BankItalia, BankEtruria…
IL PERENNE “CONFLITTO D’ INTERESSI”…
NELL’ INTERESSE DI CHI ?
Si è fatto un gran parlare, amplificato a sproposito, da parte dei gazzettieri dell’informazione di regime e dei corifei del PD, del fatto che il Segretario del Partito da Presidente del Consiglio e la Ministra delle riforme, non abbiano esercitato nel 2014 alcuna pressione sui loro interlocutori della vigilanza bancaria per il salvataggio della Banca Etruria. Renzi e Boschi, secondo questa vulgata, si sarebbero limitati a chiedere a Ghizzoni, a Vegas, a Panetta, a Visco, solo un’informazione.
Ma non un’informazione qualunque, tipo che ora è o che tempo fa. No, la richiesta era diretta a conoscere se c’era un interesse a salvare la banca Etruria dal crac. A dispetto delle risibili giustificazioni addotte, hanno agito all’unisono avvalendosi del potere di influenza, insito nella carica istituzionale, per modificare il corso degli eventi senza riuscirvi.
Dopo le deposizioni di Vegas, Visco, Ghizzoni, Padoan nella Commissione parlamentare di inchiesta, durante le quali è precipitata al livello più basso la residua credibilità verso le istituzioni per le reticenze, le sottovalutazioni, i messaggi in codice, di coloro che avrebbero dovuto tutelare il risparmio dei cittadini, il popolo italiano ha la certezza che è stato messo in atto, con una manovra nascosta da maneggioni provinciali, al di fuori dei canali obbligatori di etica pubblica, un tentativo di coprire la voragine delle difficoltà della Banca Etruria non fosse altro perché il padre della Boschi, già multato, correva il rischio come vice presidente di essere chiamato a rispondere più pesantemente.
Sappiamo bene che la parola pressione indica una grandezza fisica definita che si manifesta in modo più o meno violento, ma nei rapporti umani da parte di chi detenga una carica di potere ed abbia a cuore una cosa per indurre qualcun altro ad esaudirne la richiesta, può assumere le vesti della sottile e allusiva scaltrezza che si avvale dell’influenza psicologica. Per l’umanità non c’è nulla di più forte del desiderio di un potente, anche se nascosto dietro formule di cortesia del tipo “nel rispetto della legge” oppure “si sarà grati se” oppure “si prega di”, oppure “si segnala che” ecc. E per chi abbia dimestichezza con le anticamere del potere è alquanto assiomatico che il desiderio di chi conta equivalga ad una forma di pressione rivolta ad un fine specifico, appena sotto la valenza di un ordine diretto.
Dunque è inutile che gli avvocaticchi di provincia, o i politici obbedienti al giglio magico, si affannino a negare che la Boschi abbia o non abbia esercitato alcuna pressione su Ghizzoni e gli altri. È un fatto accertato che la Ministra ha chiesto al responsabile della Consob ed a quello di Unicredit nonché al vice di Banca d’Italia di valutare la possibilità di un intervento su Banca Etruria, come è accertato che lo stesso Renzi abbia ripetuto l’intervento su Visco, e che addirittura il suo amico fidato Carrai abbia sollecitato Ghizzoni.
Tutte queste cose non sono state rivelate subito, quando in parlamento fu discussa una mozione di sfiducia, da chi ne era a conoscenza che invece sottacendole si è sempre ostinato a negare il conflitto di interessi ed il peccato di inopportunità politica; esse sono venute fuori, dopo un anno, a brandelli in un tipo di confessioni a grappoli solo perché vari interlocutori le hanno rivelate alla Commissione di inchiesta. E questo nonostante che l’organo presieduto da Casini, sebbene pubblicizzato come avente gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria, non sia stato abbastanza autorevole nel richiedere ai testimoni di dire tutta la verità sotto giuramento (altrimenti ne avremmo udito delle belle) e si sia banalmente accontentato di ammissioni velate e parziali, in qualche caso di dichiarazioni da barzelletta (Visco ha riferito che riteneva che Renzi scherzasse quando gli ha chiesto di Etruria), in qualche altro di scusanti puerili (per Ghizzoni l’interesse della Boschi, che semanticamente non equivaleva a una pressione, era rivolto a proteggere gli orafi aretini).
