che riconosciamo Dio in Cristo. Con la fede, ci vengono le virtù soprannaturali di speranza e carità. È così che comprendiamo noi stessi come figli di Dio, i quali, attraverso Cristo, dicono a Dio nello Spirito Santo, Abba, Padre (Rom 8,15). Se mettiamo tutta la nostra fiducia in Lui, Egli ci renderà suoi figli, liberi dalla paura delle forze elementari del mondo e delle apparizioni demoniache di dei e spiriti, che ci attendono malignamente nell’imprevedibilità delle forze materiali del mondo. 

L’Incarnazione è un evento unico nella storia che Dio ha liberamente determinato nella Sua volontà universale di salvezza. Non è un’inculturazione, e l’inculturazione della Chiesa non è un’incarnazione (IL 7; 19; 29; 108). Non è stato Ireneo di Lione, nel suo quinto libro di Adversus haereses (IL 113), ma Gregorio di Nazianzo a formulare il principio: quod non est assumptum non est sanatum – ciò che, non è stato assunto, non può essere sanato” (Ep. 101, 32). Ciò che qui si intendeva era la completezza della natura umana contro Apollinare di Laodicea (315-390), che pensava che il Logos nell’Incarnazione avesse assunto solo una natura umana, senza un’anima umana. Ecco perché la seguente frase è completamente astrusa: “La diversità culturale richiede unincarnazione più reale per assumere modi di vivere e culture diversi” (IL 113).

L’Incarnazione non è il principio di un adattamento culturale secondario, ma è concretamente e principalmente il principio di salvezza nella “Chiesa come Sacramento della salvezza del mondo in Cristo” (Lumen gentium 1:48), nella professione di fede della Chiesa, nei suoi sette Sacramenti e nell’episcopato con in testa il Papa, nella successione apostolica. 
I riti secondari delle tradizioni dei popoli possono aiutare a radicare nella cultura i Sacramenti, che sono i mezzi di salvezza istituiti da Cristo. Possono, tuttavia, non diventare indipendenti, così che, ad esempio, improvvisamente le usanze matrimoniali diventano più importanti della parola-Sì [“Ja-Wort”] che è costitutiva del Sacramento del Matrimonio stesso. I segni sacramentali, come sono stati istituiti da Cristo e dagli Apostoli (parola e simbolo materiale), non possono essere modificati per nessun motivo. Il battesimo non può essere validamente amministrato in alcun altro modo che nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e con l’acqua naturale; e nell’Eucaristia, non si può sostituire con il cibo locale il pane fatto di grano e il vino della vite. Ciò non sarebbe inculturazione, ma un’interferenza inammissibile nella volontà di Gesù come fondatore [“Stiftungswillen”] e sarebbe anche una distruzione dell’unità della Chiesa nel suo centro sacramentale.

Se l’inculturazione qui si riferisce alla celebrazione esterna secondaria del culto divino e non ai Sacramenti – che sono ex opere operato, attraverso la Presenza vivente di Cristo, il fondatore e vero dispensatore di grazie in questi segni sacramentali – allora la frase seguente è scandalosa o perlomeno sconsiderata: “Senza questa inculturazione la liturgia può ridursi in un ‘pezzo da museo’ o in ‘un possesso di pochi’” (IL 124).

Dio non è semplicemente ovunque e ugualmente presente in tutte le religioni, come se l’Incarnazione fosse solo un fenomeno tipicamente mediterraneo. In realtà, Dio come Creatore del mondo è presente come un tutto e in ogni singolo cuore umano (Atti 17, 27sgg.) – anche se gli occhi dell’uomo sono spesso accecati dal peccato, e le sue orecchie sono sorde all’amore di Dio. Ma Egli arriva attraverso la sua auto-rivelazione nella storia del suo popolo eletto, Israele, e si avvicina molto a noi stessi nel suo Verbo incarnato e nello Spirito che è stato versato nei nostri cuori. Questa auto-comunicazione di Dio come grazia e vita di ogni uomo viene diffusa nel mondo attraverso la proclamazione della sua vita e del suo culto da parte della Chiesa – vale a dire, attraverso la missione mondiale secondo il mandato universale di Cristo. 
Ma Egli già lavora con l’aiuto e l’anticipazione della Sua grazia nel cuore di quegli uomini che ancora non Lo conoscono espressamente e per nome, così che, quando sentiranno parlare di Lui nell’annuncio Apostolico, potranno identificarlo come il Signore Gesù, nello Spirito Santo (1 Cor 12, 3).

