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Gli dei Olimpici: Apollo, il figlio di Latona

Apollo, signore dell’arco d’argento, figlio di Zeus e di Latona nacque di sette mesi ma gli dei crescono in fretta e questa é cosa nota. Temi lo nutrì di nettare e ambrosia e solo dopo 4 giorni il bambino già chiedeva arco e frecce e subito Efesto glieli porse.

L’origine del dio é incerta, Latona era nota come Lat nella Palestina meridionale; Apollo di suo era anche divinità dei nordici (almeno per un greco) iperborei, che abitavano oltre il Vento del Nord, e che Ecateo identificava con i Britanni. Gli iperborei sacrificavano ad Apollo ecatombi di Asini e questo ci permette di identificarlo anche come “Il fanciullo Oro” la cui vittoria su Set lo pone anche come manifestazione della divinità egiziana. Oro punisce Set colpevole di aver ucciso suo fratello Osiride, maledetto da Iside o Lat, identificata sempre come triplice dea lunare.

Apollo, ancora una giovane divinità, partì da Delo e si diresse verso il monte Parnaso, dove si celava il serpente Pitone, nemico di sua madre e lo ferì gravemente. a questo punto il serpente fuggì a Delfi (il cui nome deriva dal mostro Delfine, compagna di Pitone), presso l’oracolo di madre terra  dove Apollo lo uccise di fronte al sacro crepaccio. Pitone in questo caso é il Set greco e quando Apollo uccide lui e (probabilmente) Delfine si impadronisce del suo oracolo, il dio qui viene chiamato sminteo, a forma di topo, il che rende facile associare ad Apollo anche la figura del dio guaritore cananita Esmun.

Pitone molto probabilmente era nato per partenogenesi da Era, per fare un dispetto a Zeus; questo equivale nella storia dell’antica Grecia la resistenza di gruppi preellenici alla avanzata degli elleni.

La Madre Terra oltraggiata fece ricorso a Zeus che ordinò ad Apollo di farsi purificare e stabilì i giochi Pitici in onore di Pitone. Latona, udita questa notizia, si recò con Artemide a Delfi per adempiere ad alcuni riti, qui fu aggredita dal gigante Tizio e Artemide e Apollo intervennero uccidendo Tizio con un nugolo di frecce.

Zeus giudicò questo come un atto di giustizia e Tizio fu condannato nel Tartaro a essere incollato a  terra con braccia e gambe saldamente fissati a terra mentre due avvoltoi gli mangiavano il fegato ricordando il mito di Prometeo. Allo stesso tempo Apollo aveva appreso da Pan, il dio arcade dalle zampe di capra e dalla dubbia reputazione, l’arte divinatoria e si era impadronito dell’oracolo delfico costringendo la sua sacerdotessa, la Pitonessa, a servirlo.

Un giorno Atena si era costruita un doppio flauto con le ossa di un cervo e si era accorta che mentre il suo suono piaceva a molti dei, Era e Afrodite ridevano di lei, questo perché il suo suonare il flauto rendeva la sua faccia buffa, per cui maledì il flauto e lo gettò via con una maledizione. Il satiro Marsia fu la vittima inconscia della maledizione, infatti costui avendo trovato il flauto andò con Cibele per le campagne a deliziare i contadini fino a che sfidò Apollo in una gara di musica, con le Muse come giudici, Apollo vinse la gara perché lui usando la lira poteva girare lo strumento per suonare mentre Marsia non poteva.

Apollo a questo punto fu molto spietato con Marsia, scorticandolo vivo e appendendo la sua pelle su di un fiume che da allora porta il suo nome. In seguito sfidò il dio Pan un una gara in cui  re Mida fece da giudice, da allora Apollo presiedette ogni banchetto degli dei come cantore e prese anche il controllo delle greggi, come dio dei Pastori, fino a quando non ne cedette il controllo a Ermete. La vittoria su Marsia e Pan va identificata con una vittoria sui frigi e gli arcadi da parte degli elleni nonché come una vittoria degli strumenti a corde su quelli a fiato; gli strumenti a fiato rimasero parte integrante negli ambienti poveri dei contadini che non potevano permettersi gli strumenti a corde, ben più costosi.

