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Conte: Italia prepotente? Yes a little bit

Nell’usuale conferenza stampa, al termine del vertice dei 28 capi di Stato e di Governo dell’UE tenuto il 28 giugno, una giornalista inglese ha chiesto al primo ministro italiano, pregandolo di dare la risposta in inglese, se corrispondeva a verità quello che Macron aveva detto di lui e cioè che nella trattativa era stato arrogante. “Yes, a little bit!” è stata la lapidaria risposta di Conte. Quindi, in un ulteriore commento, ha aggiunto che il presidente francese era stanco e confuso quando ha parlato dell’Italia. Traduzione: per la prima volta nella storia recente in un consesso internazionale, l’Italia ha osato far valere le proprie ragioni senza mendicare un aiuto di flessibilità e senza piegarsi con cedimenti politici alle solite imposizioni di tedeschi e francesi.

Questa piccola espressione (a little bit) sembra essere stata il distintivo del vertice, protrattosi in una maratona negoziale fino al mattino seguente inoltrato, conclusosi con una modesta intesa sul tema dei migranti, alla quale ogni leader si è aggrappato per presentarla alla propria opinione pubblica come una vittoria.

Il presidente del consiglio europeo Tusk ha ammesso le difficoltà di realizzazione di un accordo di compromesso, ma si è compiaciuto dell’intesa raggiunta sulla creazione di centri di controllo in territorio europeo su base volontaria (ma saranno mai fatti?), dell’appoggio promesso alla guardia costiera libica (solo da parte dell’Italia?), dell’adozione di strumenti (non meglio specificati) per la lotta all’immigrazione illegale e per la lotta agli scafisti, per l’allocazione di un fondo di 500 milioni di euro pro Africa (cifra del tutto simbolica rispetto ai bisogni); Macron ha ammesso di aver ritrovato l’intesa con l’Italia sul trattenimento dei migranti in centri di raccolta; Merkel ha sostenuto di aver piegato le resistenze ispano-greco-italiane sui migranti secondari, problema che le aveva innescato in casa una crisi di governo evitata all’ultimo momento; Orban e Krutz insieme agli altri di Visegrad hanno mostrato visibile soddisfazione per non essersi spostati di un millimetro dal rifiuto di ospitare un solo nuovo migrante dato che nel testo votato non ci sono intese vincolanti, ma tutto è affidato al principio della volontarietà che consentirà loro di continuare a tenere ben chiuse le porte di casa; Conte, da parte sua, ha sottolineato di aver ottenuto qualcosa in più di “little bit” perché, per la prima volta da che l’Unione esiste, l’Italia ha minacciato il veto, ha bloccato l’intesa Macron-Merkel ai danni dell’Italia la cui bozza era stata fatta circolare prima del vertice, ed ha ottenuto una sorta di avallo al principio, più volte ribadito, che “chi sbarca in Italia sbarca in Europa” con la conseguenza implicita che l’Italia esige la ripartizione degli immigrati salvati in mare.

Insomma un vertice che non è stato un vero accordo politico, ma una dichiarazione di auspicio firmato da responsabili che volevano ciascuno mantenere la propria posizione.Sul piano concreto l’unico risultato visibile può essere individuato nell’irrigidimento italiano a bloccare gli sbarchi sul nostro territorio in assenza di solidarietà dagli altri paesi europei. Mossa che praticamente cancella gli accodi di Dublino e che incomincia a dare i suoi frutti.

Sembrava che questo irrigidimento fosse più di facciata che di sostanza dato che nei giorni immediatamente successivi i migranti hanno continuato le loro traversate. E a questo punto va sollevata la questione politica che tali traversate siano avvenute in barba all’azione di intelligence sul terreno libico, all’attività di monitoraggio via radar e via satellite, non essendo concepibile né accettabile che l’Italia non sappia da dove partano i barconi, quali siano i punti di raccolta, come avvengano gli smistamenti dei migranti dai centri di detenzione libici, chi siano gli organizzatori del traffico, già messi nella lista nera dalle Nazioni Unite, dove si nascondano, su quali complicità possano contare all’interno dell’apparato locale statale e militare, quali canali finanziari usino per accumulare miliardi sulla pelle di tanti disgraziati, eccetera.