6. Il criterio di discernimento: l’auto-comunicazione storica di Dio in Gesù Cristo

Ciò che manca nell’IL è una chiara testimonianza dell’auto-comunicazione di Dio nel verbum incarnatum, della sacramentalità della Chiesa, dei Sacramenti come mezzo oggettivo di Grazia invece di semplici simboli autoreferenziali, del carattere soprannaturale della Grazia, perché l’integrità dell’uomo non consiste solo nell’unità con una bio-natura, ma nella Divina Figliolanza e nella comunione piena di grazia con la Santissima Trinità in maniera tale che la vita eterna è la ricompensa per la conversione a Dio, la riconciliazione con Lui, e non solo con l’ambiente e con il nostro mondo condiviso.

Non si può ridurre lo sviluppo integrale ad una semplice fornitura di risorse materiali, perché l’uomo riceve la sua nuova integrità solo attraverso la perfezione nella grazia, ora nel battesimo, per mezzo del quale diventiamo una nuova creatura e figli di Dio, e un giorno nella visione beatifica nella comunità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e in comunione con i suoi santi (1 Giovanni 1, 3; 3: 1 sgg). 
Invece di presentare un approccio ambiguo ad una vaga religiosità e l’inutile tentativo di trasformare il cristianesimo in scienza di salvezza, sacralizzando il cosmo, la bio-diversità della natura e l’ecologia, si tratta di guardare al centro e all’origine della nostra fede: “Piacque a Dio  nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura” (Dei Verbum 2).

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NOTE A MARGINE – da parte della Consul Press si desidera segnalare che il Cardinale Gerhard Ludwig Müller ha partecipato come Relatore, con una sua ponderosa prefazione, alla presentazione del libro “Il Salvadanaio – Manuale per la sopravvivenza economica”, recensito recentemente anche dalla nostra Testata. Tale volume è l’ultima delle opere sino ad oggi pubblicate dal Senatore Riccardo Pedrizzi, Presidente Nazionale del Comitato Tecnico Scientifico dell’ UCID, scrittore e saggista, nonché cultore ed esperto della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica. Una Dottrina che meriterebbe essere maggiormente conosciuta, osservata ed applicata nel mondo imprenditoriale ed economico, costituendo un concreto correttivo ed una sana alternativa al neo-liberismo e alla finanza apolide di un capitalismo a volte becero e spesso senza anima.  Ed infatti tale Dottrina potrebbe costituire un “ponte” o comunque un percorso simile e/o compatibile con quella “Terza Via” più volte applicata od auspicata da vari regimi che si sono ispirati ai concetti dello “Stato Organico” ed incentrati su “L’Umanesimo del Lavoro”. 
A tale scopo, qui di seguito si riportano altre due belle recensioni apparse su qualificati Quotidiani, anche se di diversi orientamenti e collocazioni politiche, a dimostrazione che le Idee – se valide – possono ben superare le Ideologie ___________ G.M.

PER ACCEDERE AI DUE ARTICOLI, CLIK  su 

IL MATTINO di Napoli – …..La parola al Cardinale Muller

IL FATTO Quotidiano- la via cattolica per l’economia

 

 

 

 

 

 
 
 
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LA PACE PERPETUA E’ ANCORA UTOPIA

UN PENSIERO POLITICO SOSTENIBILE E FUTURIBILE

Raffaele Panico

Un futuro conosciuto in anticipo è un controsenso” scrisse Jacopo Burckhardt. Il problema però si fa esplicito nel corso del Novecento. Il mito delle “magnifiche sorti e progressive” dell’Ottocento conduce a sperimentazioni continue applicate con procedure su scala industriale, e globale, sulla vita di intere popolazioni e generazioni di uomini attraverso gli Stati nazione del tempo. Promesse di maggior benessere e rappresentanza politica, di partecipazione sociale, e si manteneva l’equilibrio del potere con la “pace armata”. È il tempo definito da Karl Polany de “La grande trasformazione” (Einaudi Torino, 1974), temperie che vede un’attenzione per il mantenimento della pace dopo il Congresso di Vienna del 1815 attraverso varie fasi. Sono stati tre i periodi dell’esercizio e del controllo dell’equilibrio del potere. Primo: è con la diplomazia che si localizzano i conflitti in regioni limitrofe e in periodi temporali ristretti, senza devastazioni totali e perdite ingenti. Polany la chiama La pace dei cento anni 1815-1914 perché, nonostante tutto, malgrado tutte le prove di forza militari, il meccanismo generale delle relazioni internazionali funzionava in modo da localizzarle, le guerre, e in generale esse erano brevi, e in un certo modo, umanizzate, nel senso che non colpivano i civili e la fibra, ossia le strutture industriali economiche delle nazioni.

