Alcuni scienziati e ingegneri americani (Sustainable Composites LLC) hanno appena sviluppato una pelle interamente concepita partendo dai rifiuti, chiamata “enspire leather”. L’obiettivo? Ottenere un materiale meno costoso e soprattutto più rispettoso dell’ambiente e del benessere degli animali. Visto che il 1° novembre è stata la Giornata Mondiale del Veganismo, ecco una rassegna delle alternative alla pelle sostenibili, vegetali ed etiche di cui non potrete più fare a meno nei prossimi anni.
La concorrenza commerciale di Amazon di essere davvero la causa della morte delle librerie indipendenti è un dibattito che da tempo ha preso piede. Una vera e propria guerra ad armi impari, che però rappresenta anche il chiaro segnale della necessità di un profondo rinnovamento nel settore editoriale. Le librerie indipendenti lo hanno capito, si sono organizzate facendo rete e mettendosi su un’unica piattaforma di e-commerce: Bookdealer.
Nasce così la prima piattaforma italiana di e-commerce delle librerie indipendenti. Questo è anche un ottimo modo per vedere quali sono i punti vendita più vicini a casa e quali sono le loro attività, oppure scoprire quelli più lontani, dei quali altrimenti non avremmo potuto conoscere l’esistenza. Una risorsa che rivelarsi utile anche in questo periodo di “lockdown light”, e sperimentare nuovi canali di acquisto
La piattaforma è intuitiva, accessibile e rapida e si possono cercare punti vendita specifici, titoli o autori. È possibile visitare virtualmente anche i negozi e conoscerne di nuovi, ricevere consigli, scoprire quali sono i titoli del momento, leggere le recensioni di altri utenti e usufruire delle iniziative promosse da ciascuna libreria. L’obiettivo, infatti, è mantenere quel contatto umano che dovrebbe essere centrale nell’attività delle librerie indipendenti, e a cui Amazon non potrà mai sopperire. “Acquistando su Bookdealer sostieni davvero le librerie indipendenti”, spiegano gli organizzatori “perché grazie al servizio di consegna a domicilio e spedizione tramite corriere, i librai possono mantenere vivo il rapporto con i loro clienti abituali, raggiungerne di nuovi, e farsi conoscere al di fuori della propria zona di competenza o in luoghi poco serviti, dove fino a quel momento il lettore non aveva avuto altra scelta che acquistare sui grandi store online”.
Nonna Papera è un’icona longeva, che da più di qualche decennio, ormai, appartiene al mondo dell’infanzia. Certo i grandi, poi, quando crescono tendono a portarsi dietro i loro miti infantili e proiettarli, talvolta in modo ironico, nella vita reale. Quante volte ci è capitato di dire: “sono più sfortunato di Paperino”, oppure “non sono mica Paperon de’ Paperoni!”, mettendo tristemente mano al portafogli. Anche Nonna Papera è un modello al quale ci rapportiamo spesso: “Cucini meglio di Nonna Papera”, se ve lo dicono vuol dire che ci sapete veramente fare. Ma chi è questa signora tanto amata non solo dagli assidui lettori di Topolino?
LA PAPERA DIETRO AL MITO
Difficile che non la conosciate, perché lei è la nonna col becco più famosa d’Italia. Vive in una fattoria a Quack Town, fuori dalla nota città di Paperopoli, insieme al pronipote Ciccio. Il suo è un nome d’arte, in realtà si chiama Elvira Coot, figlia di Clinton Coot, che fondò le Giovani Marmotte e nipote dell’impavido Cornelius, che fondò Paperopoli a seguito della conquista di un fortino inglese.
Ha sposato Humperdink Duck, dal quale ha avuto tre paperini: Eider, Dafne e Quackmore, rispettivamente genitori a loro volta di Paperoga e Abner “Chiarafonte” Duck, Gastone, Paperino e Della (la mamma di Qui, Quo e Qua). In inglese il suo cognome significa folaga, che è un uccello dal manto nero, ma è sempre stata rappresentata come un’anatra bianca: capello raccolto in un morbido chignon e occhialletto a mezzaluna.
