20 anni di “Fervicredo” (associazione dei feriti e vittime della criminalità e del dovere) .. convegno a Venezia il 12 aprile 2019.. il loro tributo..le famiglie… differenze nei riconoscimenti..
di Raffaele Vacca
Roma, 17 aprile 2019 – “Offrire attraverso il ricordo un tributo di riconoscenza a quanti in questo Paese hanno versato il loro sangue per difendere i cittadini e affermare la legalità in tutte le sue forme, e contribuire a trasmettere ai più giovani, attraverso la memoria viva di alcune vittime superstiti e familiari, la passione e la cultura della legalità”. È questo il duplice senso che “Fervicredo” ha voluto dare al convegno per celebrare la fondazione, nel maggio del 1999, dell’ “Associazione dei Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere“.
Mirco Schio, Presidente, ha ripercorso le motivazioni storiche che hanno portato alla nascita dell’associazione, con il duro tributo di sangue pagato dalle Forze dell’Ordine durante gli anni di piombo e la stagione del terrorismo politico ed eversivo. Un bilancio di 370 morti, 197 vittime di agguati terroristici, 38 caduti negli scontri, 135 persone dilaniate dalle bombe. Dati a cui si aggiungono più di mille feriti. E poi la stagione delle stragi, i 200 morti per mafia tra il 1990 e il 1995. Uomini e donne in divisa che hanno pagato un prezzo altissimo nella battaglia contro la criminalità, ma anche chi ha versato il proprio sangue per soccorrere le popolazioni colpite da calamità naturali come i Vigili del Fuoco. L’Associazione “Fervicredo“, partendo da una città come Venezia, ha voluto promuovere la memoria e il ricordo delle Vittime, ma anche sollevare la propria civile ma ferma protesta per rimettere in primo piano le Vittime e non i carnefici, o per denunciare le troppe disattenzioni da parte delle istituzioni e della politica.
Al convegno, sono intervenuti tra gli altri il Capo della Polizia Franco Gabrielli, il Magistrato Alfredo Mantovano, ex Sottosegretario e attuale Vice Presidente del Centro Studi Livatino, il sociologo Gianfranco Bettin, il capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco Fabio Dattilo, il Vice Presidente Nazionale del sindacato Fsp-Polizia di Stato Franco Maccari, fondatore della Fervicredo, lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi.
Per Franco Maccari, da me ben conosciuto in Veneto quale validissimo sindacalista della Polizia e tuttora stimato, sono “ancora attuali le motivazioni che ci hanno spinto 20 anni fa a dare vita alla Fervicredo, ma soprattutto anche la determinazione, la rabbia in qualche caso. Molte cose sono cambiate, ma se abbiamo avuto bisogno di creare una associazione per cambiare la normativa o renderla realmente efficace vuol dire che la realtà è ancora difficile. Noi abbracciando tutte queste categorie ci accolliamo un onere non indifferente, quello di sostenere un uomo o una donna che spesso troviamo emarginati e soli davanti alle lungaggini burocratiche, costretti a rincorrere per ottenere un proprio diritto, intrappolati in questi meccanismi”.
“I criminali diventano un modello -ha evidenziato il criminologo Meluzzi – perché la società è profondamente malata, ma anche perché le autorità dello Stato spesso irridono i propri Servitori, anziché difenderli, risarcirli e valorizzarli”.
Per il Capo della Polizia Franco Gabrielli, che ha concluso i lavori del convegno, “..Bisogna affermare l’importanza della memoria, l’importanza di ricordare chi in nome dei valori di legalità e di giustizia ha sacrificato la vita o ha visto la sua vita particolarmente segnata da atti criminali…Ma soprattutto bisogna affrontare il tema delle risorse, perché al riconoscimento del danno possa seguire l’effettivo risarcimento. Su questa materia il legislatore deve mettere un po’ di chiarezza, perché credo che la cosa più oltraggiosa per chi si è distinto in gesti di eroismo o espressione di senso del dovere è quella di dover continuamente chiedere per vedere riconosciuti i propri sacrosanti diritti”.