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Bitcoin, Libra, Criptovalute… e non solo

UNA PANORAMICA SUL  “BLOCKCHAIN WEEK ROMA” 

Cosa sia una cripto valuta  non tutti sono in grado di dirlo, anche se in tanti ne hanno sentito parlare delle più famose come Bitcoin e Libra. Più difficile invece sapere che cosa è blockchain, una sorta di registro digitale di transazioni ordinate cronologicamente, strettamente connesso  alla vita delle monete digitali ma non solo.  La materia è delicata. Sembrerebbe appannaggio di pochi iniziati in realtà pian piano anche il grande pubblico, superata una certa diffidenza, si sta avvicinando a questo mondo al momento ancora poco conosciuto.  A facilitare questo processo vi sono una serie di manifestazioni organizzate da società in grande dimestichezza con il mondo delle monete digitali e con quello del blockchain.

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La Pietà Cristiana del “Buon Samaritano”…..
in antitesi con il falso umanitarismo delle ONG

LA PARABOLA DEL “BUON SAMARITANO” E LE LOBBY AFFARISTICHE 

Una riflessione di NAZZARENO MOLLICONE,
postata su fb intorno alle 12,30 di domenica 14 luglio

Oggi nelle Messe domenicali si recita la parabola del “buon Samaritano” indicata nel Vangelo di Luca, e i celebranti nelle loro prediche connettono questa parabola alla questione degli immigrati, anche con riferimento alle recenti vicende (è stato detto: “le leggi vanno rispettate se sono ispirate dall’amore per il prossimo…”). 
Ma la parabola, a ben leggerla, è un ATTO DI ACCUSA proprio contro la Chiesa attuale. Infatti, il viandante aggredito e ferito non viene soccorso nè dal sacerdote nè dal levita (categoria che oggi si potrebbe assimilare agli intellettuali) ma da un “pagano”, secondo i parametri ebraici del tempo.

Ebbene, visto che oggi nè la Chiesa attuale nè gli intellettuali accolgono i profughi ma si limitano ad ammonire e censurare i comportamenti dei “pagani” (ossia, il Governo e lo Stato in tutte le sue strutture), la parabola di Cristo come esposta da Luca è oggi una critica proprio alla Chiesa, che farebbe bene a non commentarla…

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Global Committee riporta il pensiero del futuro Capo della politica estera in Europa

La Redazione riceve la seguente notizia, che, nonostante la gravità, attenua un allarme. L’Europa non è nuova di fronte a queste prese di posizione o alle azioni USA con qualche Stato Europeo per decostruire l’Unione ed il Mediterraneo. 

Appare probabile che l’imperialismo di alcuni rischi di accendere continuamente focolai nel mondo. E’ il consueto sdoppiamento fra propaganda verbale e verità di azione a proposito di democrazia e buonismo wasp.

                                                                                                                   M.G.

 

Il futuro capo della politica estera dell’UE, l’ex Ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell, aveva affermato in un’intervista a Politico che bisogna abituarsi al fatto che l’Iran voglia distruggere Israele. Alla domanda sull’accordo nucleare da cui gli Stati Uniti si sono ritirati, Borrell ha risposto: “Gli americani hanno deciso di ucciderlo unilateralmente, senza curarsi degli interessi europei. Non siamo bambini che seguono quello che dicono gli Americani. Abbiamo le nostre prospettive, interessi e strategie, e continueremo a lavorare con l’Iran. Sarebbe molto negativo per noi se gli Iraniani continuassero a sviluppare un’arma nucleare (…) l’Iran vuole annientare Israele; niente di nuovo a riguardo. Dobbiamo conviverci.”

Il 6 novembre, un giorno dopo che gli Stati Uniti hanno reimpostato un’ultima tranche di sanzioni contro l’Iran, Borrell si è unito alle critiche mosse dal Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov agli Stati Uniti, dichiarando di aver rifiutato “qualsiasi tipo di posizione che assomigli a un ultimatum di chiunque e anche degli Stati Uniti”. 

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“Isola dei Morti” oggi: l’Europa

Hitler il decostruttore annunciato da “Il Dr. Mabuse” film di Fritz Lang 1922 – Germania.
Da Weimar verso il male assoluto del III Reich,
una pellicola annuncia l’avvento del potere perverso

      Raffaele Panico                                                

Ha scritto Arnold Toynbee: “L’informazione minuta non è sufficiente per abilitare chi la possiede a predire risultati con esattezza e sicurezza, giacché essa non è affatto un’informazione completa. C’è una cosa che deve restare quantità ignota per l’astante meglio informato, giacché essa va oltre quanto sanno gli stessi combattenti o giocatori; ed è questo il termine più importante dell’equazione che il preteso calcolatore vorrebbe risolvere. Questa quantità ignota è la reazione degli attori quando verrà la prova. Questi impulsi psicologici, che è essenzialmente impossibile pesare e misurare e quindi valutare in modo scientifico in anticipo, sono le vere forze che in realtà decideranno dall’esito quando l’incontro avrà luogo. È per questo che i più grandi geni militari hanno sempre ammesso un elemento incalcolabile nei loro successi”.

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Ospedale Pertini: attività estive

Alleghiamo le ultime attività dell’anno pastorale 2018-2019 che si svolgeranno presso la Cappellania Sant’Elia Profeta dell’Ospedale Pertini di Roma.