Il disegno fu creato da Al Taliaferro, che s’ispirò alla suocera.
Elvira fece la sua prima apparizione negli anni ’40 sui quotidiani statunitensi, in una strip di Donald Duck intitolata “Arriva Nonna Papera!”.
Lei rappresenta decisamente il punto d’unione dell’intera famiglia, col suo carattere tenero e affettuoso, ma anche molto risolutivo: è il riferimento di tutti. Ottima cuoca e papera di campagna, sforna manicaretti e si occupa di guidare con saggezza chi le sta intorno verso la propria crescita interiore, proprio come farebbe una nonna autentica.
Pubblicato nel 1970 da Mondadori questo libro per bambini è una raccolta di ricette molto semplici, giuste per chi è alle primissime armi. Ognuna di esse è ispirata a personaggi storici o mitologici: La frittata di Paride, La torta Monna Lisa, Spinaci alla Napoleone. Se adesso siamo abituatissimi a consultare manuali di cucina con fotografie mozzafiato, sappiate che il manuale è totalmente illustrato, com’è giusto che sia.
NONNA PAPERA, SABRINE D’AUBERGINE E LA RISTAMPA DEL MITICO MANUALE
Questa è proprio una di quelle storie che vanno raccontate, non solo, probabilmente oggi è diventata anche imprescindibile quando si parla di Nonna Papera.
Sabrine è una blogger e, ormai quasi del tutto, un’autrice di libri di cucina. Lei ha fondato Fragole a merenda un bel po’ di anni fa, ha pubblicato ricette e raccontato le vicende della sua piccola cucina con grazia e charme, fino a diventare uno dei nomi di punta di Guido Tommasi Editore.
“Cari amici, attenti a…! Attenti a come sfogliate questo manuale. È altamente esplosivo. È il Manuale infatti in cui sono raccolti, svelati e documentati tutti i segreti di Nonna Papera. Da questo momento le sue celebri torte (caramelle, panini imbottiti, aranciate e falsi minestroni) non saranno più un mistero per voi! A voi il mestolo amici: leggete e cucinate!“
NONNA PAPERA: MODELLO FEMMINILE DI FORZA E SAGGEZZA
Nonna Papera è un un personaggio d’immensa dolcezza. Un mix perfetto di materna accoglienza, premura, forza e indipendenza. Non ha paura di faticare e accudire le generazioni future. Molte donne alle quali da bambine è stato regalato il suo mitico Manuale sono cresciute cimentandosi con le sue ricette e, oggi, la sua tenera influenza continua ad imprimersi grazie a quei racconti senza tempo, che hanno conquistato praticamente tutti, una generazione dopo l’altra.
The Queen’s Gambit, La Mistica Degli Scacchi Al Femminile
Con uno dei titoli più sfortunati della stagione, ma che allude a una delle aperture più studiate e affascinanti negli scacchi professionistici, The Queen’s Gambit è la storia di formazione di Beth Harmon, la giocatrice-prodigio che si è distinta in questo sport strategico a metà degli anni ‘60. Femminile, feroce e con un’estetica impeccabile, la miniserie, basata sul romanzo La regina degli scacchi di Walter Tevis (1983), ci presenta la mistica degli scacchi come non l’abbiamo mai vista prima.
Con molti i parallelismi con la storia del Gran Maestro e ultimo Campione del Mondo statunitense, Bobby Fischer, ovvero andando contro ogni previsione e dopo aver scoperto in tenera età un interesse e un genio innato per gli scacchi, la matematica e intuitiva Beth (interpretata da Anya Taylor-Joy) mira a dominare il mondo in quel microcosmo che è la scacchiera. Per dirla con le parole della protagonista, la scacchiera “è un mondo in 64 caselle.Un posto dove sentirsi al sicuro. Prevedibile, controllabile”.
