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Grande Guerra, un volo per l’umanità

Quando una Torretta, sull’Adriatico, scomparve

Un orrore senza fine, i grandi e spesso inutili massacri della Grande Guerra: un’ Italia con grandi appetiti e mediocri governi, un mondo che scriveva la parola fine a quel periodo ricordato con il nome di “Belle Epoque” e si gettava a capofitto nella micidiale fornace bellica. Un numero impressionante di Caduti, settecentomila, e di mutilati, un milione, per il costo della Vittoria, una vittoria, che, malgrado la continua opera di marginalizzazione effettuata da numerosi libri “storici”, rimane nella verità della storia, oltre all’esemplare comportamento delle Forze Armate, certamente inferiori per mezzi e strategie, l’unico esempio di unità e dignità nazionali nella vita del nostro Paese.

Quella guerra, lontana oramai oltre cent’anni, ebbe anche un altro merito, quello di mostrare al mondo un’umanità che in quel vortice di sangue e di fango sembrava cancellata per sempre. L’esempio di Gabriele D’Annunzio, del suo volo su Vienna, con il famoso lancio di manifestini tricolori anziché ordigni, era la risposta alla crudeltà più volte mostrata dal nemico: non si dovrebbero dimenticare le atrocità subite dalle popolazione friulane e venete nel periodo compreso tra la disfatta di Caporetto e la battaglia di Vittorio Veneto, l’assassinio dei nostri soldati storditi dal fosgene e finiti a colpi di mazze ferrate; la risposta fu il lancio di volantini, proprio ad opera di quel D’Annunzio, ancora oggi, in alcuni ambienti, considerato un interventista sanguinario, un esaltato fautore della funzione purificatrice della guerra.

Un episodio della cronaca minore di quel tempo l’affidiamo al ricordo di un testimone, a maggior sostegno che la crudeltà contro i civili non fu una triste invenzione della seconda Guerra Mondiale.

Ancora dritto nel suo metro e novanta, il vecchio marchese, con lo sguardo fisso al grigio del mare d’inverno, prese a raccontare l’episodio di cui, bambino, era stato testimone. ” All’inizio dell’estate, credo fosse il 1916, sulla spiaggia di Grottammare, mi trovavo con altri ragazzini sulla riva; Il sole era alto e forte e noi giocavamo, mentre madri e governanti, sedute all’ombra, parlavano fra loro. All’improvviso, sulla linea piatta dell’orizzonte, apparve una sagoma scura, una nave con torri binate; teneva una rotta parallela alla costa, avanzava lentamente verso sud ed era lontana almeno un paio di miglia. Tutti i presenti, donne e bambini, presero ad agitare le braccia ed a sventolare, in segno di saluto, i fazzoletti e qualche – viva la Regia Marina! – si alzò dalla piccola folla dei bagnanti; in realtà, la grande unità da guerra non apparteneva alla Regia Marina Italiana, ma all’Imperial Regia Flotta Austroungarica; solo un istante, poi un colpo secco, qualcosa di simile ad un tuono e la torretta del nostro villino prospiciente al mare si piegò su se stessa e scomparve alla vista. Un fuggi-fuggi generale, sedie rovesciate, sporte abbandonate ed una pattuglia di anziani militi della Guardia di Finanza, accorsi sul posto, ginocchia a terra, presero a far fuoco con il nostro storico novantuno, in direzione di quella corazzata da cui non partirono altri colpi” .

Nel ricordare questo episodio il marchese un po’ rise, e un po’ si commosse, per poi rabbuiarsi quando narrò che la medesima unità, la notte precedente, uscita dai sicuri porti della Dalmazia, era stata responsabile, probabilmente, del primo bombardamento su una popolazione civile. I proietti, infatti, sparati da quelle potenti bocche da fuoco, erano piombati su Ancona: circa duecento morti ed altrettanti feriti. In conclusione, se ci troviamo a passare sul Lungotevere delle Navi, con uno sguardo rapido all’edificio del Ministero della Marina, noteremmo, ai lati dell’ingresso principale, due grandi ancore: una apparteneva proprio a quella corazzata che distrusse, in un’assolata giornata estiva, la torretta del vecchio marchese.

Alessandro Publio Benini


Foto autore articolo

Alessandro P. Benini

Esperto di Finanza e di Storia dell’Economia.
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