 

Quadrifoglio estivo 2019

 

CAPPELLANIA SANT’ELIA PROFETA

OSPEDALE SANDRO PERTINI

VIA DEI MONTI TIBURTINI, 385

00157 ROMA

TEL. 0641433527 (Chiesa)

TEL. 0641433556 (Ufficio Assistenti Religiosi)

 

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Papa Bergoglio e Padre Sorge ripetono brutte storie

Papa Bergoglio e Padre Sorge, entrambi gesuiti, a volte sembrano parlare con una unica voce a difesa dei migranti puntando il dito verso le leggi di un paese sovrano, quasi a lanciare una “scomunica” come nelle storiche contese fra papato e impero dei secoli passati. Dietro un senso dell’accoglienza estremo che si spinge fino a giustificare gli scafisti, e quasi a benedirli, spicca un idea di cristianesimo in contrasto con uno degli insegnamenti basilari di Cristo, che divide in maniera netta le competenze della chiesa con quelle dello stato, quando dice “date a Cesare quello che è di Cesare a a Dio quello che è di Dio”.

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Le pensioni di piombo

Mi  auguro  che  molti  abbiano letto, specie se uomini  politici  e/o  di  governo, in  primis  gli attuali, l’articolo  uscito  sul supplemento settimanale “L’Economia”del  “Corriere della  Sera”, dell’ 8 luglio, titolato “Rendite  amare. Pensioni  inadeguate” di Antonietta  Mundo ed Alberto Brambilla. Tale articolo si riferiva all’esproprio effettuato dal Governo, esecutore materiale  l’INPS, sulle pensioni medie di  tanti funzionari, professionisti, dirigenti, con una perdita incredibile in termini monetari, per cui chi parla di “pensioni d’oro”, o ignora  totalmente  il problema, o è  volutamente  disinformato, o, ancora peggio  è  una squallido demagogo (guai  ai ricchi !) o  è in malafede. 

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“Venezuela e Diritti Umani”: le fake news della relazione di Bachelet

LE FAKE NEWS DELLA BACHELET SUI DIRITTI UMANI
SMONTATE PUNTO PER PUNTO  

Un’ analisi  di PASQUALINA CURCIO,  Docente  di Economia all’ Università di Caracas
ed una breve precisazione della Consul Press

 

È diventata pratica abituale la politicizzazione e strumentalizzazione dei diritti umani come scusa, da parte degli Stati Uniti, per invadere territori e violare la sovranità. Nel frattempo, il Sistema delle Nazioni Unite, con discorsi ambigui, senza prendere posizione e senza nessun rispetto per il diritto internazionale, si è allineato al potere imperiale e agli interessi dei grandi capitali. Si è prestato alla politica della guerra. In modo vergognoso e ignominioso si è unito alla menzogna e alla manipolazione. In una parola è stato un complice. 
L’umanità sta ancora aspettando la prova delle armi di distruzione di massa in Iraq, una menzogna che è servita a giustificare l’invasione di quel paese da parte degli Stati Uniti nel 2003, causando la morte di oltre un milione di persone.

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L’Hotel Canova Tavolini alla Famiglia Curti Del Fattore: nuovi assetti nel panorama alberghiero romano

ACQUISIZIONE dell’HOTEL CANOVA TADOLINI 
da parte della Famiglia CURTI DEL FATTORE 

E’ stato siglato, a Roma, il passaggio di proprietà dell’Hotel Canova Tadolini acquistato dalla Famiglia Curti – Del Fattore già proprietaria dell’ Hotel Cèsari di Roma.

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A Roma la “Musica Vera di Folkstudio” ai Giardini di Castel S. Angelo

UNA SERATA FRESCA CON HOT MUSIK ! 
organizzata da Mariarita Pocino di Edilazio
con la Fondazione Folkstudio di Sandro Bari

L’ Evento avrà luogo Lunedì 22 luglio ai Giardini di Castel Sant’Angelo alle ore 21,30, con l’incontro con i “vecchi” artisti del Folkstudio della Fondazione, cioè del periodo 1961-1967.

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Salviamo Roma dall’emergenza rifiuti

Petizione lanciata da Strike Project via change.orh

 

Siamo stufi marci di tacere.
Marci come l’immondizia che si decompone sotto il sole capitolino. A Roma l’emergenza rifiuti è insostenibile. In certe zone e a certe ore del giorno non si respira dal tanfo. Lo scenario che si para davanti agli occhi dei cittadini è apocalittico: i cassonetti straripano come vulcani in eruzione. L’emergenza è qui e ora. Se non ci ribelliamo subito saremo tutti complici. Aiutaci a dare una spinta dal basso affinché arrivi un serio aiuto dall’alto. 