E in effetti, come già sottolineava il famoso best seller di Katherine Neville, The Eight (incentrato sulla ricerca zelante di dei leggendari scacchi magici appartenuti a Carlo Magno), nel corso della storia è sempre esistito un innegabile desiderio di padroneggiare la scacchiera, sia letteralmente che metaforicamente. In questo caso, nello sforzo di organizzare il suo caotico mondo interiore, Beth impara a disporre i suoi pezzi seguendo il suo intuito, e sviluppando uno stile di gioco unico. Come il New York Timesdescrisse nel suo necrologio il genio tormentato cui si ispira questo personaggio, Fischer è stato il più potente giocatore americano della storia e anche il più enigmatico:
Fischer vinse con tale talento e stile da diventare un rappresentante indiscusso della grandezza nel mondo degli sport competitivi, proprio come lo sono stati Babe Ruth o Michael Jordan.
Ed è forse proprio dal tentativo di svelare quel mistero, e affrontare la genialità e il supplizio che spesso accompagnano i grandi prodigi, che emerge il personaggio di Beth Harmon. Tuttavia, per questa giovane donna, nonostante l’ossessione e l’ambizione che il gioco le suscita, gli scacchi “non sono solo competitivi”, sono qualcosa di bello, una dimora dove trova rifugio intellettuale e che dà senso alla sua esistenza, dopo essere rimasta orfana ed essere stata spogliata, quand’era ancora molto piccola, dei suoi pochi averi e ricordi.
Dopo l’abbandono paterno e la morte della madre biologica, essendo solo una bambina, Harmon impara a conoscere e perfeziona le sue abilità giocando a scacchi con il bidello nel seminterrato dell’orfanotrofio, e intanto svilippa (sempre in segreto) una pericolosa dipendenza dai tranquillanti, che paradossalmente sembrano non solo aiutarla a evadere, ma potenziare la sua capacità strategica. Questa vita in bilico, passata saltando da una famiglia disfunzionale all’altra, condurrà la protagonista ad abusare di droga e alcol, qualcosa di inaudito per un’adolescente, ma che però spiega perfettamente come le dipendenze si trasformino sempre nello stucco con cui pretendiamo di riempire quelle crepe che sono le ferite dell’anima.
Divisa tra delicatezza e ferocia, caratterizzata da un’intelligenza acuta e non priva di eccentricità, Harmon percorrerà la sua strada verso il successo internazionale, partecipando a gare e ottenendo riconoscimenti. Senza sacrificare la propria femminilità, riuscirà progressivamente a distinguersi in un mondo prevalentemente maschile, in cui per antonomasia, negli anni ‘60, avrebbe potuto subire un doppio pregiudizio, una doppia discriminazione: come donna fuori dai canoni in un’epoca in cui i ruoli femminili erano ancora perlopiù limitati a quelli di moglie e madre; e come giocatrice femminile in un ambiente dominato quasi esclusivamente da uomini – com’era e in parte è ancora quello delle competizioni scacchistiche.
Infatti, sebbene dal Medioevo al XVIII secolo le partite di scacchi tra uomini e donne di ceto alto figurino come un tema ricorrente nell’arte e della letteratura, nel XIX secolo il mondo degli scacchi è passato a essere dominato dagli uomini. E così è stato fino al XX secolo, quando alcune giocatrici come la britannica di origini russe Vera Menchik sono riuscite timidamente a rompere l’egemonia maschile e a partecipare alle competizioni con loro.
Garry Kasparov, considerato uno dei migliori giocatori al mondo, assicura che questa miniserie a suo parere è la fiction più realistica che sia mai stata realizzata sugli scacchi, che peraltro è uno sport molto poco visivo. Magari è per via di quella brillante e golosa estetica di cui sopra, con cui è stato portato sullo schermo, o anche per la presenza guida di un personaggio carismatico e complesso come quello di Harmon, che The Queen’s Gambit è diventato in poche settimane, e grazie al passaparola, la serie tv più guardata su Netflix.
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