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Bruno Caruso un occidentale in Vietnam

“L’analisi della Situazione del Mondo oggi manifesta che il secolo passato, il Novecento, ha lasciato irrisolti problemi e significative tracce, molteplici, profonde, multiformi, a fronte delle quali troviamo poche soluzioni risolte. Sebbene molte sono state le vie intraprese anche nonostante e contro i maggiori egoismi e esclusioni che sembrano la norma, per lo sviluppo della persona e le nuove generazioni. La Situazione del Mondo passata e presente ha prodotto sforzi spesso riduttivi rispetto alle prospettive dei primi sette decenni del Novecento e delle successive previsioni nell’ultimo cinquantennio. L’esame, l’analisi, rivedere Il Diario del Mondo e la Situazione, le occasioni mancate tanto nei regimi totalitari quanto nei regimi a carattere democratico, ed esaminare le trasformazioni in luoghi e nel tempo con le voci dei protagonisti, ci permette una disanima più esaustiva, previsionale e a carattere universale.”

Raffaele Panico

Bruno CARUSO un Occidentale in Vietnam. Una intervista – maggio 2005
Redazione testo a cura di Raffaele Panico

Bruno Caruso e l’Arte

Caruso, nato a Palermo l’8 agosto 1927, è scomparso il 4 novembre 2018 a Roma, all’età di 91 anni. Si vuole ricordare una intervista inedita che si è svolta nel suo studio artistico, dove si trova la finestra sul Teatro Marcello, al centro di Roma, ricorrente nelle sue lezioni su l’arte, e dove il pittore Bruno Caruso spiega i suoi rapporti con Giorgio De Chirico di fronte ad una sua tela dipinta che reinterpreta l’opera “Isola dei Morti” di Boecklin, in cui Caruso aveva sovrapposto un ritratto dell’amico pittore.

Ma l’abbinamento alla pittura di Boecklin, e all’Isola dei Morti, non piaceva a De Chirico, questioni di “iella” sorride e spiega Caruso.

Il suo studio, la finestra sul Teatro di Marcello, ricorda il suo programma Rai Scuola lezioni su come si realizza un dipinto.

Bruno Caruso e la Politica attiva
A Bruno Caruso non bastava essere un comunista da scrittoio o in campo artistico.
Perciò, con la benedizione dell’allora Alta dirigenza del PCI, va proprio sul peggior fronte militante del comunismo nel mondo, in Vietnam, affiancando la popolazione che si difendeva dalle bombe americane.
L’argomento vien fuori di fronte ad una “pizza” rotonda metallica contenente vecchia pellicola oltre di 30 anni girate da militari Vietcong: la battaglia di Hanoi.

Caruso racconta che a Parigi, al rientro dal Vietnam, fu fermato dalla polizia che gli fece aprire il contenitore: “sospettavano una mina…” ricordi tra i sorrisi.

Descrive nei dettagli la vita in Vietnam durante la guerra, estremamente operosa. Anche i civili sopportavano bombardamenti distruttivi. I caccia americani potevano essere abbattuti con armi leggere e riuscì circa 3.600 volte… e racconta di un combattente che fece centro abbattendo oltre 100 aerei americani da solo, fucile alla spalla, diventando un eroe nazionale.
Ma i B52, le fortezze volanti distruttive, quelle volavano a 14.000 metri, perché gli americani sapevano che i vietcong erano equipaggiati dai russi con missili Sam che arrivavano fino a 12mila metri. Caruso racconta come i Viet, ingegnosi, cambiarono il propellente dei missili e superano i 14mila metri.


Nella “Battaglia di Hanoi” furono abbattuti ben 14 B52, caduti anche sulla città col proprio carico di bombe.

