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Fascino e tenacia di Caterina Sforza

Poco più di cinquecento anni fa viveva e operava in Italia una donna, di nome Caterina, nata dalla nobile famiglia Sforza. Il padre, Galeazzo Sforza, era Duca di Milano e Caterina visse la sua infanzia nella raffinata corte del padre in quel contesto di intrighi politici e cospirazioni che erano frequenti in quell’epoca e che, poco tempo dopo, Macchiavelli analizzò e discusse in dettaglio. Caterina visse nel periodo a cavallo tra il Secolo XV e il XVI (nacque a Milano nel 1463 e morì a Firenze nel 1509) quando in tutta Europa, ma in particolare in Italia, fioriva l’umanesimo e il rinascimento con tutte le sue innovazioni, artistiche e scientifiche, ma soprattutto nei cambiamenti di mentalità e di costume.

Caterina era dotata di eccezionali doti naturali che la rendevano veramente unica. Oltre alla sua conclamata bellezza fisica e al suo fascino femminile, era dotata di una grande intelligenza e cultura. Ad esempio ella fu famosa anche per essersi dedicata allo studio dell’alchimia e della cosmesi realizzando delle pomate di bellezza rinomate sia nella sua epoca che nei secoli successivi.

Ma quello che la rendeva davvero particolare era quella affinità con l’uso delle armi che la fa simile ad altre eroine del passato come Giovanna D’Arco o al mito delle amazzoni, le donne guerriere per eccellenza. Caterina infatti aveva una grande fisicità che le permetteva di imbracciare le armi e passare al comando di un esercito per riconquistare o difendere un suo possedimento o un suo interesse strategico, qualora questi risultassero minacciati da qualcuno. Ma non è tutto: ella era anche in grado di agire seguendo un suo autonomo disegno strategico che la rendeva capace di gestire e governare e non essere solo un mero esecutore di ordini.

Essere una donna in grado di imbracciare le armi e organizzare una azione armata rendeva Caterina profondamente diversa da una qualsiasi altra donna della sua epoca. Essere dei guerrieri era prerogativa prettamente maschile e, in questo, Caterina Sforza stravolge una consuetudine e prende, in alcuni episodi della sua vita, un ruolo maschile, interpretandolo per giunta con grande efficacia. Nei periodi della sua vita nei quali essa si fece protagonista di azioni di guerra, scatenò sconcerto e sorpresa ma anche ammirazione e odio reazionario negli uomini del suo tempo. In particolare si scontrò a più riprese con quel Cesare Borgia che alla fine, dopo averla sconfitta nell’assedio della fortezza di Ravaldino a Forlì, la umiliò imprigionandola e torturandola nel Castel Sant’Angelo, quasi a volersi vendicare dell’onta che una donna avesse osato con successo, tenere testa a lui. Alla fine tuttavia fu rilasciata e raggiunse Firenze dove visse, sola coi suoi figli, la parte finale della sua vita.

Ma il coraggio di Caterina Sforza non era fondato solamente nell’aver interpretato quel ruolo di guerriero così inarrivabile per la maggior parte delle donne del suo tempo e innalzato la sua dignità fino a quella di un uomo. Caterina seppe anche essere profondamente femminile nel suo ruolo di madre amorevole di otto figli, avuti con tre diversi mariti, e educatrice attenta e amorevole di questi figli uno dei quali fu quel Giovanni dalle Bande Nere che Macchiavelli riteneva essere l’unico condottiero italiano capace di difendere l’Italia dalla discesa di Carlo V. Inoltre essa fu moglie, e poi vedova, tenace e scrupolosa. Essa amò appassionatamente i suoi tre sposi e fu tre volte vedova di mariti assassinati. Non si perse mai d’animo e lottò caparbiamente contro tutte le avversità fino alla sua morte che arrivò quando lei aveva solo quarantasei anni.

Una figura di donna così completa e affascinante entrò nel corso della storia successiva come figura mitica nell’immaginario collettivo. Caterina Sforza è stata soggetto di varie opere teatrali e di film, uno dei quali interpretato da Virna Lisi nel 1959. Nell’aneddotica che la riguarda c’è anche un episodio interessante proprio sulla sua spiccata femminilità raccontato in un libro a lei dedicato (N. Graziani e G. Venturelli, Caterina Sforza, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2001, p.108). Si racconta che quando si trovava sugli spalti della Rocca di Ravaldino a Forlì assediata dai congiurati che avevano appena ucciso il suo primo marito e fatti prigionieri i suoi figli, Caterina avrebbe risposto a chi minacciava di ucciderle i figli: «Fatelo pure se volete, impiccateli pure davanti a me e, sollevandosi le gonne e mostrando con la mano il pube disse: qui ho quanto basta per farne altri!».

La figura di Caterina Sforza, oltre che emozionare e affascinare, forse potrebbe anche ispirarci un comportamento che rivendichi il giusto affrancarsi della donna dal potere dell’Uomo ma che anche, e nello stesso tempo, ispiri a cercare un ruolo per la donna che ne perpetui tutta la sua meravigliosa femminilità senza stravolgimenti di genere. Viene sepolta nel convento delle Murate a Firenze, davanti all’altar maggiore. Senza lapide, senza fronzoli. Suo nipote, Cosimo I de’ Medici primo Granduca di Toscana, in seguito farà apporre una pietra dove si esplicita la sepoltura della Comitissa et Domina Imolae Forolivii.

Nicola Sparvieri

Foto © Forlipedia

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