Al dirottamento verso la Spagna dei migranti raccolti dalla Aquarius, a cui l’Italia ha negato l’attracco, hanno fatto seguito altri prelevamenti in mare che, alla fine, dopo una pantomima di trasbordi su navi della Guardia Costiera italiana sono stati ammessi a terra.

Il caso più spinoso e per certi versi più pericoloso è stato quello del rimorchiatore di altura Vos Thalassa, un charter per assistenza a piattaforme off shore, costruito dai cinesi nel 2012 e ceduto all’Olanda, noleggiato dalla società libica al Sadaqa, impegnato per l’appoggio logistico alla struttura galleggiante del blocco C 137 a 100 km dalla costa libica che opera su un giacimento a 90 metri di profondità con una capacità estrattiva di 45.000 barili al giorno. E di chi è questa piattaforma? Per il 37,5% della francese Total, per il 12,5% della tedesca Wintershall e per il 50% della compagnia nazionale libica NOC.

Questo natante dopo aver captato l’SOS da un barcone ha obbedito alla legge del mare e si è diretto sul posto prendendo a bordo 67 migranti, che in base agli accordi italo-libici avrebbero dovuto essere consegnati alla marina libica con cui erano stati avviati i primi contatti radio.

A quel punto alcuni migranti, evidentemente esperti di traversate perché scafisti, capita la manovra della nave che puntava a sud, hanno inscenato una protesta. Il comandante, che obbedisce agli interessi dell’armatore e del committente, per evitare di tenere a bordo gli emigranti in agitazione e per non perdere giorni di lavoro e di profitti ha chiesto aiuto alla Guardia Costiera italiana descrivendo la situazione come minaccia di ammutinamento, sequestro di nave e di aggressione al primo ufficiale.

Di fronte a questa improvviso e pericoloso sviluppo l’Italia ha mandato sul posto il pattugliatore della Marina Militare  nave Diciotti che ha provveduto al trasbordo dei migranti e poi al loro sbarco a Trapani. Si tratta di 23 pakistani, 12 sudanesi, 10 libici, 7 palestinesi, 4 marocchini, 4 algerini, 2 egiziani, 1 ciadiano, 1 nepalese, 1 yemenita, 1 ghanese e 1 bengoli. I primi a sbarcare sono stati i responsabili della protesta (il ghanese Hamid Ibrahim e il sudanese Ibrahim Bushara) presi in consegna dalla polizia perché indagati per violenza privata continuata ed aggravata in danno del comandante e dell’equipaggio del rimorchiatore Vos Thalassa.

Ma ciò che preoccupa di più, oltre all’escalation di possibile violenza nei confronti dei soccorritori è che la diversificata provenienza dei migranti, in maggioranza asiatici, o africani direttamente implicati nei traffici come sudanesi e libici, sta a significare che l’organizzazione malavitosa e criminale dei trafficanti di migranti è diventata una multinazionale attentissima all’evoluzione della situazione politica e delle decisioni italiane, selezionando quelli da imbarcare a seconda delle chances di successo nel salvataggio e nell’approdo. Per questo con sadismo e ferocia, già attuata nei campi libici, utilizza sempre più di frequente donne incinte al limite della sopravvivenza e minori non accompagnati, anche in tenera età, quali scudi umani per fare leva sulla pietà umana.

L’ultimo episodio è quello del motopeschereccio, partito da Zwara, zeppo di 457 disgraziati (tra cui moltissimi minori non accompagnati e molti malati di scabbia) raccolti da due unità militari la nave inglese Protector di Frontex e la nave Monte Sperone della nostra Guardia di Finanza, cui è stato consentito l’attracco e lo sbarco a Pozzallo solo dopo che il Governo italiano ha ottenuto l’assicurazione di alcuni stati europei (Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Malta, Irlanda) di accettare la ripartizione di quote di migranti.

Il primo ministro Conte, quello del “little bit”, farà bene, con il suo atteggiamento da lumachina coriacea, a mantenere il punto che navi di ONG straniere si astengano dallo scorrazzare nel Mediterraneo se gli stati di cui battono bandiera non sono disposti a farsi carico dell’accoglienza dei migranti raccolti in mare, che l’Italia non è più disposta a sopportare da sola gli oneri degli sbarchi e dell’accoglienza, che un’azione di repressione dura, con tutti i mezzi disponibili, sia condotta contro i trafficanti di disperati.

TORQUATO  CARDILLI