Centenario della nascita di Carlo Alberto Dalla Chiesa
Un prologo tutto italiano dal Regno alla Repubblica
Carlo Alberto Dalla Chiesa è nato nella Patriabella, la patria monarchica, oggi siamo il Belpaese. Italia Una, senza mai dubitare sulla Res Publica dato che è anche più antica di Casa Savoia, la quale trovasi tra le più nobili e antiche famiglie e corti d’Europa viste col nascere dei rapporti regali dopo i regni Romano-barbarici dai re merovingi in poi. Occorre, pertanto legare il nodo gordiano rescisso durante una e più nefaste scelte avvenute negli anni Trenta e Quaranta, come questo, se non attraverso la storia e il vissuto degli Eroi della Patria! La storia della civiltà passa in rassegna e ritorna sempre da Noi, nell’Italia, dai confini segnati dall’ottimo Cesare Ottaviano Augusto. Torniamo al presente! Saluzzo è la cittadina sabauda-piemontese che gli ha dato i Natali il 27 settembre 1920. Il padre Romano è stato ufficiale dei Carabinieri come il fratello Romolo anch’egli nell’Arma, e i nomi di battesimo è evidente richiamano la Patria antica bi-millenaria appena succitata, come Carlo Alberto, chi non sa è nome di un Re del regno sabaudo.
Triste per la vita militare è la chiamata in guerra trattandosi della Seconda guerra mondiale, guerra acclamata e forse pensata ma in fondo non voluta e in fondo anche subita, guerra non risorgimentale come la Prima che per Noi italiani era difatti a pieno titolo la IV guerra d’Indipendenza dallo straniero.
Finita la guerra Carlo Alberto Dalla Chiesa ottiene una promozione, due croci al merito di guerra, partecipe a tre campagne di guerra, oltre una medaglia di benemerenza per i volontari della Seconda guerra mondiale e un distintivo della guerra di Liberazione. Si laurea in giurisprudenza, all’Università di Bari dove, successivamente, consegue anche la laurea in scienze politiche.
L’età post bellica è guerra col nemico in casa. In Sicilia Carlo Alberto Dalla Chiesa arriva da giovane capitano ed è una mutata terra dallo sbarco dei Mille avvenuto appena un’ottantina d’anni prima. Erano arrivati per mare da Sud questa volta modelli e fattori sinergici in relazioni già globalizzate e de-regolarizzate dopo la Crisi del ’29 negli Stati del Nord America. Dal “Piccolo Mondo Antico” al “Grande Nuovo Mondo” ovvero è quel viaggio di ritorno dalla Sicilia alla ‘Merica, andata e ritorno.
Raffaele Panico
L’età post bellica, una guerra col nemico in casa
Elementi originari e aspetti specifici portarono alla traslazione del crimine, avendo la mafia sicula visto il salto dal “piccolo mondo antico”, la Trinacria, al Nuovo Mondo, con tante interconnessioni e implementazioni. Attraverso l’”esportazione” mafie tipiche di un luogo diventano capaci di esperire nuovi traguardi, in mercati dai confini sempre più labili e permeabili, con la circolazione del denaro e di individui, movimenti non più legati al lavoro ma alla capacità d’impresa del crimine su scala prima bi-continentale e oggi planetaria.
Non è più uno scambio bilaterale pre-conflitto mondiale come tra il Regno d’Italia e gli Stati Uniti d’America, dove tutto ebbe inizio con “la Mano Nera” il pizzo alle attività degli italo americani, reminiscenza appunto del piccolo mondo antico o agricolo. Si pensi a Giuseppe Petrosino detto Joe (1860-1909) il poliziotto italiano naturalizzato statunitense, pioniere nella lotta al crimine organizzato.
È un salto qualitativo e massivo già esperito con il proibizionismo dell’alcool, il gioco d’azzardo, la prostituzione e poi le sostanze stupefacenti, il racket, fino alla corruzione di politici e giudici. Dopo lo sbarco degli Alleati, alla Sicilia l’originario relativo al “piccolo mondo antico” ritorna interconnesso e implementato, e si espande ancora, allora, nella neo-costituita Repubblica italiana. Si tratta persino del modello della Mala-Italia che è applicabile per rintracciare le cause della corruzione nel Mondo intero con tanto di letteratura e produzione filmica televisiva economica-politica-finanziaria-criminale e di costume sociale purtroppo tutti modelli al negativo. E le tante fiaccolate piene di pathos, i sermoni, i perdoni, gli affidamenti ai servizi sociali, sottovalutazioni che depotenziano da un lato l’efficienza delle strutture dello Stato Italiano che, dall’altra parte sono valide e robuste, e soprattutto preventive efficaci silenti e, nella stragrande maggioranza silenziosa ben amate dai cittadini i quali, nel lavoro e col lavoro e per il lavoro strutturano le loro vite nell’etica e non nel sentire una sfilata di compassione vittimistica e di astrusa comprensione.