Tuttavia il quadro di insieme che ne è venuto fuori fa inorridire il cittadino comune per la protervia e l’arroganza del potere, riassumibile nella dichiarazione di Renzi, manco fosse il papa, che la questione Boschi è chiusa, come soleva asserire l’espressione canonica “Roma locuta, causa finita” senza lasciare spazio a sofismi interpretativi in merito alla volontà di mantenerla a guardia di Palazzo Chigi e di ricandidarla alle elezioni.
A questo punto è bene fare un passettino indietro per richiamare alcuni principi costituzionali che sono: l’interesse pubblico, la tutela del risparmio, l’onore della pubblica autorità e il conflitto di interessi.
Interesse pubblico. Il Presidente del Consiglio e i Ministri, prima di assumere le funzioni, giurano, come previsto dalla Costituzione (art. 93), in modo solenne nelle mani del Capo dello Stato con una formula priva di ambiguità (…di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione). Senza tanti giri di parole questo significa che i Ministri possono agire solo nell’interesse esclusivo e generale del paese e non di questo o quel territorio, di questa o quella o categoria. Se, dopo tante reticenze, la scusante addotta dalla Ministra Boschi di aver parlato con Vegas e con Ghizzoni per proteggere gli orafi aretini, clienti di Banca Etruria, fosse vera, sarebbe una palese violazione della Costituzione e del giuramento.
Tutela del risparmio. L’art. 47 della Costituzione afferma che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. E come viene tutelato in tutte le sue forme il risparmio di milioni di cittadini che hanno messo da parte i sacrifici di una vita, se di colpo tutti i loro averi vengono azzerati? È questo il modo di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito da parte di Banca d’Italia e di Consob che non hanno visto il fraudolento condizionamento imposto per l’erogazione di mutui all’acquisto di obbligazioni derivate, che non sono intervenute tempestivamente con il Governo e con la Magistratura?
Onore. La nostra Costituzione impone l’onore come una divisa d’ordinanza a chi abbia una pubblica responsabilità. La formulazione dell’art. 54 (i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche sono tenuti al rispetto del dovere di adempierle con disciplina ed onore) è adamantina e non può essere soggetta a interpretazioni di comodo. In tempi come questo, in cui chi meno ne ha più se ne vanta, è bene dunque soffermarsi sull’argomento dell’onore, che è una dignità personale, derivante dalla altrui considerazione e strettamente correlata alla carica, alla professione, alla funzione nella società, all’età, alla formazione culturale ecc. Pensatori e scrittori non hanno esitato a dire che «L’onore è come l’anima: non ritorna nel corpo dal quale si è separata» (Publilio Siro), oppure che «La gloria la si deve acquistare, l’onore invece basta non perderlo» (Schopenhauer), oppure che «L’onore lo si può solo perdere» (Cechov), oppure «La stima vale più della celebrità, la considerazione più della fama, l’onore più della gloria» (Chamfort).
Conflitto di interessi. Sin dall’antichità il conflitto di interessi è stato considerato come il principale fattore di inquinamento del corretto rapporto tra Stato e cittadino, sorta di culla della corruzione. Esso si verifica quando un soggetto, titolare di un’alta responsabilità, abbia degli interessi personali, di qualsiasi natura, non solo monetari o di carriera, ma anche di carattere affettivo, in conflitto con l’imparzialità richiesta dalla legge per l’espletamento delle funzioni connesse alla carica. Il verificarsi del conflitto di interessi non costituisce di per sé una prova che siano state commesse scorrettezze, ma può dar luogo ad un’indebita agevolazione o protezione di interessi particolari nel caso in cui l’interessato non ne faccia autodenuncia esplicita, lasciando che esso finisca per influenzare il risultato di una decisione. In altre parole, dall’esistenza del conflitto di interesse non denunciato discende una condotta impropria soprattutto quando l’autorità al centro della vicenda compie atti, o lascia che altri li compiano, suscettibili di procurare un vantaggio per qualcuno. Il che significherebbe la negazione dell’imparzialità dell’amministrazione della cosa pubblica che deve essere rivolta unicamente al bene collettivo. Tanto per sottolineare come il senso dello Stato sia in ogni tempo in antitesi con il conflitto di interessi, soprattutto per chi riveste posizioni di rilievo nella politica e nella società, basta richiamarsi al diritto romano: oltre due mila anni fa, la legge Giulia, varata dal Senato romano nel 218 a. C., in piena seconda guerra punica contro Annibale, proibiva ai senatori ed ai loro figli di possedere navi che trasportassero più di 300 anfore, dato che l’attività del trasporto marittimo di derrate alimentari, totalmente in mano al patriziato, era l’attività economica più redditizia.