L’8 febbraio, dopo che la Giunta capitolina ha bocciato il bilancio 2017 della municipalizzata Ama, l’assessore all’ambiente Pinuccia Montanari ha rassegnato le proprie dimissioni alla sindaca Virginia Raggi. (fonte)

Il 27 marzo Luigi Palumbo, il commissario (nominato dal tribunale) che guida la Discarica di Malagrotta (principale sito di stoccaggio della città di Roma) e che gestisce i due impianti di trattamento che normalmente lavorano 1.250 tonnellate di rifiuti indifferenziati, informa l’Ama del fatto che dal 25 aprile i Tmb avrebbero funzionato a metà.
In quei giorni la sindaca Raggi solleva dall’incarico tutto il Cda dell’Ama, senza formarne uno nuovo. L’azienda viene affidata al direttore esecutivo, Massimo Bagatti. Luigi Palumbo accetta un compromesso e fa slittare al 27 maggio lo stop più consistente degli impianti (sono partiti più gradualmente con “meno 200 tonnellate”). (fonte)

Dall’incendio del Tmb Salario del dicembre 2018, altri due impianti di smaltimento sono andati a fuoco, nel Prenestino in aprile e su via Collatina vecchia a giugno (entrambi abusivi ed entrambi incendi di natura dolosa).

Da febbraio a giugno l’Ama non ha avuto né un presidente né un amministratore delegato, e il 50% dei mezzi è fermo e in avaria. (fonte)
Il 7 giugno la sindaca Virginia Raggi ha nominato il nuovo CdA dell’Ama (il sesto in tre anni), composto da Luisa Melara in qualità di presidente, Paolo Longoni come amministratore delegato e il consigliere Massimo Ranieri. (fonte)

Il 26 giugno il capo della Direzione generale per i Rifiuti e l’Inquinamento, Mariano Grillo, ha firmato una lettera indirizzata al Campidoglio, destinata al direttore del Dipartimento Ambiente del Comune di Roma, Silvio Monti. Nel testo vengono messe in discussione le promesse dell’amministrazione di Roma, in particolare quelle fatte dall’Ama. (fonte)

Da metà giugno Roma è in evidente stato di emergenza rifiuti. Dobbiamo porre rimedio a questa problematica prima che diventi un’emergenza sanitaria.

Situazione cassonetti in zona Cipro
Situazione cassonetti in zona Garbatella
Situazione cassonetti in zona Prati
Situazione cassonetti in zona Appio Latino

C’è bisogno di un intervento repentino e deciso da parte le autorità competenti.

Pertanto, con questa petizione si richiede:

ALLA SINDACA DI ROMA VIRGINIA RAGGI, AL DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO AMBIENTE DEL COMUNE DI ROMA SILVIO MONTI E ALLA DIRETTRICE DELLA DIREZIONI RIFIUTI, RISANAMENTI E INQUINAMENTI LAURA D’APRILE, di vagliare un piano mirato alla gestione e risoluzione dell’emergenza ponendo tale problematica in cima agli ordini del giorno della Giunta Capitolina. Tale piano deve interessare ogni aspetto della vita cittadina, ripensando la gestione di tutti gli spazi pubblici in nome della sostenibilità.

AL DIRIGENTE AMA MASSIMO BAGATTI, ALLA PRESIDENTE LUISA MELARA, ALL’AMMINISTRATORE DELEGATO PAOLO LONGONI E AL CONSIGLIERE MASSIMO RANIERI, di riorganizzare l’intero piano d’azione dell’ente al fine di garantire un servizio efficace di raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti affinché la raccolta differenziata smetta di essere un mero strumento “educativo” ma un metodo concreto di gestione dei rifiuti urbani.

AL GOVERNATORE DELLA REGIONE LAZIO NICOLA ZINGARETTI, di porre questa emergenza al centro del proprio programma politico, garantendo un’adeguata distribuzione dei fondi regionali a sostegno delle politiche ambientali e creando, in sinergia con L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE MASSIMILIANO VALERIANI, un programma atto al recupero, la salvaguardia, e la rivalorizzazione del territorio attraverso le politiche green.

AL PRIMO MINISTRO GIUSEPPE CONTE, di smettere di guardare alle tematiche ambientali come a un fanalino di coda dell’agenda del Governo e iniziare a trattare la situazione per quella che è: un’emergenza. È fondamentale che il premier spinga per impiegare le risorse statali per contrastare tale emergenza, favorendo, grazie anche alla collaborazione con IL MINISTRO DELL’AMBIENTE SERGIO COSTA, l’introduzione di leggi ad hoc che vengano incontro alle esigenze delle Regioni e, di conseguenza, dei Comuni.

Queste persone hanno il potere di compiere dei cambiamenti sostanziali. Noi abbiamo il dovere civico e morale di lottare affinché ciò avvenga.
Il primo passo deve venire da noi. Oltre a protestare, dobbiamo far sì che il cambiamento avvenga nei comportamenti di tutti i giorni. È il cittadino a doversi prendere cura della propria città.

