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Duilio Cambellotti. Un Romano a Villa Torlonia

MITO, SOGNO E REALTA’

Una mostra monografica dedicata ad un eccellente artista romano dal titolo “Duilio Cambellotti. Mito, Sogno e Realtà” è in corso ai Musei di Villa Torlonia, fino all’11 Novembre 2018, curata da Daniela Fonti, responsabile scientifico dell’Archivio dell’Opera di Duilio Cambellotti e da Francesco Tetro, ideatore e direttore del Civico Museo “Duilio Cambellotti” di Latina.

Il percorso espositivo comprende oltre 200 opere e si snoda tra il Casino Nobile, il Casino dei Principi e la Casina delle Civette, che prende questo nome proprio da una vetrata realizzata da Cambellotti. L’esposizione offre la possibilità di approfondire la poliedrica attività di un artista poco conosciuto dal grande pubblico, a causa della damnatio memoriae del secondo dopoguerra, anni di oscurantismo e di ignoranza, che hanno colpito il meglio dell’ Italianità. Negli ultimi decenni la storiografia artistica ha notevolmente rivalutato questa figura originale, pur rimanendo la difficoltà oggettiva di trovarle un posto nella storia dell’arte, sia per la complessità della sua opera e sia per il periodo storico in cui visse, caratterizzato da un notevole fermento intellettuale e culturale. «Nel ceto degli artisti sono sempre stato un irregolare… Ho cercato di comunicare qualcosa che va oltre la vista.»

 

Cambellotti vive tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento (1876-1960), un arco di tempo segnato da eventi straordinari, con cui l’artista non solo dialoga, ma riesce a coglierne l’intima essenza, grazie alla sua duttilità e capacità di sperimentare forme e materiali. Si definisce un “Autodidatta” nell’autobiografia a cui si dedica negli ultimi anni della sua vita, opera importante che permette di ricostruire i passaggi salienti della sua “Opera d’Arte Totale”, come dimostrano il filmato visibile all’inizio del percorso espositivo, riprodotto anche in CD, e l’ottimo catalogo della mostra.

Cambellotti si dedica alla scultura, alla pittura, alle arti decorative, sperimenta tutti i materiali, argilla, ceramica, gesso, bronzo, vetro, con il solo “scopo immediato di raccogliere una forma attorno a un pensiero”. Il titolo della mostra è ben scelto, sono evidenziati concetti guida, il Mito, il Sogno e la Realtà, confrontabili con quelli che appaiono nel titolo di un’altra importante mostra dedicata a Cambellotti nel 2006, organizzata dalla Galleria Fabrizio Russo, Mito, Segno e Immagine. La sua opera affonda le radici nel Mito, il suo Sogno si ramifica nell’universo Segnico e da questo ne scaturisce un’Immagine della Realtà. “Ho negli occhi superbe visioni”. Cambellotti riesce a tenere insieme il Simbolismo, l’Arcaismo e l’Eclettismo con l’obiettivo di creare “un’opera che parlasse chiaro e semplice, che rappresentasse la realtà nel suo divenire”.

La mostra inizia con un “Ritratto di Duilio Cambellotti, il Cesellatore”, eseguito da Giacomo Balla nel 1905, questi nei suoi scritti ne esalta le qualità di febbrile artigiano e sottolinea “Non piacevoli soprammobili, piuttosto uno stato d’animo”. Cambellotti nasce e vive a Roma, una città Capitale, attraversata da grandi interventi urbanistici, la città eterna apre alla modernità, l’epoca della bellezza, caratterizzata dal nuovo stile liberty, coinvolge e travolge la città, ma il suo volto classico-romano all’occhio attento dell’artista non sfugge. Si accentua il divario città-campagna, tradizione-modernità che il Nostro mette in evidenza nelle sue opere, capaci di far coesistere in chiave simbolista la modernità e l’arcaismo, la dimensione industriale e il contesto artigianale. Si evince la volontà di sperimentare e di cogliere lo spirito del tempo, si dedica alle arti decorative come l’oreficeria, l’ebanistica; realizza manifesti pubblici per grandi eventi, come i manifesti ufficiali per i 50 anni dallo Statuto Albertino nel 1898 e per i 50 anni dall’Unità d’Italia nel 1911; si dedica a campagne pubblicitarie per automobili, come il bozzetto per Targa Florio del 1908, che rappresenta una macchina in velocità circondata da cavalli e “La Balilla dell’Impero” del 1937; crea opere simboliste a sfondo umanitario, come  la “Capanna dell’agro” e il manifesto per le scuole dei contadini; effettua interventi finalizzati al decoro urbano, come i lampioni e gli orologi in ghisa; affronta il problema della casa, all’epoca molto sentito, a causa del forte incremento demografico, e  progetta arredi d’interni in legno; realizza scenografie per opere teatrali e illustrazioni di grandi classici, come la Divina Commedia, volta alla formazione degli italiani attraverso le immagini. Il suo impegno umanitario e sociale è in perfetta armonia con gli interventi istituzionali che dopo l’Unità d’Italia si mettono in atto.

Significative le opere di inizio secolo in cui si esalta il carattere religioso ed eroico del lavoro, come “L’Altare”, che rappresenta gli attrezzi del contadino e dell’operaio, sublimandoli in una dimensione mitica e sacra, o “La falsa civiltà”, che mostra l’avanzare della modernità nei confronti di natura. La sua attenzione per la Campagna romana, che lo pone sulla scia dei Macchiaioli e di Nino Costa, con i butteri, i cavalli, i bufali calati in un ambiente ostile, paludoso e malarico, lo portano a partecipare attivamente alle grandi imprese collettive, attuate dal Regime Fascista, come la bonifica dell’agro pontino, la fondazione di città nuove, l’edificazione di palazzi pubblici in tutta Italia. Cambellotti realizza sculture monumentali e cicli pittorici per i palazzi di rappresentanza, come “La redenzione dell’agro: la bonifica, i militi grigi e Littoria”, presente in mostra il bozzetto del 1934 per il Palazzo del Governo di Littoria, evidenziando il ruolo centrale del contadino-soldato, avvolto sempre in un’aura mitica e sacrale. Il suo simbolismo segue gli eventi politici, sociali e culturali.

La natura è vista come “nutrimento dell’anima”, alimento di “visioni e sogni”, spirito che anima il gruppo dei “XXV della Campagna Romana”, che ricorda la sperimentazione dei Macchiaioli nella Maremma Toscana. Cambellotti però si distingue da questi artisti, dimostrando la sua originalità nell’affermare di non essere mai andato in campagna con cavalletto e tavolozza di colori, a Lui bastava fissare uno schizzo e una parola per poi realizzare l’opera. “Sincera ispirazione alla natura e ai fatti umani, questo ha sorretto la mia opera”.

Cambellotti è un attento osservatore della realtà, profondo conoscitore dei grandi classici greci e latini, abile nel plasmare la materia e dotato di una grande capacità di sintesi, doti che ne fanno un artista straordinario, capace di cogliere il proprio tempo con il pensiero. Significativa l’opera “Ulisse Ultima Impresa” del 1943, raffigurante una nave con l’albero maestro spezzato e il suo equipaggio in difficoltà, da confrontare con un’altra opera, realizzata negli ultimi anni della sua vita “Semoni I”, e “Semoni II”, raffigurante i Semoni, da alcune fonti antiche ritenuti forze divine che presiedevano alla germinazione e alla prosperità delle sementi. Sintesi di mito, sogno e realtà.

Un simbolista singolare, arcaico in certi aspetti, un eclettico eccellente.

Un sapiente da scoprire, una sorpresa sicuramente.