Numerose ed emozionanti le testimonianze di Vittime del Dovere e di loro familiari, presentate dal giornalista Gianluca Versace.
Ad accompagnare i lavori del convegno l’Orchestra degli Studenti di Venezia “Marco Polo”.
Ora, come di consueto, un passo indietro e ricordiamo eventi noti e meno noti, attingendo a mie personali esperienze….
Su il Fatto Quotidiano di novembre 2012 in un articolo di Chiara Paolin abbiamo letto: “La tragedia di Nassiriya apre una ferita sempre nuova quando a parlarne è una delle vittime. Una di quelle che alla paura, al dolore fisico, alla vita sconvolta, deve aggiungere il disagio di vedere lo Stato che elogia chi quel 12 novembre 2003 aveva la responsabilità del campo mentre i militari che lì hanno perso la vita (o la serenità) si ritrovano nove anni dopo cooptati nel ruolo di comparse inutili, di soggetti senza tutela a margine di un rito istituzionale. C’era anche il Maresciallo Riccardo Saccotelli quella mattina nel campo base quando il camion esplose. Le ossa gli si spezzarono, le orecchie rimasero sorde, ma non poteva immaginare che un giorno così drammatico sarebbe diventato per lui il distacco totale dalla sua passione professionale, civile, e civica. Qualche settimana fa Saccotelli, scrive Chiara Paolin, ha ricevuto un’invito: cerimonia per l’Unità Nazionale il 4 novembre al Quirinale. Ma a quella lettera ha risposto con un messaggio in cui spiega al Presidente Napolitano perchè non ci sarà. Spiega, il Maresciallo, che non vuole esserci quando gli uomini che hanno comandato la missione vengono premiati con le massime onorificenze senza che si sia potuto stabilire chi ha avuto la responsabilità della strage”.
Non entriamo in argomento per rispetto dei sentimenti del valoroso Maresciallo, ma diciamo solo che le responsabilità di quei bravi Comandanti, operanti nella più totale solitudine in contingenze tanto difficili e per questo meritevoli del più grande rispetto, sono state valutate dalla Magistratura..Come ricordiamo, alle 08:40 in Italia di quel maledetto 12 novembre, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti alla base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana di Nassiriya, provocando l’esplosione del deposito munizioni e la morte di diciannove persone tra Carabinieri, militari e civili. Il tentativo degli attenti e reattivi Carabinieri di guardia all’ingresso della base “Maestrale” di fermare con le armi in dotazione i due attentatori suicidi riuscì appieno, tant’è che il camion non esplose all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, altrimenti la strage sarebbe stata di ben più ampie dimensioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova Polizia irachena e dai civili del luogo.
Ora, quel che voglio in questa sede trattare è quanto accordato dallo Stato ai Caduti di Nassiriya, cioè la concessione di quella “Croce d’Onore” che fu istituita ad hoc con legge n.207 del 14 ottobre 2005 (per chi sia “deceduto ovvero abbia subito una invalidità permanente pari o superiore all’80% della capacità lavorativa, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di atti di terrorismo o di atti comunque ostili commessi in suo danno all’estero durante lo svolgimento di operazioni militari e civili autorizzate dal Parlamento”), vale a dire solo una attestazione commemorativa, assimilabile al Cuore Purpureo (Purple Heart) degli USA, maestri in tante cose… Fu così che nella ricorrenza dell’attentato, il 12 novembre 2005, il Presidente della Repubblica Ciampi consegnò ai parenti delle vittime la Croce d’onore. Tutto ciò ha lasciato ovviamente l’amaro in bocca sia ai Congiunti dei Caduti, sia ai loro Compagni d’armi, in quanto si riteneva più che giusta e adeguata ai tragici eventi una Decorazione al Valor Militare. E questo anche perché, come prima evidenziato, ci fu reazione armata nei confronti degli attentatori, presupposto necessario per tali ricompense.