 
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Pianeta Italia: la “Sanità” ….
tra Inefficienze ed Eccellenze

NUOVE EMERGENZE  da affrontare,
per la prossima CARENZA DI MEDICI  

A seguito di una oramai imminente nuova emergenza, causata da una preoccupante mancanza di Medici e di Personale specializzato, come da più tempo viene segnalata con precisione di dati, la Redazione della Consul Press ha ritenuto opportuno ripubblicare un intervento già apparso ad  ottobre 2017 (a firma Alessandro Benini e Giuliano Marchetti), opportunamente  sintetizzato ed aggiornato. Ciò al fine di conoscere le diverse posizioni degli “Operatori del Settore”, richiedendo cortesemente un loro commento o parere – da inviarci via mail – per auspicare, da parte nostra, l’avvio di una Tavola Rotonda, sia virtualmente online, sia ancor meglio con un apposito Convegno da programmare presso in una Sede Istituzionale pubblica o privata.

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Europa dei cittadini

Presidenza della  Federazione delle Associazioni
de
gli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati

Lo scorso 12 giugno il Presidente della FederEsuli, Antonio Ballarin, ha scritto una lettera per ringraziare il Primo Ministro della Repubblica di Croazia, Andrej Plenković, per la sensibile apertura al mondo della diaspora dei popoli di Istria, Fiume e Dalmazia, auspicando una nuova fase tra le due sponde dell’Adriatico. ….  E ciò nel quadro dei rapporti tra popoli europei che hanno insieme superato le difficili questioni a lungo trascinate dalle oppressioni ai principi liberali e nazionali dell’Ottocento culminate nel primo conflitto mondiale, e le ideologie del Novecento che hanno segnato ancora e con più tragici esiti e profondamente le generazioni passate attraverso la feroce guerra civile europea combattuta in Spagna, il conflitto generale 1939-45, la divisione in due dell’Europa dalla città di Berlino a Gorizia e i decenni della cosiddetta Guerra fredda.

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Una Stonehenge in Russia: è ora di riscrivere la Storia

SU INPUT E SEGNALAZIONE di “ERETICAMENTE”,
è stata ripresa una ricerca a firma di Fabio Calabrese 

Non mancano nell’area scandinava costruzioni megalitiche come il dolmen di Lyo, conosciuto come “la pietra del corvo”, o i tumuli di Raevehoj nel Sjelland meridionale. Sono comuni poi gli allineamenti di menhir disposti in modo da ricordare la prua di un’imbarcazione, una tipologia che si ritrova dal neolitico all’età vichinga, segno evidente del fatto che le genti scandinave hanno dovuto da tempo immemorabile cercare sul mare la loro sopravvivenza. 

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Il più notevole di tutti è però probabilmente il grande tumulo di Kivik (di 75 metri di diametro) nella Svezia meridionale, una costruzione che ricorda da vicino le tombe micenee e che contiene al suo interno un grande sarcofago formato da lastre graffite con incisioni che somigliano a elaborati ideogrammi. Un fenomeno riportato alla luce solo negli ultimi decenni e praticamente sconosciuto al grosso pubblico, è il megalitismo nell’Europa orientale, in Russia e nei territori dell’ex Unione Sovietica.

Comincio citando a tale proposito la scoperta meno recente, che per la verità si situa geograficamente fuori dall’area europea, in quella che, almeno stando agli atlanti, è decisamente Asia, e tuttavia sembra collegarsi piuttosto al megalitismo russo e dell’Europa orientale che ad altro. Mi riferisco a un post apparso su “Antikytera” nel maggio 2003, che parla della scoperta di una “Stonehenge tagika”, una sorta di osservatorio astronomico d’alta quota rinvenuto a 4.000 metri tra le montagne del Tagikistan:

“Nella regione del Pamir, nell’area orientale del Tagikistan, un gruppo di archeologi ha incontrato a 3850 metri d’altezza un sorprendente complesso monumentale, risalente al 1000 a. C. Potrebbe trattarsi di un santuario solare o di un osservatorio astronomico, eretto in un luogo dalla bellezza naturale stupefacente, la valle del fiume Shorol, dove, fra chilometri di catene montuose, svettano alcune delle cime più alte della Terra.

Si tratta di giganteschi blocchi di pietra che si uniscono a rappresentare rettangoli, frecce e figure falliche dal significato ancora misterioso, ma che rivoluzionano tutte le nostre conoscenze sull’Asia centrale preistorica, introducendo nuovi interrogativi sulle nozioni di astronomia in possesso dei popoli che la abitavano. 
Durante alcuni scavi precedenti erano già state rinvenute alcune sepolture, che testimoniano la presenza, in quest’area di montagne impervie, di alcune tribù nomadi d’origine iraniana, vissute qui fra l’VIII e il IX secolo a. C. E questa decina, o poco più, di imponenti massi rappresentano figure probabilmente sacre a quei popoli.

