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Cibo, il cambiamento climatico rischia di impoverire la nostra alimentazione

La gioia di sedersi a tavola e mangiare, qualsiasi sia il regime alimentare, salvo rare eccezioni, è, secondo tutte statistiche, uno dei piaceri delle papille gustative a cui l’essere umano non sa rinunciare.

Eppure, proprio quest’ultimo verbo “rinunciare” dovremo cominciare a conoscerlo per il prossimo futuro. Non per correre dietro a qualche nuova dieta, ma, facendo i debiti scongiuri, per una drammatica carenza di molti cibi. Parliamo di quelli che oggi ci sembrano usuali, tanto che il giornale inglese The Sun ha pubblicato un’indagine dove è specificato che dovremo dire addio a molti dei cibi che troviamo nei nostri mercati.

ll cambiamento climatico con l’eccessivo riscaldamento globale comporta anche delle alterazioni al ciclo vitale della terra con infezioni di fungine e parassiti vari. In aggiunta ci sono i vari tipi di inquinamenti, spesso tossici anche per l’uomo, che compromettono l’esistenza di molti prodotti tradizionali delle nostre tavole. Molti dei quali sembrano, ahimè, già con il futuro segnato.

Temperature troppo elevate, infestazione di terreni da molti parassiti dove viene coltivato il caffè creano una serie di problemi. Per contrastare questi cambiamenti si provvede con una massiccia presenza di pesticidi sempre più forti, che, ovviamente, creno gravi danni alle piantagioni.

Si prevede, già entro il 2080, che la sua produzione sarà assai limitata se non addirittura finita.

Il miele, ad esempio, che non è solo un dolcificante, anche un ottimo alleato per diversi tipi di patologie, purtroppo la situazione non è rosea. I pesticidi che vengono spruzzati stanno uccidendo le api in tutto il Mondo e fra pochi decenni, secondo alcune stime, anche questo sarà rarissimo, dunque, costosissimo.

Non so quanti lettori conoscono la “malattia di Panama” eppure ben presto dovremo farci i conti. Questa affezione, prodotta da un fungo letale, sta letteralmente decimando intere piantagioni di banane dalla Giordania al Mozambico, passando in Sud America. Insomma, una catastrofe che non si sa come fermare.

Il ceppo infettivo è comparso in Asia agli inizi degli anni ’90 per poi diffondersi lentamente un po’ dovunque. Inizialmente si pensava che, grazie al suo lento propagarsi era possibile contenerla e combatterla, ma ad oggi molti ricercatori hanno alzato bandiera bianca. Non ci sono prodotti che possono distruggere questo fungo e la banana diventerà, sfortunatamente, un prodotto di nicchia. Oggi il mercato di questo frutto è tra i primi cibi commerciali nel Mondo, quindi ci sarà una ricaduta economica e sociale molto elevata.

Un altro prodotto pronto ad estinguersi è anche il cioccolato, ma non per qualche parassita dannoso nel campo agricolo, ma per ingordigia degli uomini.

Solo lo scorso anno sono state consumate 70 mila tonnellate in più di quanto è stato prodotto mettendo a rischio le riserve mondiali. Non è un caso che secondo l’illustre cioccolatiere svizzero, Barry Callebaut, le scorte potrebbero esaurirsi già il prossimo anno e si dovrà commercializzare solo ciò che viene raccolto. Se è così, non è fanta-economia calcolare quanto costerà un chilo di cacao al consumo. Forse dovremo chiedere un prestito alla nostra banca per qualche cioccolatino.

Lo stesso discorso vale per uno dei vini più conosciuti nel Mondo, l’italianissimo prosecco prodotto nel trevigiano. L’area in cui si coltiva non è certamente enorme, ma il suo consumo è molto elevato. Solo nel Regno Unito, nonostante la Brexit, sono stati consumati oltre 40 milioni di litri di questo vino. Con questo trend, avvisano gli enologi, sarà sempre più difficile tenere testa al mercato e, dunque, chi ha la possibilità ne faccia scorte fin da subito.

Proseguendo questo triste elenco troviamo le cosiddette “noccioline” americane compagne inseparabili di tanti pomeriggi al cinema e non solo. Anch’esse stanno scomparendo insieme al loro mitico burro d’arachidi così richiesto sulle tavole degli americani. La causa principale è la siccità. Dunque, faticano a crescere avendo bisogno di tanta acqua per arrivare a una giusta maturazione. Le previsioni non sono certo rosee, anche se una data per la loro estinzione fortunatamente ancora non c’è.

Non vanno meglio le cose nel campo degli allevamenti soprattutto a causa del riscaldamento globale che sta mettendo in crisi, ad esempio, quello dei maiali. Infatti, per mandare avanti una fattoria di suini occorrono, fra le tante cose, una grandissima quantità d’acqua.

Chi ama il prosciutto, la pancetta o le salcicce, deve cominciare a mettersi a dieta fin d’ora perché i grandi allevamenti negli Stati Uniti e in Russia, stanno dimostrando la fragilità di questo settore economico. Quindi è inevitabile che la produzione in futuro sarà assai minore e con i prezzi, vista la domanda crescente, sempre più onerosi.

Infine, un’altra specie in pericolo a causa del riscaldamento delle acque sono i salmoni, ormai sempre più presenti sulle nostre tavole con il boom dei consumi. Ricordiamo che questo pesce ha bisogno per vivere e riprodursi di acque non solo fresche e pulite, ma soprattutto fredde. Tre fattori, come si comprende bene, sempre più difficili da trovare oggigiorno in questo Mondo. Un problema che vede la specie a rischio, anche per quelli di allevamento che stentano a sopravvivere e, purtroppo, a riprodursi.

Probabilmente ci ritroveremo tra 30 anni che la nostra dieta sarà letteralmente differente da wuella cui siamo abituati oggi, forse ci saranno alimenti differenti, speriamo solamente che non ci aspetti un futuro come quello prospettasto dallo scrittore fantasceintifico Isaac Asimov, che immaginava un futuro fatto di cibi in pillole. 

Francesca Marti