Grave danno all’economia dell’Emilia Romagna
Sono 36mila gli sfollati in Emilia-Romagna. La maggior parte, 19.500, nel Ravennate, quasi 5mila in provincia di Forlì-Cesena e 1.900 nel bolognese. Sono 5.370 (di cui circa 4mila nel ravennate, 734 nel bolognese, 632 nel forlivese-cesenate e 4 nel riminese) le persone accolte in albergo e nelle strutture allestite dai Comuni: scuole, palazzetti e palestre; le altre hanno trovato sistemazioni alternative (seconde case, amici e parenti).
L’alluvione che da giorni si abbatte sull’Emilia Romagna ha recato gravi danni anche agli alberi da frutto. Almeno 10 milioni di piante dovranno essere estirpate. In particolare si
parla dei peschi e dei kiwi, che sono i più sensibili al ristagno idrico, degli albicocchi. Questi alberi si trovano in uno dei distretti agricoli che produce una grandissima parte della frutta che finisce nei mercati europei. Ma il bilancio potrebbe aggravarsi dato che nelle stime fatte da Confagricoltura Emilia Romagna non includono le colture arboree distrutte dalle frane o trascinate a valle dal fango. Il pericolo è che anche gli alberi da frutto più resistenti come il melo, il pero, il susino, il ciliegio, l’olivo e la vite potrebbero rischiare l’espianto. In questo caso il numero si aggirerebbe intorno ai 40 milioni. I danni maggiori riguardano l’arteria sommersa d’acqua che lega Bologna a Rimini, fino a giungere al territorio ferrarese.
“Si è aperta una voragine socio-economica e ambientale” – commenta Confagricoltura Emilia Romagna – “occorrono non meno di 40-50 mila euro a ettaro per reimpiantare un frutteto o un vigneto e diversi anni per arrivare alla piena produzione. Fermo restando che è quasi impossibile reperire sul mercato un quantitativo così alto di piantine. Nel frattempo è già partita la gara di solidarietà tra agricoltori per portare soccorso e salvare il salvabile nei campi”.
Secondo Confagricoltura Emilia Romagna ci sono danni fino a 6.000 euro a ettaro per i seminativi (grano, orzo, mais, soia, girasole, erba medica, orticole e colture da seme) e 32.000 euro a ettaro per frutteti, vigneti e oliveti, inclusi raccolti persi e costo dei reimpianti. “Il calcolo non comprende però le ripercussioni su scorte, strutture, macchinari e neanche le anticipazioni di liquidità finalizzate a far ripartire l’attività. Le operazioni colturali sono sospese, in un momento cruciale dell’annata agraria, pure i trattamenti andando così ad aumentare il rischio di fitopatie future”.
Secondo la Coldiretti “il raccolto della frutta sarà compromesso per i prossimi quattro o cinque anni perché l’acqua rimasta nei frutteti ha soffocato le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare intere piantagioni”. In più “nelle aree colpite dall’alluvione sono a rischio almeno 50 mila posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione”.
“Ai danni sulla produzione agricola si aggiungono” – sottolinea la Coldiretti – “quelli alle strutture come gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature
perse senza contare la necessità di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali dove si moltiplicano frane e smottamenti”. Per questo “serve garantire l’arrivo degli aiuti nel minor tempo possibile e dare a queste zone martoriate la possibilità di riparare i danni e ripartire con la nomina di un Commissario alla ricostruzione come fatto ai tempi del terremoto. Gli strumenti ordinari di intervento vanno attivati quanto prima, ma non sono sufficienti a garantire il salvataggio e la continuità delle filiere agricole del territorio colpito”.
Fridays for future
Protesta, fuori dalla Prefettura in Romagna da parte di un gruppo di attivisti per il clima di “Fridays for Future”. Innalzando alcuni cartelli a comporre la scritta “Non è maltempo è crisi climatica” hanno fatto sentire la loro voce. «Il Governo» – attacca davanti ai cronisti Agnese Casadei del coordinamento di “Fridays for Future Forlì” – «si sta macchiando del sangue delle vittime, 14 accertate di questo disastro. In passato non hanno fatto altro che ignorare la comunità scientifica quindi tutti i Governi passati sono responsabili dei disastri che stanno avvenendo adesso».
Nel frattempo a Roma gli attivisti di Ultima Generazione imbrattano l’acqua della Fontana di Trevi con striscioni per la campagna “non paghiamo il fossile”.
Giorgia Iacuele