Secondo gli esperti dell’Istituto di Storia e Archeologia dell’Accademia Nazionale di Scienze del Tagikistan, a cui spetta il merito della scoperta, la stupefacente costruzione potrebbe essere opera di una speciale casta di sacerdoti, salita a quell’altitudine per creare un proprio spazio magico, con lo scopo d’osservare e venerare la principale divinità, il Sole. Alcuni astronomi, però, azzardano un’altra interpretazione: secondo i loro calcoli uno degli assi di pietra tracciati può determinare il sorgere del sole durante i solstizi d’estate e d’inverno, mentre un altro asse varrebbe per gli equinozi di primavera ed autunno”.

Ma tutto ciò è ancora poco, perché qualche mese più tardi, nel gennaio 2004 è arrivata la notizia del ritrovamento di una vera e propria Stonehenge russa a Ryazan nella Russia centrale. Il post, ripreso da “La porta del tempo” è il seguente: 
“La Russia ha ora la sua stonehenge. Nell’estate, una struttura megalitica di 4.000 anni or sono è stata scoperta al sito di Spasskaya Luka, nella regione di Ryazan della Russia centrale. Questa struttura, che, gli archeologi ritengono fu eretta come santuario, si trova su una collina che sovrasta la confluenza dei fiumi Oka e Pron. L´area circostante è sempre stata vista come un´ “enciclopedia archeologica”, un caleidoscopio di culture che spaziano dal Paleolitico Superiore al Medio Evo. 
“Se esaminiamo questo sito archeologico, per come rappresentato su una mappa, vedremmo un circolo di 7 metri di diametro, segnato da piloni, spessi mezzo metro ed alla stessa distanza l´uno dall’altro” ha illustrato il capo della spedizione Ilya Akhmedov, che lavora per il Dipartimento Storico per la Storia ed i Monumenti Archeologici del Museo di Mosca. “Vi è un grande spazio rettangolare ed un pilone nel centro del circolo. I piloni di legno non sono sopravvissuti, naturalmente, ma i grandi fori dove una volta stavano infissi possono essere visti chiaramente. Lungo i bordi del sito vi sono due fori ulteriori. Originariamente potrebbero anche essere stati quattro, ma la riva del fiume è stata parzialmente distrutta da una frana, e parte del sito è stato sicuramente danneggiata”.

Un altro foro con un pilone è stato dissotterrato sette metri ad est del sito. E qui ve n´è anche uno a sud, che fu scoperto tre anni or sono. “Con tutta probabilità, vi è un secondo raggio di piloni che circondava il tempio, ad una dozzina di metri di distanza” ha dichiarato Akhmedov.
Le due coppie di piloni formano un passaggio, che, se osservata dal centro, offre in estate una spettacolare visione del tramonto. Un altro pilone, dietro il recinto circolare, punta al sole nascente. La struttura del monumento ha portato gli studiosi ad avanzare ipotesi circa il suo scopo astronomico. Gli oggetti trovati al sito devono essere stati elaborati con un rituale religioso in mente.

La dimensione dei fori varia da 44X46 a 75X56 cm. In uno dei fori centrali è stato trovato un piccolo contenitore di ceramica. E´ finemente decorato con zigzag, che ricordano i raggi del sole, e con linee arricciate, che simbolizzano l´acqua. Gli archeologi specializzati nell’Età del Bronzo, hanno riconosciuto i manufatti come databili al “loro periodo”. Visivamente, ricordano oggetti prodotti dalle tribù eurasiatiche meridionali.

Frammenti di ossa lunghe e denti sono stati trovati da uno dei fori all’esterno del santuario. Si ritengono essere i resti di un sacrificio. Ma non si può nemmeno escludere il fatto che questi ampi fori fossero utilizzati come seppellimenti. Uno strato di decadimento organico è stato scoperto sul fondo del foro centrale; gli archeologi hanno giustificato la decomposizione delle ossa con alcune proprietà particolari del suolo locale. I resti trovati potrebbero bene essere appartenuti ad un capo-tribù santificato in modo postumo. 
Antichi santuari sono spesso situati presso siti sepolcrali. Ciò è attribuibile alla concezione pagana della morte come punto di transizione all’oltretomba. Nell’antico folklore, non solo la vita della natura era considerata un ciclo, ma similmente accadeva della vita umana. I culti lunari e solari erano collegati al culto della fertilità ed indicavano il legame mitologico tra vita e morte”.