Caruso racconta quando conobbe il generale Giap; parlava francese, era molto anziano. Poi, a guerra finita, incontra anche altri, il capo del partito comunista del Vietnam. “Ma non conobbi Ho Chi Minh, lui era già morto. Giap era all’opera già al tempo dell’occupazione dell’ambasciata americana”… qui appare un senso di mancata promessa del comunismo, di un mondo migliore, si avverte e vacillano le premesse fondanti, nell’artista, che si racconta, e la denuncia dell’artista risentirà poi nelle opere di un certo vuoto ideologico.
Aggiunge particolari e aspetti quotidiani poco noti della guerra. La guerra era anche sotterranea, i camminamenti scavati sotto i campi americani. “I Vietcong mi organizzarono un appuntamento con militari Viet nella periferia di una cittadina dove c’era la giungla, in prima linea. L’incontro era alle 5.00 del mattino, i Viet erano tutti rigorosamente in giacca e cravatta, in Italia io ero abituato alle riunioni della nostra sinistra che appoggiava i Viet in eskimo e jeans. Loro volevano sapere da me molte cose del PCI. Erano contenti che un occidentale fosse giunto tra loro”.
“Quando arrivai io, la guerra era iniziata con armi medioevali in bambù, appesi con aculei a scatto. Un contadino era perfino riuscito ad addestrare sciami di calabroni giganti, scatenandoli contro soldati USA, con diversi morti. E le trappole, bombe sistemate sul passaggio delle truppe. Iniziò con mezzi medioevali e poi arrivarono le armi russe e cinesi”.
Aggiunge particolari importanti: “I loro rapporti con i russi non erano dei migliori, un po’ meglio con i cinesi; perché i Viet osteggiano le interferenze internazionali nella loro guerra. Tutti erano impegnati nella guerra, donne, bambini, vecchi. Un impegno nazionale per un regime comunista. Poi il regime si attenuò con la fine della guerra e oggi in Vietnam è cambiata l’ideologia.
Alla domanda: “Gli USA l’hanno guardata con sospetto? È mai tornato negli Stati Uniti?”, risponde: “No. Non sono tornato negli USA… Sentivo anche un profondo risentimento verso chi usò le armi chimiche, il napalm, i finti giocattoli esplosivi per i bambini, una guerra terrificante con i micidiali desfoglianti, senza regole e senza scrupoli”.
“A guerra finita c’ero durante le trattative per recuperare i prigionieri, ma non parlavo con gli americani… Mai incontrati americani favorevoli alla guerra.’’
“La Battaglia di Hanoi? Ho una pellicola con le riprese filmate dai militari, ma dopo 30 anni forse sono inutilizzabili. Erano riprese riservate ai militari. C’erano le riprese della città, divisa in due zone: diplomatici e abitanti”.
Caruso era infatti tenuto al sicuro dai militari che si occupavano della sua sicurezza. “Ho visto da vicino un bombardamento solo mentre ero in Laos. Racconta come arrivò lì: “Partito in aereo da Roma a Mosca, lasciai poi la capitale russa da un aeroporto militare con un aereo ad elica destinazione Vietnam, ma sbarcati tra il Laos e la Cambogia. Poi un altro aereo fino in Cambogia. Lì in quel momento c’era ancora il re Siaruk, ma era attivo un leader che preparava il terreno a Pol Pot”.
“Dicevo del bombardamento in Laos, ma i Viet mi portarono al sicuro… In effetti i bombardamenti li ho vissuti e subiti di più in Italia, durante seconda guerra”.

Alla domanda: “Lei, Bruno Caruso, è l’unico italiano, forse l’unico occidentale, che abbia vissuto gli ultimi anni di guerra tra Usa e Vietnam, nel Nord del paese…’’, risponde: “In realtà c’erano anche altri giornalisti occidentali (n.d.r.: fa dei nomi)…. Anche dell’Unità. Anche testimonial come Jean Fonda, l’ho incontrata oltre la diga colpita… e c’era Ioris Stevens che anni prima cantava in Olanda proprio di una diga… e fischiettai la sua canzone, lui trasalì, forse pensando che fosse un suo ricordo che gli risuonava nella testa! Direi che certamente non si accorse che ero io a fischiettarlo!”
La quotidianità della vita in Vietnam
“… Alle 4.00 ero già sveglio, alle 5.00 già fuori. Una volta ebbi un incontro con il Presidente a quell’ora. Tutto il Vietnam faceva la pennichella tra le 14.00 e le 15.00… ovvio, non i posti di guardia!”
“I suoi libri?”
“Sono stati precedenti al mio viaggio, con foto di agenzie stampa sia russe che cinesi”
Racconta del periodo in cui dava un sostegno militante alla guerra ed era attivo nei comitati pro Vietnam, nei comitati d’azione per il Vietnam.
Alla domanda: “Lei era un militante del PCI…” risponde senza esitazioni: “Sì! Devo dire mi ha mandato proprio il Pci”
“Lei da comunista pensa che esista un comunismo occidentale e uno orientale? E che differenza c’era tra essere un comunista italiano o del Vietnam?”. Risponde: “Da noi c’era un ammorbidimento delle posizioni. Io godevo della fiducia dei Viet avendo aderito alla loro visione. Allora il comunismo diventa un forte collante, crea coesione quando si combatte, armi alla mano.”
E alla domanda: “Visto che il comunismo occidentale è finito, Lei ha fiducia in un comunismo orientale?” esprime la sua chiara opinione: “No! Veda la Cina… Ideologicamente, proprio No! Vede, di idee ce n’erano, ma non vedo prospettive oggi.”

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