Nella circostanza, lo scrivente, quale addolorato Comandante nazionale del NOE, quale primo riconoscimento, propose al grande Ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, che sanzionò, la concessione della Medaglia d’Oro al Merito dell’Ambiente “alla Memoria”, che fu concessa con la seguente motivazione: “”L’azione qualificata ed incisiva svolta dal Tenente dei Carabinieri Alfonso Trincone, in servizio presso il Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente dal 23 agosto 1989 e, dal 1° giugno 1996, al Comando della “Sezione Inquinamento da Sostanze Radioattive” dello stesso Reparto, è risultata strumento di eccezionale valenza operativa nell’azione di salvaguardia e conservazione dell’ambiente in Patria e in occasione di difficili missioni all’estero””. Un anno dopo presso il Comando, il Ministro appuntò sul cuore della cara signora Anna Maria Zollo, vedova del compianto e valoroso Tenente Trincone, la decorazione in parola.. La riunione fu anche l’occasione per conferire l’Encomio Solenne del Comandante Generale dell’Arma Luciano Gottardo al Reparto Specializzato, per l’elevata professionalità e incisività nello svolgimento di indagini complesse sulle ecomafie.
Passando ad altro argomento di natura similare, ricordiamo che ben diversamente, lo stesso Stato si comportò nei confronti di Nicola Calipari, il valoroso funzionario della Polizia di Stato effettivo al Servizio Informazioni e Sicurezza Militare, cui fu giustamente concessa la Medaglia d’ Oro al Valor Militare alla memoria per la sua “altissima testimonianza di nobili qualità civili, profondo senso dello Stato ed eroiche virtù militari, spinte fino al supremo sacrificio della vita”. Calipari, come si ricorderà, assunse la direzione dell’ operazione volta a liberare la giornalista Giuliana Sgrena, sequestrata da terroristi in Iraq e, nel momento in cui l’ autovettura sulla quale viaggiava veniva fatta segno per errore di colpi d’ arma da fuoco ad un posto di blocco USA, con estremo slancio di altruismo, fece scudo alla connazionale con il suo corpo, rimanendo mortalmente colpito. Era la sera del 4 marzo 2005..
Altra vicenda…Il 14 luglio 2009, a Tarvisio (UD), quindi in tempi recenti, perché quella storia è stata nascosta e poi rivisitata molto dopo per motivi politici che non sto a raccontare perché i miei 25 lettori conoscono, sono state conferite le Medaglie d’Oro al Merito Civile “alla Memoria” ai 12 Carabinieri caduti. Perché Merito civile e non Militare…..? Ai posteri l’ardua sentenza… Si tratta dei Carabinieri uccisi nelle foibe nella lunga storia ampiamente trattata solo dagli sfortunati Italiani Giuliani e Dalmati, che la sera del 23 marzo 1944, vennero aggrediti da criminali partigiani comunisti titini mentre la Caserma era già circondata da altri complici, rimasti nascosti per raggiungere a tappe forzate Malga Bala, dove i militari vennero sterminati barbaramente, dopo essere stati incaprettati con filo di ferro..I cadaveri dei militari vennero rinvenuti casualmente da una pattuglia di militari tedeschi e recuperati per essere ricomposti presso la chiesa di Tarvisio tra il 31 marzo ed il 2 aprile 1944.
Concludo, considerando che a volte in questa “piccola”, non certamente dal punto di vista geografico, ma pur sempre per tradizioni di civiltà e cultura grande Italia, le burocrazie dei Palazzi e la modestia della politica non sanno o non vogliono, probabilmente per difetto di valutazione, riconoscere adeguatamente i meriti di propri Figli che con valore hanno rappresentato in armi la Patria lontani da Essa e che nulla hanno chiesto in vita se non il riconoscimento del proprio ONORE da morti!
Il risultato che ne consegue è sotto gli occhi di tutti, cioè malcontento e amarezza, tanta amarezza!
Concludendo, un rinnovato compiacimento a Fervicredo, l’ “Associazione dei Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere”..
via attualità.it