Come se tutto ciò non fosse ancora abbastanza, nel 2010 è arrivata la notizia della scoperta di una terza Stonehenge russa o, se vogliamo, di una seconda Stonehenge caucasica; ecco cosa riferisce il post del 15 ottobre: 
“Un archeologo russo sostiene di aver trovato i resti ben conservati di una “Stonehenge caucasica” costruita da una sconosciuta civiltà dell’età del bronzo nella Russia meridionale.

Andrey Belinskiy ha detto che insolite formazioni circolari di pietra sono state trovate in uno dei circa 200 insediamenti che risalgono al 1600 a.C. e si trovano sulle montagne del Caucaso del Nord. Gli insediamenti sono stati scoperti negli ultimi cinque anni da una spedizione russo-tedesca diretta dallo stesso Belinskiy. 
Egli ha fatto riferimento alla struttura come una “stonehenge caucasica”, facendo un paragone con il celebre monumento nel sud-ovest dell’Inghilterra. 
“Ogni struttura di forma insolita potrebbe essere collegata a un calendario”, ha detto Belinskiy all’Associated Press, aggiungendo che le strutture non somigliavano ai fienili e alle case che la sua spedizione aveva trovato in altri insediamenti.

Egli ha detto che gli ornamenti di ceramica rinvenuti nella zona avevano suggerito che i loro creatori avessero familiarità con l’astronomia e calendari. Quella civiltà non ha lasciato documenti scritti e le sue origini etniche non sono note, ha detto. 
Valentina Kozenkova, professoressa di storia del Caucaso presso l’Accademia Russa delle Scienze, ha detto che il ritrovamento è “unico e senza pari”. Gli storici russi hanno trovato diverse strutture dell’Età del Bronzo in Russia e in Asia centrale, che erano utilizzate come calendari ed erano circondate da un paesaggio rituale. 
Il Caucaso del Nord è una delle regioni etnicamente più differenziate del mondo, situato tra il Mar Caspio e il Mar Nero. La regione ha avuto contatti millenari con le civiltà della Mesopotamia, dell’Asia centrale e dell’Iran. 
Belinskiy ha detto che gli abitanti degli insediamenti che sono stati scoperti allevavano bestiame erbivoro ed occupavano aree di montagna ideali per il loro bestiame. “Era la loro nicchia climatica. Essi avevano accuratamente progettato case e recinti ovali per il bestiame, su un altopiano tra il fiume Kuban e l’odierna città di Kislovodsk. Sono stati costruiti secondo uno standard e un sistema di misura precisi, tenendo bene in considerazione il paesaggio e il clima. I montanari più tardi si fusero con la cosiddetta cultura del Kuban, nota per i suoi squisiti manufatti in bronzo e per l’agricoltura estensiva”.

E’ saltata fuori pure una Stonehenge balcanica. Nel 2001 a Kokino in Macedonia erano stati individuati i resti di un antico osservatorio astronomico. Nel maggio 2009, si è scoperto che le rovine risalgono almeno all’Età del Ferro (VII secolo Avanti Cristo). Il 29 maggio Antikitera riporta un post da “La porta del tempo” sull’argomento, di cui è impossibile riportare uno stralcio, costellato com’è di errori di traduzione. Vediamo comunque di riassumere l’essenziale. Su questa scoperta il ministro dei beni culturali macedone, signora  Elizabeta Kancheska-Milevska ha riferito al Parlamento Europeo, sul monumento per cui è stata presentata la richiesta dell’inclusione del sito nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.  Il sito, che si trova nella Macedonia nord-orientale a 30 chilometri dalla città di Kumanovo, ha restituito reperti dell’Età del Bronzo, Antico e Medio, fra cui recipienti di ceramica e ruote di mulino. Nei pressi del sito vi sarebbero pietre per monitorare i movimenti del sole.

Naturalmente di tutto ciò, nella stragrande maggioranza dei libri di testo che continuano a raccontarci la favola della Mezzaluna Fertile, non si trova assolutamente nulla, sebbene alcune di queste scoperte non si possano certamente definire troppo recenti; la scoperta del sito macedone di Kokino, ad esempio, come abbiamo visto, risale al 2001, e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’. 
Noi tuttavia possiamo renderci conto del fatto che questa Europa preistorica e antica era molto più civile di quel che ci hanno finora raccontato, e in ciò – diciamolo pure – non è che i nostri antenati italici siano rimasti indietro, ma questo è un aspetto della questione che mi riprometto di sviscerare con la dovuta ampiezza l’anno prossimo.

Fabio Calabrese

 

 

 

 
 
 

 

 
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Roma: piovono rami sull’estate romana

Roma, 4 luglio 2019 – «La mancata manutenzione e l’incuria che caratterizzano il governo a cinque stelle continuano a mettere a rischio la sicurezza pubblica. Al punto che i romani non possono neanche pensare di rinfrescarsi dalla calura estiva godendo di un evento storico come quello dell’estate romana, perché rischiano di essere travolti da uno dei tanti alberi privi di cura.

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