Centrali fotovoltaiche in orbita bassa
L’Agenzia spaziale europea valuta se finanziare il progetto Solaris che prevede di trasmettere sulla terra energia elettrica dallo spazio per le utenze civili. Esso ha come obiettivo avere in bassa orbita terrestre grandi satelliti in grado di generare energia elettrica in quantità paragonabile a quella di una centrale terrestre. La potenza prodotta verrebbe poi inviata sulla Terra per irraggiamento. Anche altre agenzie e organizzazioni spaziali hanno avuto la stessa idea e stanno lavorando su analoghi progetti.
Il progetto Solaris sarebbe il primo a gettare le basi di un piano operativo per sviluppare un sistema di energia rinnovabile in orbita. Esso è commissionato dall’Unione europea e gestito dall’ESA (European Space Agency). Il budget per la prossima fase dei piani è stabilito dall’ESA e sarà la stessa agenzia che avrà la gestione del progetto utilizzando la divisione operativa di esplorazione dello spazio, monitoraggio ambientale e comunicazioni. Josef Aschbacher, direttore generale dell’ESA, dichiara che l’energia solare proveniente dallo spazio può essere di “enorme” aiuto per affrontare eventuali future carenze energetiche e comunque un valido aiuto alle fonti esistenti. “Dobbiamo convertirci in economie a emissioni zero e quindi cambiare il modo in cui produciamo energia. Ridurre la parte di combustibili fossili della nostra produzione”, ha affermato. “Se potessimo farlo dallo spazio sarebbe assolutamente fantastico perché risolverebbe molti problemi”. I satelliti con pannelli solari dovrebbero essere lunghi circa 1,7 km. Le dimensioni sono più del doppio di quelle dell’edificio più alto del Mondo. L’attuale struttura più grande nello spazio, la Stazione spaziale internazionale, che misura 110 metri, è dieci volte più piccola. Il progetto è ora realizzabile grazie ai progressi tecnologici e ai bassi costi di lancio. L’energia del Sole può essere raccolta in modo molto più efficiente nello spazio perché non ci si deve confrontare né con la notte né con nuvole, che sono i principali ostacoli alla produzione di energia fotovoltaica sulla Terra. L’idea di prendere energia da una centrale solare in orbita esiste da più di 50 anni, ma è stata troppo difficile e troppo costosa da implementare, fino ad ora. Il punto di svolta è stato il crollo del costo dei lanci, grazie ai razzi riutilizzabili e ad altre innovazioni sviluppate dal settore privato. Ma ci sono stati anche progressi nella costruzione robotica nello spazio e nello sviluppo della tecnologia per trasmettere in modalità wireless l’elettricità dallo spazio alla Terra.
L’ESA sta cercando fondi dai suoi paesi membri per ottenere energia solare in modo affidabile e sostenibile. “L’idea dell’energia solare basata sullo spazio non è più fantascienza”, secondo il dottor Sanjay Vijendran dell’agenzia, che guiderà l’iniziativa Solaris. “Il potenziale c’è e ora dobbiamo capire veramente il percorso tecnologico prima di poter prendere una decisione per andare avanti con il tentativo di costruire qualcosa nello Spazio”.
Uno degli obiettivi chiave del programma Solaris è stabilire se sia possibile trasferire l’energia solare raccolta nello spazio alle reti elettriche sulla Terra. Questo può essere fatto utilizzando radiazioni elettromagnetiche con frequenze nel campo delle microonde. Il team di Solaris ha già dimostrato che in linea di principio è possibile trasmettere l’elettricità in modo sicuro ed efficiente. I tecnici dell’ESA hanno inviato 2 KW di energia raccolta dalle celle solari in modalità wireless a collettori a più di 30 metri di distanza durante una dimostrazione presso l’azienda aerospaziale Airbus a Monaco di Baviera.
Inviare gigawatt di potenza per migliaia di miglia sarà un grande passo avanti, ma secondo Jean Dominique Coste, senior manager della divisione cielo blu di Airbus, potrebbe essere raggiunto con una serie di piccoli passi. “Il nostro team di scienziati non ha trovato ostacoli tecnici che ci impediscano di avere energia solare basata sullo Spazio. Due Kilowatt di elettricità sono stati inviati in modalità wireless da un pannello metallico a un altro all’interno di una stanza. Ovviamente nello Spazio dovrà essere inviata una potenza un milione di volte più alta e un milione di volte più lontano, ma in linea di principio ci saranno solo problemi di scale up”. Il dottor Ray Simpkin, capo di Emrod, azienda che ha sviluppato il sistema di trasmissione wireless, ha affermato che la tecnologia è sicura. “Nessuno verrà fritto”, ha dichiarato scherzosamente alla BBC News. “La potenza è distribuita su un’area così vasta che anche alla sua massima intensità, al centro del raggio, non sarà pericoloso per animali o esseri umani”.
Anche gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone stanno progredendo nella corsa allo sviluppo dell’energia solare spaziale e dovrebbero annunciare i propri piani a breve. Separatamente dalla proposta dell’ESA, nel Regno Unito è stata costituita una società, la Space Solar con lo scopo di dimostrare il potere di irradiare dallo Spazio entro sei anni e di farlo commercialmente entro nove anni.
Una valutazione tecnica e commerciale del progetto Solaris ha concluso che potrebbe essere possibile avere un satellite in grado di produrre una quantità di elettricità pari a circa 2 GW, entro il 2040. Ma, secondo il dottor Vijendran, con maggiori finanziamenti e maggiore sostegno politico si potrebbe fare entro un decennio. Naturalmente saranno molti i problemi tecnici e operativi che sorgeranno nel corso delle attività di sviluppo e progettazione. Non ultimo quello costituito dai numerosissimi detriti spaziali che oggi popolano l’orbita bassa della Terra. Essi potrebbero costituire una minaccia all’integrità di un satellite così grande come il Solaris. Sarebbe quindi necessario poter schermare o dotare la centrale solare in orbita di appositi sistemi di schermaggio o di cattura dei detriti.
Nicola Sparvieri
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