Apollo, da buon figlio di Zeus, cercò molte volte di sedurre divinità e mortali: il caso più eclatante fu con la Ninfa Dafne che mentre era da lui inseguita pregò la Madre Terra  la trasformò in lauro, ma tentò anche di sedurre la ninfa Driope sul monte Eta. Il riferimento storico di questa vicenda é la conquista di Tempe da parte degli elleni, a Tempe era venerata Dafene, una divinità detta per l’appunto la sanguinaria, da un collegio di Menadi orgiastiche mangiatrici di alloro (Plutarco). Dopo le conquiste di allora fu consentito solo alla Pizia di Delfi di masticare alloro e Apollo divenne il custode dell’alloro. L’episodio del monte Eta e di Dafene invece fa riferimento al passaggio dal culto della quercia al culto del pioppo che era sacro ad Apollo.

Altro famoso innamoramento di Apollo fu quello per il giovane Giacinto, un principe spartano con cui si dilettava negli sport olimpici: il quel caso il Vento dell’Ovest, geloso del loro amore, deviò un giavellotto lanciato da Apollo fino a spaccare la testa di Giacinto. Il mito di Giacinto riguarda l’eroe cretese Giacinto chiamato anche Narciso, culto introdotto nella Grecia micenea che diede il nome all’ultimo mese dell’estate nelle zone di Creta, Rodi, Coo, Tera e Sparta. Apollo usurpò il suo nome in quanto divinità immortale nel pantheon greco e non solo il nome di un mese in alcune zone della Grecia.

Solo una volta Apollo suscitò l’ira di Zeus, e fu quando suo figlio Asclepio resuscitò un uomo morto privando Ade di un suo suddito, Zeus a questo punto uccise Asclepio e Apollo uccise i Ciclopi che di Zeus erano figli (o forse nipoti in riferimento a Poseidone), in questa escalation di violenza Zeus avrebbe ucciso Apollo se Latona non fosse interceduta per lui: Latona ottenne che Apollo fosse condannato solo a un anno di servizio presso Admeto, re di Fere, che fu da allora un favorito di Apollo. In seguito a questi eventi fu sempre una divinità moderata con le parole “Conosci te stesso” e “Nulla in eccesso” sulle sue labbra. L’umiliazione di Apollo e il servizio presso Admeto ricordano un episodio storico in cui i sacerdoti di Apollo furono puniti per aver massacrato i componenti di una associazione di fabbri pre-ellenica, ciclopi appunto, protetta comunque da Zeus.

Nell’epoca classica la musica, la poesia, la filosofia, la matematica, la medicina e la scienza erano tutte sotto l’egida di Apollo, costui aveva imparato tutte queste arti da sua madre Lat (Latona), che era anche la Brigit Iperborea che a sua volta sarà poi identificata con la S. Brigitta cristiana; le corde della lira venivano suonate anche in modo terapeutico e corrispondevano alle sette vocali del tardo alfabeto greco. Come fanciullo d’oro, Apollo fu venerato come dio sole e quindi sua sorella Artemide divenne per associazione naturale identificata con la luna.

I sacerdoti di Apollo usurparono le funzioni di re sacro pre-ellenico (Plutarco, Perché gli oracoli tacciono), infatti in epoca classica si inscenava un’attacco a una capanna ogni nove anni  davanti al tempio di Delfi, nel cosiddetto rito di Stepterion, il giovane che vi aveva preso parte si recava presso Tempe per purificarsi tornando con la suddetta corona di alloro. L’attacco al re rifugiato ricorda per molti versi l’assassinio di Romolo, che anche esso nella Roma classica veniva inscenato, o il sacrificio annuale delle Bufonie, l’uccisione dello Zeus-bove con l’ascia bipenne, il cui attuatore fuggiva senza guardarsi indietro (come spiegato anche nei romanzi di Marion Zimmer Bradley, vedi “La torcia”).

©foto raiplay                                                ©Francesco Spuntarelli

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