Skip to main content

Autore: Sveva Marchetti

Fase 2: maggio il mese delle possibili riaperture ma come sarà cenare nuovamente al ristorante?

Il 4 maggio, il giorno che tutti gli italiani hanno segnato in rosso sul calendario, partirà la tanto attesa fase 2. Sicuramente non  un “libera tutti” dopo il quale sarà tutto come prima, ma un piccolo passo verso la così desiderata normalità. Già da oggi 14 aprile, hanno riaperto librerie, cartolibrerie (ad eccezione della Lombardia), negozi di articoli per neonati e bambini; dal 20 aprile dovrebbe poter iniziare la produzione in diverse fabbriche. Dal 4 maggio appunto, riapriranno negozi e attività commerciali con ingressi che andranno probabilmente scaglionati in una qualche modalità ancora da definire. Poi toccherà a tribunali e studi professionali l’11 maggio; il 25 maggio riaprono estetisti, parrucchieri ma con ingressi singoli ed il 31 maggio ripartirà lo sport professionistico.

Continua a leggere

Prada e le sue “conversazioni possibili” dialoghi in diretta per unire le persone e condividere pensieri

Anche Prada scende in campo nell’ampia offerta globale di incontri, dirette e conferenze in streaming che stanno intrattenendo milioni di persone in tutto il mondo costrette a casa per l’emergenza coronavirus. Con le sue Possible Conversations, presenta una serie di dialoghi, in diretta sul proprio account instagram, che non tratteranno solo di moda ma anche di arte, cultura. “Parleranno professionisti, esperti, registi e creativi che si intrecciano fra loro e che includono la moda, l’arte, l’architettura, il cinema e il pensiero, dove quest’ultimo spazia dalla filosofia alla psicologia, fino alla letteratura” spiega il comunicato del marchio.
Ogni incontro si tradurrà anche in una donazione all’UNESCO, volta a sostenere progetti culturali ed educativi per gli oltre 1,5 miliardi di studenti in tutto il mondo che hanno risentito della chiusura di scuole e università, e per un programma di cooperazione internazionale in ambito scientifico.
La prima Possible Conversation di Prada si terrà oggi pomeriggio alle 18:00 con il dibattito sul tema “La moda in tempo di crisi” e vedrà protagonisti Pamela Golbin, autrice e curatrice di Jacquard x Google Arts & Culture Residency, e Alexander Fury, Fashion Features Director di AnOther Magazine e critico di moda maschile del Financial Times. 

 

I librai sono lavoratori non simboli

Riportiamo l’articolo di Adalgisa Marrocco pubblicato su  https://Huffington Post

 

“Dunque, saranno le librerie ad assumere il ruolo simbolico di un Paese che dovrà pian piano ripartire, rialzando le serrande dal 14 aprile (eccezion fatta per Campania, Lombardia e Piemonte: regioni che hanno preso decisioni autonome in materia rispetto alle indicazioni dell’ultimo Dpcm). Ma a quali condizioni? E a che pro?

Il provvedimento dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) dare un po’ di ossigeno al comparto dell’editoria, in queste settimane praticamente fermo (come quasi tutti gli altri settori) non solo a causa della chiusura delle librerie. Anche gli store online, infatti, lavorano comprensibilmente a scartamento ridotto e l’evasione degli ordini è lenta. Diverse librerie di quartiere hanno provato a riorganizzarsi con la consegna a domicilio (si veda, tra tutte, l’iniziativa #libridasporto), ma i dati del settore parlano chiaro.

Se l’Associazione Italiana Editori (AIE), infatti, riferisce un crollo del 75% dei fatturati, l’Associazione Librai Italiani (ALI) fa eco lamentando perdite, per le librerie indipendenti, di 25 milioni. A poco sembrerebbe servita l’entrata in vigore, a fine marzo, della legge sul libro che, limitando lo sconto massimo sul prezzo di copertina, metterebbe (almeno in teoria) i piccoli negozi di quartiere in grado di competere coi giganti dell’online.

Ma la riapertura delle librerie servirà davvero a ridare slancio al settore? Difficile pensarlo. Va da sé che un negozio aperto possa vendere e incassare, mentre un negozio chiuso non può farlo, ma ci sono alcuni elementi da tenere in considerazione. Il primo è che il tessuto delle librerie di quartiere, negli ultimi anni, è stato letteralmente decimato. Dunque, nelle grandi città (per non parlare della provincia), per trovare una libreria aperta è necessario muoversi con i mezzi o con la macchina: spostamenti al momento non consentiti.

In secondo luogo, la libreria appartiene a quella tipologia di negozio che funziona se può essere “vissuta”. Difficile pensare che, allo stato attuale, i lettori possano serenamente muoversi tra gli scaffali, sfogliare volumi o scambiare opinioni col libraio. C’è poi da aggiungere che le piccole librerie hanno puntato molto, negli ultimi anni, sulle presentazioni e sugli eventi, attività purtroppo irrealizzabili ora, e chissà per quanto tempo. Queste variabili non sfuggono ai negozianti del settore: in diversi hanno già annunciato che, nonostante il via libera, non rialzeranno la serranda. Anche e soprattutto per non mettere a repentaglio la propria salute, quella dei dipendenti e dei clienti. Non è chiaro, infatti, quali misure vadano adottate per garantire la sanificazione degli ambienti (nonché dei libri) e la sicurezza di librai e lettori nella frequentazione dei punti vendita.