Sant’Agostino d’Ippona inglobò nell’assioma filosofico della colpa, della caduta morale, tipico della cultura latina, il concetto che l’insistenza nell’errore fosse il frutto della superbia satanica (humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere) e questa locuzione si attaglia a pennello a Renzi che insiste nell’inanellare errori politici ed alla Boschi che ha spudoratamente dichiarato di sentirsi del tutto scagionata dalla deposizione di Ghizzoni sulle affermazioni di De Bortoli che invece aveva scritto esattamente quanto riferito in Commissione d’inchiesta dall’Amministratore di Unicredit.
La Boschi con la nascita del governo Renzi, nella primavera del 2014, fu nominata Ministro per riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento. Dunque per quale motivo si è occupata così attivamente della Banca Etruria, terreno di attività esclusivo del Ministro delle Finanze che ne riferisce solo al Presidente del Consiglio?
I soliti avvocati delle cause perse hanno tentato di accreditare la versione dell’assenza di conflitto di interessi ricordando che durante le sedute del Consiglio dei Ministri dedicate all’esame delle questioni bancarie la Boschi fosse assente. Ma questa circostanza, invece, conferma proprio la presenza e la cognizione del conflitto di interessi per nulla evitato dalla legge Frattini, utilizzata in passato da Berlusconi che da presidente del Consiglio prima fissava l’ordine del giorno dei lavori includendovi gli argomenti che gli facevano comodo e poi usciva dalla sala quando la discussione arrivava al punto che coinvolgeva i suoi interessi personali.
D’altra parte i provvedimenti sulle banche erano noti alla Ministra Boschi che, come tutti gli altri Ministri, aveva ricevuto prima della seduta tutta la documentazione di supporto, né è credibile che la stessa Boschi non avesse esaminato la questione anche in famiglia dato che è provata la sua partecipazione in una riunione nella villa paterna di Laterina a marzo 2014 insieme all’Ad e al Presidente di Veneto Banca, alla presenza del papà vice presidente di Banca Etruria. Su tutto questo la Ministra Boschi ha taciuto. Il conflitto di interessi della Boschi è dunque un problema politico enorme, dal quale non può più sfuggire.
Infine il Ministro Padoan nella sua deposizione in Commissione ha chiarito di non aver dato alcun mandato a chicchessia e che nessuno gli aveva chiesto l’autorizzazione a parlare di banche e che era venuto a conoscenza dei maneggi della Boschi solo dalla stampa. Da queste affermazioni verbalizzate si deduce che la Boschi parlasse ad altri all’insaputa del Ministro Padoan, che è l’unico titolare istituzionale della questione, ma di concerto in qualche modo con il presidente del Consiglio, suo nume tutelare.
C’è anche la scoperta dell’ultima ora sopra accennata su un intervento di un esterno al governo,ma con forti legami di amicizia sia con Renzi che con Boschi. Nella sua audizione Ghizzoni ha svelato l’esistenza di una mail inviatagli il 13 gennaio 2015 da Carrai, il fido amico di Renzi, secondo cui su Etruria gli era stato chiesto di sollecitarlo per una risposta.
A quale titolo Carrai rivolge una sollecitazione a Ghizzoni sulla Banca Etruria? E soprattutto usando il vocabolo “sollecitare” a quale originario intervento si riferiva? La scusante puerile è che volesse difendere gli interessi di un investitore, preoccupato della situazione della Banca, mentre seguendo il filo della logica può solo interpretarsi come seguito concreto alla richiesta originaria della Boschi.
Ricapitolando, Boschi ha interferito con le autorità di vigilanza (Vegas di Consob e Panetta di Bankitalia) con il capo di Veneto Banca (Consoli) e di Unicredit (Ghizzoni) che, pur avendo parlato decine di volte con Padoan, mai lo aveva informato della richiesta della Boschi; Renzi da parte sua ha appoggiato la richiesta di Boschi con Visco che non gli ha risposto credendo che scherzasse e Carrai ha sollecitato Ghizzoni a dare una risposta.
Il quadro è completo. Solo un cieco può ignorarlo.
Torquato Cardilli