Deborah Sciacquatori: giustiziera e salvatrice
LA TRAGEDIA TRA LE MURA DOMESTICHE DI DEBORAH, GIOVANE 20ENNE DI MONTEROTONDO
Alice Mignani Vinci *
Deborah Sciacquatori, il tragico epilogo di una giovane ragazza che si è dovuta ergere in un sol tempo a giustiziera e salvatrice: un gesto disperato, per sempre sulle sue spalle, e nella memoria del trauma.
Pugni contro la porta, terrore, paura, senso di oppressione: nessuna via di fuga. Queste probabilmente le sensazioni orribili e totali che hanno scosso le vite della giovane ventenne Deborah Sciacquatori e della sua famiglia, mamma e nonna, nella morsa soffocante della violenza. Quella violenza che ti fa sentire una vittima condannata, oltre la quale non vedi giustizia, possibilità di salvezza, cautele che mettano la parola fine a vessazioni che annullano una esistenza votata a senso.
Anni di serate all’insegna del panico, il silenzio per mantenere una facciata dignitosa col mondo esterno, a scuola, con gli amici: soffocare i pugni nello stomaco, essere consapevoli che ogni giorno quel padre avrebbe potuto impazzire e far precipitare ogni parvenza di serenità. Lorenzo Sciacquatori, dipendente da alcool e sostanze stupefacenti, aveva chiuso la famiglia in una morsa di terrore da tempo, le aggressioni erano continue.
Quella terribile notte del 5 maggio 2019, quando lui rientrò ubriaco e feroce contro la mamma e la nonna, Deborah esternò il suo limite estremo, temendo per la sorte sua e delle altre due donne, inermi: lo colpisce a mani nude, dapprima tentando di fermarlo, poi gli sferra un colpo alla nuca con un coltello da cucina.
Non voleva ucciderlo, desiderava solo arrestare il suo impeto violento, proteggersi, e salvare la madre e la nonna, quest’ultima reduce da un intervento chirurgico recente. “Siamo, quindi, in presenza di una difesa proporzionata all’offesa”, queste le conclusioni della procura rispetto a come si è svolta la vicenda. Deborah Sciacquatori, una giovane che porterà per sempre con sé l’essersi dovuta ergere a “giustiziera” e in un sol tempo “salvatrice”, arrivando giocoforza a dover mettere fuori combattimento il proprio padre, impedendogli di continuare a tenere nel terrore oltre che lei medesima, la madre e la nonna.
Un trauma che questa ragazza coraggiosa non potrà cancellare, e dovrà far i conti col suo gesto disperato probabilmente per tutta la vita.
Prima accusata di omicidio volontario, poi giustamente le è stata riconosciuta la causa di giustificazione per legittima difesa, e non sarà processata.
Una violenza domestica, sommersa, un dolore sordo senza risposte, senza soluzioni, eppur conosciuta e nota ai servizi territoriali. Ma è a questo che bisogna giungere? A “farsi giustizia” da soli, liberandosi, all’apice della disperazione, dei propri carnefici con atti estremi? Deborah ha dovuto, e ha salvato se stessa, ha protetto mamma e nonna, ma al caro prezzo di portare per sempre nel suo vissuto questo tragico epilogo.
*Dr.ssa in Scienze Sociali e Comunicazione
– Assistente Sociale e Criminologa