Emergenza sanitaria, sovraffollamento in terapia intensiva
l tallone d’Achille era negli ospedali. Già a gennaio si presume che l’emergere di un nuovo coronavirus che causa una grave polmonite renderà inevitabile un certo aumento della mortalità, ma la capacità delle unità di terapia intensiva di affrontare i casi più gravi sarà il fattore determinante per prevenire la morte da sparatoria. Wuhan aveva già dimostrato che questi servizi sono il collo di bottiglia con cui il sistema può iniziare a collassare dall’alto verso il basso. Senza letti gratuiti in terapia intensiva, i pazienti che richiedono ventilazione meccanica vengono ammessi senza di essa sul pavimento. I letti di ricovero sono pieni, le emergenze diventano sature e il flusso di infetti alle strutture sanitarie da case di cura e residenze viene interrotto.
Le piccole previsioni iniziali sull’impatto del coronavirus in in Europa non portano a pensare alla fine di gennaio che sia necessario acquistare più respiratori. Né test diagnostici né più dispositivi di protezione (DPI) per proteggere gli operatori sanitari. Anche se il denominatore cresce fino a poche centinaia o migliaia di casi diagnosticati, il numeratore non rappresenterà mai una minaccia per il sistema sanitario. O così credeva.
Questo scenario salta in aria a Codogno, un piccolo paese situato a 60 chilometri a sud-ovest di Milano. Lì, il 21 febbraio, diventa chiaro che il virus scorre silenziosamente sul suolo europeo da alcune settimane. La definizione ristretta di casi utilizzati fino ad allora, che consente solo test per coloro che hanno viaggiato a Wuhan, impedisce prima l’individuazione dell’epidemia incombente. Non si sapeva ancora che si sarebbe trattata di una vera e propria pandemia. La maggior parte delle persone, inizialmente, era incredula. La mascherina veniva indossata solamente da poche persone, le quali venivano viste di bieco. Poi, come un fulmine a ciel sereno, l’Italia e l’Europa entrano in lockdown.
Chiudono negozi, ristoranti, la gente deve rimanere. Si può uscire solamente in caso di necessità, ad esempio recarsi in ospedale o andare a fare la spesa. Non si ha una vera e propria conoscenza di cosa sia il coronavirus e, altrettanto meno, si è consapevoli dell’aria che si respira nei meandri della terapia intensiva. Insorgono movimenti di negazionisti, i quali, informandosi da fonti poco attendibili quali i social network, iniziano a fare una brodaglia tra covid e 5G. Attualmente la situazione è tesa e il letti di terapia intensiva sono affollati. E’ necessario aprire nuove strutture, soprattutto in quelle regioni dove la sanità non è decisamente un ponto di forza o creare delle strutture mobili dove accogliere quelle persone gravemente malate.