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Bruno Cicognani, uno scrittore trascurato

Riscoprire l’Italia e gli Italiani

Un titolo recentemente proposto dall’editore Polistampa è un’opera di Bruno Cicognani, scrittore italiano assurto agli onori della stampa all’inizio del 1900, poi bruscamente lasciato nel dimenticatoio. Ma l’editore suddetto ha la sagacia di andare a ricercare le eccellenze nostre, ed ecco qui fresco di uscita “La Velia”, romanzo dai sapori forti, che quando si offrì la prima volta fece scandalo.

L’appiattimento cantilenante e macchiato di indifferenza di altri scrittori esecutori di prodotti di mercato similstranieri o consono al pensiero unico da disco rotto hanno sgomitato questo piccolo e trascinante capolavoro, questo vivido ritratto della borghesia, ma anche dell’umanità imperfetta e generosa di un’Italia né schiava, né eroina, ma immensamente reale .

Velia è una giovane povera piena di iniziativa, che riesce in grazia delle sue doti prima ingenue, poi coscienti, a salire la china del benessere per poi tutto abbandonare per amore, un amore inatteso, diverso dall’incidentale al quale si era adeguata per superficialità o desiderio di ricchezza. E’ una ragazza che appare calcolatrice ed in parte lo è, ma nel suo nucleo è tesa a trovare se stessa ed a completare quel sussurro interno che la spinge al di là del limite allora stabilito in voce piena fisica e spirituale, improvvisamente scoperta osservando un gesto di tenerezza fra una madre e suo figlio.

Il libro contiene tutti i sentimenti possibili e plausibili perchè di ognuno si trova ragione, e contiene personaggi che potrebbero anche viverci daccanto, pensati più per se stessi che per l’immaginazione dell’autore. Il filo conduttore è il canto: quello di una natura libera e pulita, opera d’arte anche nel gelo o nella nebbia, quello dell’uccello che lega l’espressione della sua passione all’infinito nel quale si libra, quello del sentimento di un amore nuovo risvegliato dall’inconscio che porta via come il vento di maggio e coinvolge anche gli altri come stadi preparatori di questa trasmutazione.

Già qua e là preparato nei variegati racconti dello stesso Bruno Cicognani sempre editi da Polistampa, Velia rappresenta il culmine della sua maestria inventiva e linguistica, per le velature di quadri ambientali, nelle pennellate a corpo per evidenziare reazioni e razionalizzazioni di avvenimenti, per i complessi ariosi di atteggiamenti ed atti che fanno cornice alla creazione delle singole figure. Lasciamo ai ricercatori paragoni e paralleli con altri, che, come antecedenti o collaterali indubbiamente potranno alla lontana ricordare la genesi tutta italiana dell’opera e del suo autore, e per il quale c’è da andare orgogliosi: questo è un romanzo da tenere con sé, Cicognani è un autore da ammirare come fino agli anni settanta lo è stato, quando ancora si era colti e si sapeva lasciarsi colpire, ferire, abbracciare da ogni singola parola del nostro volgare e, citando Florenskji, dalla sua magia. Il libro “La Velia” ha uno scopo incantevole, quello di dimostrare che, bello o brutto, felice o infelice, carnale e spirituale, l’amore è il vero padrone di ogni vita, il Mago bianco che fa trasmutare, è la guida talvolta mai riconosciuta di ogni percorso, è l’umile e colorata viottola di campagna che passo dopo passo ci fa rivelare grandi perchè umanamente figli di qualcosa d’immenso.

Marilù Giannone

 

L’opera è curata dalla Prof. Maria Panetta, dell’Università Roma Tre per la Letteratura italiana contemporanea.

Bruno Cicognani, di famiglia filocarbonara ed anti tirannica, è nato a Firenze il 1879 ed è morto quasi centenario, dopo aver scritto moltissimo: oltre a La Velia, che è considerato il suo capolavoro, si ricordano di lui “Villa Beatrice”, ” Il soldato Pendino”, “La Nuora” ed una buona quantità di racconti ed opere teatrali, la più nota delle quali è “Yo y el Rey” che molti critici per lo stile avvicinano alle opere di Claudel. In realtà, dopo il primo incontro con il mondo della critica, che non lo comprese subito, è evidente l’impronta neorealistica del Cicognani, con un’aderenza alla fede cristiana espressa senza quel misticismo spesso noioso di  autori naturalisti italiani e francesi, e con migliori e più ricchi esiti narrativi ed attenti al carattere dei suoi personaggi. Nella sua vita Cicognani ha soprattutto amato i classici ed ha studiato scienze mediche con particolare riguardo alla psichiatria, anche se la scelta finale dei suoi studi è stata quella delle Scienze Sociali. Un difetto che gli si può attribuire è quello del regionalismo, se non si nota che in quel momento era quasi un passo dovuto, una moda, come lo fu di Verga o di Capuana. Secondo il Cecchi Cicognani dà completa visione della sua eccellenza quando si affida al mondo infantile ed ai ricordi che, generati dal puro sentimento per i suoi soggetti, esprimono con più pienezza le narrazioni, indubbiamente spesso fantasiose e composte con grande semplicità, che sfiora il lirismo. (L’età favolosa)

Osservatore del suo tempo, Cicognani fu amico di Papini, Cecchi, Pea, ed ammirò moltissimo Carducci così come Marinetti, D’Annunzio, Pirandello: uno scrittore, dunque, che come questi costruì il mondo italiano fino agli anni ’70 dello scorso secolo senza l’intento psicologicamente decostruttivo di un Moravia e senza la circoscrizione di altri scrittori per il mondo minimalista incalzante.

M:G:

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