Con l’autorità diciamo dal basso tanto dei citati cittadini dello Stato italiano e di professionisti e ricercatori multidisciplinari qualificati e grazie ad una esperienza di vita, e con la più che secolare “Unità d’Italia”, dal Brigantaggio ai terribili Anni di Piombo, abbiamo le basi robuste per inserirci nelle variabili dipendenti ed indipendenti sugli scenari mondiali. Il centenario della Nascita di Carlo Alberto Dalla Chiesa ci pone nella condizione di tornare a essere considerata l’Italia come il “Paese di Machiavelli” come già tra i due conflitti mondiali e non più come il “paese delle mafie”. I fondamentali di questa missione nascono da situazioni meccanicistiche e storico evolutive, per cui alcuni individui, eventi e processi corruttivi si verificano quasi spontaneamente, a cagione di una storia criminogena che già era in essere in aree interessate ai fatti di corruzione e grazie alla globalizzazione si de-storicizza e de-regolarizza il mercato, che liquefa la società con individui anonimi o comuni numeri statistici e senza quella Comunità della Coscienza di essere delle Persone. Così si diventa oggetti di prezioso bottino per le trans-mafie bi-localizzate e ospitate in due o più paesi o in due o più macro-aree e continenti.
Nella storia il crollo di uno Stato, pensiamo allo Stato borbonico e al Brigantaggio o a seguito di decadenze di modelli e di istituzioni, si innescano molteplici fattori che agiscono in sinergia. Si pensi al crollo dell’impero romano o bizantino attribuibile certo a più cause concorrenti, o di recente nella storia contemporanea al crollo dell’impero zarista, se dovuto alla lotta di classe o alla corruzione già insita nel sistema delle relazioni economiche sociali, e durante lo scoppio dei conflitti – la Prima guerra mondiale o “Grande guerra” – o invasioni massicce di altre genti nei confini delle strutture statuali, come con corsi storici avviene. L’equilibrio della comunità viene alterato per il concorrere di un gran numero di fattori in gioco. Origini multifattoriali di un atteggiamento iniziale che si rappresenta poi nel concorso di più fattori di natura diversa che, apparentemente, non sono in diretto collegamento tra loro ma nell’insieme interagiscono. Un singolo fattore non è sufficiente a spiegare l’intera caduta di un sistema comunitario e a provocare i fenomeni di corruzione in scala. Una sola causa può essere “sufficiente” in una visione meccanicistica storico evolutiva. Può anche bastare una sola presenza talvolta, di un individuo ridotto al confino, per manifestare tutti gli effetti corruttivi nel sistema delle relazioni di una comunità, se i dati d’analisi nel sistema e i suoi pregressi e la sua anamnesi ravvisano produzione di latenti reati antecedenti. Un paradigma ad esempio può essere un giro di denaro facile che per la sua specificità è adatto a provocare alterazioni sui redditi veri e da lavoro, a seguito di una immissione di liquidità tossica e di indubbia provenienza sebbene questa alterazione non sarà in grado di far manifestare una corruttela oltre un certo limite.
L’evento patologico quasi endemico della corruzione ha bisogno di più di una causa per palesarsi, tanto da parlare, quando le cause siano numerose, di complesso o costellazione di cause. Tra queste è comunque possibile operare una discriminazione, riconoscendone le cause necessarie (quelle, appunto, senza le quali la patologia non potrebbe manifestarsi), e le concause, predisponenti o coadiuvanti.
Le basi pratiche e teoriche per lo studio dei fattori delittuosi per spiegare la corruzione politica e del tessuto sociale devono avvalersi anche di un’analisi suffragata da dati empirici, raccolti dalla storia di una comunità nei suoi aspetti di organizzazione sociale, la fiducia riposta dagli individui o dalle persone, in senso ampio sia fisiche che giuridiche, nelle rappresentanze e nelle istituzioni.
Raffaele Panico
ONOREFICENZE E RICONOSCIMENTI:
Bibliografia
La vita e le vicende professionali del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il cui barbaro assassinio ha avuto vasta eco anche sui più importanti quotidiani internazionali ed è riportato nell’autorevole periodico “THE TIMETABLES OF HISTORY”; edito dal “The wall street journal”, sono state oggetto di numerosissime pubblicazioni, tra cui spiccano i seguenti libri :
- Pino Arlacchi: “Morte di un generale”, 1982;
- Marco Nese: “Il generale Dalla Chiesa”, 1982;
- Eugenio Tutolo: “Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’uomo dello Stato”, 1982;
- Francesco Damato: “L’ombra del generale: diario di un servizio televisivo sulla mafia dopo Dalla Chiesa”, 1983 ;
- Santina Acuto: “Dimenticati a Palermo: 3000 ore di morte da Pio La Torre a Carlo Alberto Dalla Chiesa”, 1983 ;
- Nando Dalla Chiesa: “Mafia vecchia, mafia nuova”, 1985;
- Gigi Moncalvo: “Il coraggio di sfidare la mafia”, 1986;
- Nando Dalla Chiesa: “Delitto imperfetto”, 1987;
- Patrizia Piotti: “I quotidiani italiani e l’omicidio Dalla Chiesa”, 1989;
- Francesco Petruzzella (a cura di): “Carlo Alberto Dalla Chiesa. Michele Navarra e la mafia del corleonese”, 1990;
- Elsa Vinci: “I misteri del palazzo antimafia: l’alto commissariato da Dalla Chiesa a Sica”, 1991;
- Pierangelo Spegno e Marco Ventura: “Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, un caso aperto”, 1997;
- Nando Dalla Chiesa: “Carlo Alberto Dalla Chiesa: in nome del popolo italiano”, 1997.
Film
Tra le opere cinematografiche ispirate dalla figura del Generale Dalla Chiesa spicca “Cento giorni a Palermo” di Giuseppe Ferrara (1984), cui si aggiungono:
- “Placido Rizzotto” di Pasquale Scimeca (2000);
- “Il Generale Dalla Chiesa” di Giorgio Capitani (2007).