Nelle scorse ore, un gruppo di 150 librai (indipendenti e di catena) hanno redatto una lettera pubblicata da Minima&Moralia, in cui si legge: “Riaprire le librerie non può essere considerato un puro gesto simbolico, ma deve essere un’azione strutturata e gestita nella sua complessità, così come dovrebbe avvenire per tutte le altre attività necessarie alla vita sociale”.

“Tanti di noi hanno continuato a lavorare senza alcuna certezza di sostegno economico, ad altri non è stato possibile portare avanti il proprio lavoro nel quotidiano, ma non abbiamo mai smesso di fare cultura […] Ora non abbiamo intenzione di esporci al solo scopo di fingere una ‘ripresa culturale delle anime’ che ci potrà essere davvero solo quando sarà possibile la messa in sicurezza di tutti i corpi. In mancanza di garanzie sulle richieste qui avanzate molti di noi si riservano di non riaprire comunque l’attività nemmeno dopo l’entrata in vigore del decreto, finché non sarà possibile esercitare il nostro lavoro nelle condizioni e con le tutele adeguate”, si legge ancora nella lettera redatta da LED – Librai Editori Distribuzione in rete.

E come dichiara la stessa Associazione Librai Italiani , che pure ha accolto con favore il provvedimento del governo, sarebbero altre le misure di cui il settore avrebbe bisogno. “Chiediamo l’istituzione di un Fondo speciale con contributi a fondo perduto”, dichiara il presidente Paolo Ambrosini. Difficile pensare a misure drastiche, soprattutto in un periodo di crisi. Ma qualcosa, forse, potrebbe essere fatto su altri fronti.

Un’idea potrebbe essere quella di estendere il regime forfettario al settore dell’editoria: per le piccole attività significherebbe un taglio importante dei contributi previdenziali, che attualmente rappresentano una ‘stangata’ da quattromila euro l’anno. Un’altra possibilità potrebbe essere quella di un equo canone per l’affitto dei locali alle librerie, da compensare con una cedolare secca e un taglio dell’IMU per i proprietari”, mi racconta un ex libraio indipendente che, come altri colleghi, la saracinesca ha dovuto abbassarla due anni fa. Definitivamente.

Restituire alle librerie la loro centralità è encomiabile ma, al di là dei romanticismi, bisogna essere pragmatici. Perché i librai sono lavoratori, non simboli. Perché le librerie non sono solo luoghi di sogno, ma anzitutto luoghi di lavoro.

 
 

Saldi a settembre? un’ipotesi che sta facendo discutere

Cosa avverrà quando le serrande dei negozi riapriranno? La fase due dell’emergenza Covid-19 vedrà lentamente tornare alla normalità gli esercizi commerciali, all’incirca nel consueto periodo dei saldi estivi che quest’anno però potrebbero iniziare a settembre. Alcuni negozianti, si legge sul Corriere della Sera, intravedono la possibilità di vendere a prezzo pieno per tutta l’estate sperando in un’accelerata finale alle porte dell’autunno. L’idea tiene conto anche del fatto che probabilmente le città saranno piene durante i mesi estivi perché molte persone avranno già consumato le loro ferie. “Quando ho iniziato, nel 1979, la consegna della primavera era a febbraio e quella dell’estate a fine marzo. Sono stati il fast fashion e il pronto moda di Bologna a contaminare il mondo del lusso, che ha cominciato a seguire i tempi delle collezioni svelte: ora può essere il momento giusto per riportare la moda alle sue vecchie abitudini, per dare un minimo di respiro a una filiera che ha il fiato corto per la velocità che il sistema ha preso”, spiega Saverio Severini, storico agente di commercio, sulla scia di quanto auspicato anche da Giorgio Armani pochi giorni fa.

Perplessità dal fronte Confcommercio. Gabriel Meghnagi, presidente della rete associativa Vie Confcommercio Milano, ha un punto di visto diametralmente opposto: “Abbiamo preso in considerazione l’idea di farli a giugno, perché c’è dell’invenduto che rischiamo di trascinarci fino all’anno prossimo. Temo che dopo tutto quello che è successo le persone, senza saldi, non andranno a fare shopping”. A far scaturire queste riflessioni sembra esserci il timore che a settembre i clienti non abbiano voglia di comprare capi estivi, l’idea dei saldi anticipati sembrerebbe invogliare maggiormente all’acquisto. In attesa di nuove direttive statali il dibattito è ancora aperta.

articolo via pambianconews

Liceali salentini producono 700 visiere per gli ospedali con le stampanti 3D

È arrivato anche il plauso del Miur ad un gruppo di studenti di Galatina che in poche ore, coinvolgendo docenti, ingegneri e privati cittadini, hanno realizzato ben 700 visiere con le stampanti 3D da donare al personale medico degli ospedali pugliesi e del Sacco di Milano.

Continua a leggere