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Bilancio europeo 2021-2027: un risiko per l’Italia

NEXT  GENERATION EU …..

________TORQUATO CARDILLI 

È da una settimana che al popolo italiano viene data un’informazione generica sul veto che Polonia e Ungheria avrebbero minacciato al bilancio europeo 2021-2027. 
La questione non è cosa da poco, ma non mi risulta che i parlamentari e i grandi mezzi di informazione, che si accapigliano su tutto, abbiano spiegato con chiarezza il perché di questa mossa che impedirebbe non solo l’utilizzazione di nuovi fondi per il funzionamento dell’UE (consentendole una specie di “prorogatio” del bilancio in essere), ma anche del nuovo programma europeo, denominato Next Generation Eu, cioè l’intero pacchetto di 1.800 miliardi di euro di aiuti decisi dalla Commissione europea, compresi i famosi 209 miliardi (di cui metà a dono) destinati all’Italia. 

E qui bisognerebbe aprire un altro capitolo sull’ubriacatura generale che respiriamo nel considerare questi soldi come già in cassa e che invece, se ci saranno effettivamente consegnati, non arriveranno prima dell’inizio della prossima estate. 
Ma torniamo alla questione iniziale. 

La ragione di questo inqualificabile atteggiamento dei predetti paesi sovranisti, incomprensibile tra alleati che condividono sulla carta gli stessi ideali, soprattutto in epoca di pandemia, va ricercata nel fatto che due settimane fa il Parlamento europeo e il Consiglio europeo, rappresentato dalla presidenza della Germania in scadenza al 31 dicembre, avevano concordato in via preliminare sulla introduzione di un meccanismo operativo che impedisse l’accesso ai fondi europei a quei Paesi che non rispettano lo stato di diritto.

Questo meccanismo, che di fatto impedirebbe a Ungheria e Polonia, che hanno limitato per legge l’indipendenza dei media, della magistratura e dei diritti civili, di accedere non solo ai fondi del pacchetto Next Generation Eu, ma anche a quelli generali previsti come erogabili dal nuovo bilancio dell’Unione.

Il provvedimento, approvato dopo un appassionato dibattito nella seduta plenaria del Parlamento europeo, necessita ora dell’approvazione formale del Consiglio dei 27 paesi membri, ma gli Ambasciatori di Ungheria e Polonia hanno messo le mani avanti preannunciando il veto dei rispettivi Governi alla inclusione della condizionalità del rispetto dello stato di diritto. 

Il bluff o il crac dell’Europa si consumerà nella riunione del Consiglio dei capi di Stato e di Governo, prevista per il 10 dicembre, in cui il premier ungherese Orban e quello polacco Morawiecki (gli amici della nostra destra più retriva) anziché smentire quanto anticipato dai loro ambasciatori lo confermeranno, forti del sostegno di un nuovo alleato. Si tratta del premer sloveno Jansa che, oltre ad aver marcato una distanza da tutti gli altri partner europei per essersi congratulato con Trump (et pour cause) dato vincente nelle elezioni americane, ha vergato una dichiarazione in puro stile comunista secondo cui alcuni gruppi politici starebbero minacciando l’utilizzazione strumentale dello “stato di diritto” per disciplinare i singoli Stati membri dell’UE attraverso un voto a maggioranza.

Come noto le decisioni del Consiglio europeo vengono assunte per consenso, cioè decise all’unanimità e anche se il gruppo maggioritario volesse perseguire la strada del voto scontando i due (o tre) voti contrari c’è il rischio che si ripeta quanto accaduto nel 2015 quando Ungheria e Polonia rifiutarono categoricamente di concedere accoglimento nemmeno ad un migrante. 
Dunque ci si trova nel cosiddetto impasse. Come uscirne? È da escludere che l’Europa possa accedere alla richiesta polacco-ungherese di togliere la condizionalità dello stato di diritto, perché questo significherebbe una sonora sconfitta per l’Unione e per quanti credono nella democrazia applicata e non solo declamata.

I 25 (o i 24) potrebbero stipulare un accordo intergovernativo, andando al di là dei trattati europei per creare il fondo Next Generation Eu valido solo per loro. Ma anche questo sarebbe un primo passo per la distruzione del castello europeo. 
Dunque si intravede lo spettro della chiamata del bluff: cioè i 25 o i 24 voterebbero a maggioranza qualificata nel Consiglio per l’introduzione del meccanismo di condizionalità, tagliando Polonia e Ungheria fuori da tutti i fondi del bilancio Ue, non solo quelli del 2021-2027 ma anche quelli che Budapest e Varsavia devono ancora ricevere del bilancio corrente (2014-2020).

Sarebbe il punto di non ritorno, a meno che non prevalga nella Germania un atteggiamento alla democristiana: traccheggiare nella speranza che il fattore tempo dia i suoi frutti, lasciando la gatta da pelare ad altri, mentre l’Italia assumerà la presidenza del G20 dal 1° gennaio 2021. Non concludere nulla nella speranza che, con il passare dei mesi, l’intransigenza dei sovranisti si ammorbidisca contando sul fatto che le loro opinioni pubbliche già protestano all’dea del possibile inaridimento dei flussi degli aiuti europei, rappresenta per l’Italia un vero e proprio risiko.

Non so voi, ma l’informazione italiana che si scalda tanto per la dichiarazione del senatore Morra e non dice nulla sull’inqualificabile censura applicata dalla Rai al Presidente della Commissione Antimafia è quella di un paese che tradisce i principi della democrazia e i valori costituzionali, avvicinandosi a quella cara da Orban.

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