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Berserk e l’epoca d’oro (v.m.18 anni): trent’anni fa

Un’epoca d’oro per chi leggeva e chi vendeva fumetti

E’ morto da pochi giorni Kentaro Miura, famosissimo mangaka che ha fortemente influenzato la mia generazione. In molti hanno scritto riguardo il suo fumetto più famoso ovvero Berserk: io mi fermerò a parlare della prima parte del fumetto. Quando avevo 19 anni ero appena uscito dalle superiori ed  avevo cominciato a collezionare Berserk per ciò che riguarda la fumettistica giapponese e Spawn per la fumettistica americana. Dati i disegni gotici e la grafica che di volume in volume diventava sempre più bella ben presto mi dimenticai di Spawn (Mc Farlane good-bye). Il fumetto è comunque molto violento e non lo consiglio ai minori di 18 anni.

Un’epoca d’oro in un epoca d’oro ( ovvero 30 anni fa)

Gatsu, il protagonista, (Guts in inglese, il cui significato è budella/stomaco) col suo nero spadone, Ecatombe viene nominato in alcune vignette per le vittime che affetta, era il mio eroe ideale, sempre pronto a una nuova avventura e a nuovi spargimenti di sangue: tutto questo malgrado le ossa scricchiolanti, i denti stretti e la voglia di vendicarsi contro un creato tanto diverso dal senso di giustizia che si portava dentro (e chissà da dove lo aveva preso?).

Erano i tempi della squadra dei Falchi, la compagnia di mercenari dove finalmente Guts aveva trovato una casa, dopo una nascita da una donna impiccata e un’infanzia  pessima tra esempi genitoriali veramente deprecabili (Gambino, il suo padre adottivo, meriterebbe una storia a parte per la cruda freddezza con cui lo aveva allevato).

La storia è più complessa di quel che sembra all’inizio, e Gatsu decide di lasciare Griffin, il capo della squadra dei Falchi, qualcosa dentro di lui cambia e vede  chiaramente che deve trovare una sua via lontano dai campi di battaglia: decide di lasciare lo squadrone e seguire una sua strada andando ad allenarsi sui monti (tema caro di molti fumettisti giapponesi).

Caska, in un certo senso l’eroina del fumetto, anche perché è l’unica donna dello squadrone e spesso finisce nei guai, se la prende spesso con Gatsu perché in fondo le piace; vi sono poi nella trama elementi sovrannaturali, nella forma di mostri al di là di ogni comprensione che però appaiono solo qualche volta, nella prima parte della storia ancora il mondo presenta un forte contatto con una realtà medievale e occidentale e a parte le armature improbabili era facile sentirla come nostrana.

E poi il massacro e il sacrificio di (quasi) tutti i buoni.

Quando torna da questo viaggio catartico la situazione è peggiorata:  Griffin  è andato fuori di testa (diffida di uno che si chiama grifone!) e il re delle Midlands (Terre di mezzo? Possibile che in tutti questi mondi fantasy il paese della storia si trova sempre al centro?) vuole liberarsi di lui tanto che Guts lo trova che è stato torturato e non può più muoversi per le troppe ferite ma soprattutto per i nervi recisi. Comincia una lunga fuga in cui si trova ciò che resta dello squadrone dei Falchi, ovviamente qui Kentaro Miura fa sperare che i personaggi migliori se la caveranno ma non sarà così, perché Griffith richiama, attraverso il suo amuleto bejelith (una via di mezzo tra un uovo e una pittura cubista) una serie di divinità ancestrali nel numero di quattro, a cui lui si va ad aggiungere diventando il Quinto della Mano di Dio (e non è un film con Bud Spencer).

Bentornato Hellraiser (Chi se lo ricorda il primo film?)

Questa allegra combriccola sembra uscita dalla prima pellicola di Hellraiser e ce ne è per tutti i gusti: il capoccione alieno con poteri paranormali, il nanetto con le mani sempre intrecciate, la donna sensuale con le ali da Succube. Griffith in sostanza per potersi trasformare deve sacrificare tutti i suoi uomini che muoiono in uno scenario apocalittico della peggior specie, consumati da mostri partoriti da una fantasia aliena, tanto che non sfigurerebbero in un manga di Go-Nagai, soprattutto in Devilman o Mao Dante. Si salvano soltanto Guts e Caska perché interviene un agente esterno, il Cavaliere del Teschio, che rompe l’incanto del paesaggio sovrannaturale riportandoli nel loro mondo di origine.

E questa è solo la prima parte della storia in ordine temporale di una storia lunghissima e intervallata dalla lunga malattia e poi dalla morte dell’autore.

L’opera a confronto con altri capolavori orientali ed occidentali del fumetto.

Berserk é un’opera complessa che merita grande attenzione per cui il paragone in oriente non può che essere il grande Devilman di Go Nagai, con cui condivide le profonde sfumature dei personaggi e l’azione bruta e crudele, ma soprattutto l’introspezione dell’umanità in quanto tale con i suoi limiti, le sue paure e i suoi slanci; per ciò che riguarda i fumetti occidentali (di cui non sono un grande esperto) l’unico paragone valido è il Sandman di Neil Gaiman e il Watchmen di Alan Moore e penso questo in relazione a quanto queste opere abbiano influito sull’immaginario collettivo di chi le leggeva.

Berserk come riferimento per il fantasy moderno.

Berserk con i suoi toni maturi è diventato un importante punto di riferimento per il genere fantasy contemporaneo con il suo essere un fumetto maturo, dark e granguignolesco, in cui gli uomini mostrano il meglio e il peggio di sé, tanto che quando le loro facce si deformano assumono pose che dovrebbero far inorridire i mostri, che ringraziando il cielo pensano solo a cibarsi di loro e sopravvivere allo spadone del protagonista.

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                                                                          © Spuntarelli Francesco

 

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