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Elezioni in Finlandia, Bulgaria e Montenegro

La Finlandia, la Bulgaria e il Montenegro hanno, di fatto, avuto stravolgimenti nelle ultime elezioni.

Cambio di passo in Finlandia dove la premier uscente, Sanna Marin, ha subito una sconfitta e quasi sicuramente non sarà riconfermata alla guida del Governo. A vincere le elezioni generali è Petteri Orpo. Tre i partiti principali che hanno partecipato alla corsa: i conservatori del partito della Coalizione nazionale (Ncp), che ha ottenuto la vittoria con il 20,7% dei voti (quindi 48 seggi all’Eduskunta, Parlamento finlandese); l’ultradestra di Veri finlandesi, secondo posto con il 20,1% (46 seggi); il partito Socialdemocratico di Finlandia, terzi classificati con il 19,9% (43 seggi). «Sulla base di questo risultato, i colloqui per la formazione di un nuovo Governo in Finlandia saranno avviati sotto la guida del nostro partito», ha esordito Orpo, che riceverà un incarico esplorativo da primo ministro. «La cosa più importante per il prossimo Governo» – prosegue – «è sistemare la nostra economia, spingere la crescita, equilibrare i conti pubblici. E la seconda questione è costruire la Finlandia nella Nato». Di tutt’altro avviso la leader di Veri finlandesi, Riikka Purra, che ha presentato una piattaforma programmatica populista e nazionalista, anti–immigrazione e anti–Unione europea. Sanna Marin, leader dell’esecutivo uscente ha ammesso la sconfitta e si è congratulata con il vincitore. «La democrazia ha parlato, il popolo finlandese ha votato e la celebrazione della democrazia è sempre una cosa bellissima». Capo del Governo finlandese dal dicembre 2019, a 37 anni, è fra i leader più giovani d’Europa. Elogiata per la gestione della pandemia di Covid-19, per il ruolo che ha assunto, insieme al presidente Sauli Niinistö, nel sostenere la richiesta di adesione della Finlandia alla Nato e il sostegno all’Ucraina, ha aumentato la sua visibilità internazionale. Tuttavia, nonostante la popolarità in patria, le posizioni del suo partito sull’economia finlandese, emersa come tema principale della campagna elettorale, sono state molto criticate dai conservatori di Orpo. La Finlandia è Stato dell’Ue dal 1995, membro della zona euro dal 1999 e dello spazio Schengen dal 2001. Data la condivisione di un confine terrestre con la Russia nel maggio 2022 ha richiesto l’adesione, che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane, all’Alleanza atlantica (Nato). Abbandonando, così, la storica politica di neutralità. La Marin ha escluso che i socialdemocratici possano allearsi con Veri finlandesi date le differenze sostanziali nei valori e nelle politiche. L’ultradestra è a sua volta molto critica nei confronti dell’obiettivo fissato dal Governo di Marin di rendere la Finlandia neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio e priva di combustibili fossili entro il 2035. L’obiettivo del partito nazionalista è spostare il termine al 2050. I conservatori condividono lo stesso obiettivo di neutralità climatica dei socialdemocratici, ma potrebbero avere difficoltà a trovare un accordo sulle politiche economiche, mentre sono aperti a un patto di coalizione con Veri finlandesi. Orpo ha promesso che il suo Governo creerà centomila nuovi posti di lavoro e incoraggerà l’imprenditorialità. Inoltre il suo partito vuole anche aumentare la quota di energia che la Finlandia ricava dal nucleare.

Elezioni anticipate in Bulgaria, le quinte in due anni, a dimostrazione di un Paese che vive una condizione di forte instabilità politica. A darsi battaglia nei sondaggi, per i 240 seggi del Parlamento unicamerale, sono in tutto 21 fra partiti e coalizioni. La contesa principale era tra due blocchi contrapposti: quello dell’ex primo ministro riformista Kiril Petrov, leader del partito Let’s Continue the Change (PP) e quello del rivale, l’ex primo ministro populista conservatore Boyko Borisov e leader del partito Gerb.

E proprio quest’ultimo ha vinto le elezioni parlamentari in Bulgaria, ma con un margine che non garantisce la formazione di un nuovo Governo nel Paese balcanico da 6,5 milioni di abitanti. La trattativa si preannuncia difficile. Secondo i risultati ufficiali, il primo partito ha ottenuto il 26,47% dei voti, precedendo di poco la lista liberale guidata da Kiril Petkov (24,96%), un imprenditore formatosi ad Harvard che ha governato per breve tempo nel 2022. Il partito ultranazionalista filo–russo Vazrajdane (Rinascimento) è ora la terza forza politica del Paese, con il 14,39% dei voti, in netto aumento rispetto a ottobre, quando aveva ottenuto circa il 10%. Anche il partito anti-sistema dell’ex star della canzone Slavi Trifonov è tornato in Parlamento con il 4,25% dei voti. Lo scorso anno aveva partecipato per alcuni mesi alla coalizione di Petkov prima di ritirarsi, facendo cadere il Governo. L’opzione più semplice per raggiungere un Governo sarebbe una combinazione delle prime due forze, che insieme otterrebbero una maggioranza stabile. Tale opzione sembra però politicamente impossibile viste le profonde divisioni tra le due formazioni, soprattutto nella lotta alla corruzione e nella riforma giudiziaria. Non sembrano possibili nemmeno altre combinazioni maggioritarie. Infatti, sia i socialisti che gli ultranazionalisti sostengono apertamente la Russia e sono contrari anche all’ingresso della Bulgaria nell’Eurozona, previsto per il 2025. Se i negoziati politici dovessero fallire, spetterà al presidente Roumen Radev nominare un nuovo Governo ad interim. Un tempo soprannominato il “generale rosso”, si oppone fermamente all’invio di armi all’Ucraina. La campagna elettorale della Bulgaria, Stato membro dell’Ue dal 2007 e della Nato dal 2004, ha avuto come tema dominante proprio la guerra in Ucraina e la posizione nei confronti della Russia. Nelle ultime settimane è stata segnata da una serie di minacce di bombe contro decine di scuole pubbliche nel Paese balcanico.

Al ballottaggio delle elezioni presidenziali in Montenegro, il presidente uscente Milo Djukanovic, politico più influente del Paese degli ultimi trent’anni, è stato sconfitto dall’ex ministro dell’Economia Jakov Milatovic. I dati – ancora preliminari – diffusi dai due principali Istituti di studi e ricerche demoscopiche CeMI e Cdt, assegnano a Milatovic percentuali intorno al 60%, rispetto al 40% circa andato a Djukanovic, che mirava al terzo mandato. Milatovic ha 36 anni ed è stato espresso dal partito centrista ed europeista Europa adesso! (Evropa sad!). In campagna elettorale aveva promesso di impegnarsi nella lotta alla corruzione. Ma soprattutto di rafforzare i rapporti con la Serbia (da cui il Montenegro ottenne l’indipendenza nel 2006) e di far entrare il Paese nell’Unione europea entro la fine del suo mandato quinquennale. Il Montenegro ha avviato i negoziati per l’adesione all’Unione europea e ha ottenuto lo status di Paese candidato nel dicembre 2010. I negoziati sono iniziati nel giugno 2012. Finora sono stati aperti 33 capitoli negoziali su 35. In Montenegro la figura del presidente ha perlopiù funzioni cerimoniali. I risultati di queste elezioni però possono dare qualche idea in più sull’orientamento degli elettori in vista delle prossime elezioni parlamentari, previste per l’11 giugno.

Giorgia Iacuele

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