Di Maio, non più leader del Movimento 5 Stelle
Luigi Di Maio, oramai ex leader del Movimento 5 stelle (M5S) e Ministro degli Esteri italiano, si è dimesso mercoledì dalle sue funzioni nel partito e ha certificato l’esistenza di una perdurante crisi nel “Mondo Grillino”, inteso come partito e come popolo.
Di Maio, ha deciso di ritirarsi poco prima delle elezioni svoltesi domenica 26 gennaio in Emilia Romagna, ove era previsto per il Movimento 5 Stelle un risultato disastroso che puntualmente si è verificato.
Il grillino, classe 86, con la sua “mossa” ha cercato di porre fine alle enormi tensioni succedutesi all’interno di una formazione, che è passata dal vincere le ultime elezioni nel marzo 2018 con il 33% dei voti, ad un crollo inevitabile.
A sinistra Luigi Di Maio
Di Maio, eletto capo politico a settembre 2017, ha deciso di sottoscrivere un “Patto (…o Contratto) di Governo” con la Lega. Una parte numericamente importante dell’elettorato si è opposta per motivi ideologici a tale accordo, ma il leader ha sfruttato l’opportunità della strategia politica per continuare a crescere e raggiungere una maggioranza sufficiente nel medio termine. Pochi mesi dopo il partito di Salvini ha letteralmente divorato i grillini, diventando la forza più votata alle elezioni europee e la preferita di molti ex elettori dell’M5S.
Di Maio ha tenuto un solenne discorso nella Capitale: ”Il mio lavoro è finito”, ha dichiarato. Ma ha sottolineato che continuerà a “lavorare per il bene degli italiani come ministro degli Esteri. Oggi un’era è chiusa e il movimento deve essere riformato. Se negli ultimi anni non ci fossimo rivolti così spesso l’uno contro l’altro, avremmo raggiunto risultati ancora più importanti. Siamo un progetto rivoluzionario e continueremo a essere decisivi per l’Italia“. Queste le sue parole, anche se, negli ultimi tempi, tutto ciò che è accaduto indica il contrario.
Nelle ultime settimane ben trenta rappresentanti dell’M5S, inclusi deputati e senatori, hanno lasciato il partito. Una vero e proprio esodo, considerando la fragilità della maggioranza parlamentare formata da M5S/ PD/ e Italia Viva per mantenere in piedi il governo, soprattutto da quando la coalizione di centrodestra guidata da Matteo Salvini sta cercando di delegittimare l’esecutivo. Inizialmente sono stati tre i senatori che hanno cambiato bandiera, abbracciando la Lega; successivamente hanno presentato le dimissioni Lorenzo Fioramonti, Ministro della Pubblica Istruzione, sostenendo la mancanza di impegno da parte del Consiglio dei Ministri, e, in seconda battuta, è stato espulso il senatore Gianluigi Paragone per essersi ribellato alla disciplina del voto.
Il leader politico era contrario a stringere un’alleanza con il PD per sfrattare Matteo Salvini ed evitare elezioni anticipate. Avrebbe preferito ricostruire il rapporto con il leader della Lega, che si offrì di diventare primo ministro se fosse riuscito a invertire il piano che era stato messo in atto contro di lui e mantenere un dirigente estremamente populista. I maggiori esponenti del movimento, ovvero il comico Beppe Grillo e l’uomo d’affari Davide Casaleggio, lo hanno convinto ad accettare il cambio di tavolo e ad adattarsi alla nuova situazione. Ma non si è mai sentito a suo agio in tale nuova situazione.
L’esecutivo Giuseppe Conte – Luigi Di Maio non gli parla da mesi – deve ora vedere come gestisce una situazione complicata. Il primo ministro ha già dichiarato che rispetterà qualsiasi decisione di Di Maio e che è sicuro che agirà con responsabilità. Un’idea che non corrisponde del tutto alla realtà, in quanto secondo fonti vicine al leader dell’M5S, in realtà cerca di spostarsi di lato per tornare ad altre funzioni una volta passato l’uragano delle prossime settimane. Ad ogni modo, si stanno già prendendo in considerazione nomi per sostituirlo, tra cui il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, o Alessandro Di Battista. Per il momento, e fino al prossimo congresso M5S, le redini passano provvisoriamente a Vito Crimi, il membro più anziano del comitato di garanzia del partito.