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“Gabriele d’Annunzio – Contro uno e contro tutti”

I DISCORSI DEL POETA ARMATO DOPO LA VITTORIA

 a cura di Massimo Fulvio Finucci e Clarissa Emilia Bafaro

I discorsi romani del 1919 sono stati raccolti in un libro dal titolo “Gabriele d’Annunzio. Contro uno e contro tutti”, edito da Le Frecce, pubblicato per la prima volta da La Fionda Editrice, negli anni venti.

Finita la guerra d’Annunzio, nell’Aprile del 1919, ritorna a Roma per rispondere con questi discorsi, colpo su colpo, agli eventi postbellici, discorsi che preannunciano l’Impresa di Fiume. Il volume comprende i discorsi romani del Vate , una breve cronologia degli eventi storici e le motivazioni  delle medaglie e delle onorificenze conferite al Poeta Soldato. Ricordiamo 6 Medaglie d’Argento, 1 Medaglia di Bronzo, 1 Medaglia d’Oro (consegnata a d’Annunzio per il volo su Vienna il 10 Aprile del 1919 sul sagrato di San Giusto in Trieste da S.A.R. il Duca d’Aosta, il Duca Invitto), 3 Croci di Guerra. La premessa al testo è degli autori di questa recensione.

Tutto ha inizio il 18 Gennaio 1919, giorno di apertura della Conferenza di Pace a Parigi. Data offensiva per la Germania, in quanto 48 anni prima, in seguito alla Guerra Franco-Prussiana, venne proclamato l’Impero Tedesco. Il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando e il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino  non avendo ottenuto i giusti compensi territoriali lasciano Parigi e il 24 Aprile tornano a Roma. D’Annunzio il 25 Aprile, giorno di San Marco, è a Venezia e da questa città pronuncia un discorso, il primo di una lunga serie. Nel 1915 da Quarto dà inizio ai discorsi interventisti, nel 1919 da Venezia va all’attacco contro la “casta politica” e prosegue per Roma con questo sentimento “Non ho mai sentito tanto profondo l’orgoglio di essere italiano. Fra tutte le nostre ore eroiche questa è veramente la più alta. Ecco che l’invocazione del vate romano ha il suo massimo splendore”.

A Roma d’Annunzio ripercorre i luoghi simbolici della città, come già aveva fatto nel 1915, ma nel 1919 lo fa da grande invalido di guerra, con un bagaglio pesante di esperienza bellica, di ricordi eroici, di compagni caduti, materia vivente che anima i suoi discorsi. Il 4 Maggio pronuncia il suo primo discorso all’Augusteo dal titolo, “Gli ultimi saranno i primi”, ricordando gli ultimi soldati che si sacrificarono per l’Italia a cinque minuti dallo scoccare dell’ora dell’armistizio, pienamente consapevoli “vollero incoronarsi e morire”, senza null’altro premio sperare  che la vittoria e la grandezza della Patria”. “Mancavano solo cinque minuti alle ore quindici (del 4 Novembre) quando i Bersaglieri  dell’Ottavo Reggimento e i Cavalleggeri di Aquila raggiunsero il nemico al trivio di Paradiso.

Il 6 Maggio pronuncia il suo discorso sul Campidoglio e mostra la Bandiera che aveva coperto a Monfalcone il corpo di Giovanni Randaccio. Sul Campidoglio il 17 Maggio 1915 aveva mostrato la spada di Nino Bixio, dopo quattro anni mostrava il “Sudario del Sacrifizio”. Il 7 Maggio 1919 i politici Orlando e Sonnino ritornano a Parigi, dopo l’avvertimento del Vate “Ebbene, io dico che se i nostri capi tornassero a quel banco, tutto sarebbe perduto, anche l’onore”, (discorso del 4 Maggio), a cui fanno eco il 28 Maggio le parole di Mussolini sul Popolo d’Italia “A Parigi si uccide l’onore dell’Italia”.

Il 19 Giugno cade il Governo Orlando, il 23 si costituisce il nuovo Governo Nitti, d’Annunzio lo stesso giorno pronuncia il discorso dal titolo “Il Comando passa al popolo”. Esalta i contadini e i soldati contro la “Casta Politica” e preannuncia un “Ordine Nuovo”, un “Ordine Lirico”, sottolineando che “Ogni vita nuova d’una gente nobile è uno sforzo lirico, ogni sentimento unanime e creatore è una potenza lirica. Per ciò è buono ed è giusto che ne sia oggi interprete un poeta armato”.

Il 30 Giugno d’Annunzio pronuncia il suo “Disobbedisco”, O Fiume O Morte, in ricordo del garibaldino “Obbedisco” O Roma O Morte. Al discorso romano era presente il Presidente del Consiglio Nazionale Fiumano Grossich.

Il 25 Agosto i Granatieri di Sardegna ricevono l’ordine di lasciare Fiume e si ritirano a Ronchi. 7 Ufficiali scrivono una lettera al Vate preannuncio dell’Impresa di FiumeSono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l’unità d’Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L’Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo”.

Siamo di fronte a un caso unico di diserzione da parte dei Granatieri di Sardegna e dei Bersaglieri poi, Corpi fedelissimi al Re, una forma di diserzione molto particolare, come li definì Marinetti erano dei “Disertori in avanti”, continuavano a combattere per l’Italia. Il 12 Novembre del 1920, fu firmato il Trattato di Rapallo e Fiume venne considerata Città Autonoma. Il 14 Novembre la risposta, il volo di Keller da Fiume a Roma, dove lanciò un pitale su Montecitorio, con rape (evocativo di Rapallo) e carote (in riferimento ai conigli), mentre (ed è bene sottolinearlo) sul Quirinale e sul Vaticano lanciò rose rosse. Con il Governo Giolitti si concluse l’Impresa Fiumana, con il cosiddetto Natale di Sangue. L’avventura di Fiume, città di vita e di bellezza, è un segno tangibile della potenza dell’Arte e dell’estetizzazione della politica. Bisognerà attendere il 1924, dopo la presa del potere da parte del Duce del Fascismo, per portare a compimento l’impresa di d’Annunzio e degli Italiani, l’annessione di Fiume al Regno d’Italia, e coronare il sogno di Dante.

SI’ COME A POLA PRESSO DEL CARNARO 
                           CH’ITALIA CHIUDE E I SUOI TERMINI BAGNA  (Dante)

                                                         

 

 

 

 

 

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