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GIORNOXGIORNO 6 MARZO 2022 Santa Coletta Boylet

VI MARZO MMXXII

LA GUERRA CHIAMA ALTRA GUERRA

La prima guerra mondiale iniziata nel 1914, per 2 colpi di pistola sparati a Sarajevo, finì nel 1918 con milioni di morti tra militari e civili.

Soltanto 20 anni dopo, quasi per rettificare dei confini stabiliti alla fine della “grande guerra”, nel settembre del 1939 scoppiò un nuovo conflitto in Europa che, negli anni successivi, interessò gli altri continenti e aprì la via all’arma atomica e alla missilistica per successive guerre e nuove distruzioni.

Alla fine di ciascuna di queste guerre mondiali, dopo aver contato i caduti, militari e civili, le distruzioni delle città, le rettifiche dei confini con esodo di popolazioni, si è sempre detto “mai più guerre”, ma i buoni propositi di alcuni non sono bastati a scongiurarne l’inizio di nuove.

Se la seconda guerra mondiale è stata definita la continuazione della prima, questa potremmo dire che non è mai finita considerando le numerose guerre succedutesi dopo il maggio – agosto 1945.

Nel 1946 iniziava la guerra in Indocina e nel 1947 quella arabo israeliana. Nello stesso 1947 iniziava quella che sarà definita la “guerra fredda”, tra le due grandi potenze di allora, l’Urss e gli Usa, l’oriente e l’occidente, il Patto di Varsavia e la Nato, in un conflitto psicologico, socio economico e militare, per mantenere le proprie aree di influenza.

Da allora la produzione ed il commercio delle armi non si è fermato, anzi si è incrementato con la guerra in Corea, in Vietnam, nel Golfo, in Jugoslavia, nell’Afghanistan, in Iraq e nelle zone occupate dal Califfato Isis.

Ora c’è la guerra in Ucraina e in poco più di una settimana già più di un milione di civili, prevalentemente donne e bambini, ha lasciato il proprio Paese.

La Russia continua la sua penetrazione e dopo aver riconosciuto le repubbliche secessioniste e annesso già nel 2014 la Crimea, vuole fare dell’Ucraina un paese “satellite” tipo quelli del Patto di Varsavia, vuole farne un “cuscinetto” tra Russia e Nato.

Ci sarà un bagno di sangue, gli ucraini perderanno tanti papà i russi tanti figli, giovani di leva mandati a combattere da Putin.

Le rettifiche di confine spesso non hanno portato troppo bene, rimangono delle ferite aperte e il desiderio del ritorno.

Cosa sarà di questi giovani fuggiti dalla loro casa, lasciati i loro amici, i loro parenti, ospiti in Paesi e città sconosciute, con una lingua e con degli studi diversi, con un futuro incerto, rimasti forse senza il padre o anche un fratello maggiore caduti per la difesa del Paese.

Venti anni fanno presto a passare, abbiamo visto l’Afghanistan che è tornato alla generazione successiva ai talebani cacciati via dagli Usa.

Alessandro Ricci

 

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