I Protagonisti de “L’Italia del Miracolo” – 1960: l’Anno del Trionfo
Scritto da Redazione il . Pubblicato in Economia, Finanza e Politica.
I PROTAGONISTI nella “ITALIA DEL MIRACOLO”
UN LIBRO a cura di FRANCESCO CARLESI
Un’analisi storica e politica dell’Italia, a decorrere dall’inizio degli Anni ’50, o più precisamente dal 1948, effettuata da Pietro Giubilo e collegata alla presentazione del Volume curato da Francesco Carlesi, avvenuta a Roma presso la libreria Hora-Felix.
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Studi e ricerche come questo volume a cura del Professor Francesco Carlesi, intervengono in uno spazio di proposta culturale che aiuta l’impegno della “Destra” a svolgere una funzione di essenziale chiarimento delle questioni che riguardano la più recente storia d’Italia e le necessità dell’oggi.
Innanzitutto occorre sottolineare che la decisività dell’ambito culturale – sul quale si è esercitato il ruolo egemone della sinistra, dimostrato, tra l’altro, dall’influente spazio da essa occupato negli enti culturali e nelle strutture formative del Paese – è emersa indirettamente dalle stesse vicende che hanno recentemente interessato il Ministro Gennaro Sangiuliano, oggetto di una strumentale campagna denigratoria all’indomani di nomine inerenti le commissioni per l’assegnazione di finanziamenti pubblici alle attività cinematografiche.
Da qui nasce la oggettiva necessità di operare nel Paese per una revisione della perniciosa condizione di forte influenza politica nell’ambito culturale, al fine di favorire, invece, spazi di discussione e di critica, di ampio pluralismo senza divieti, per costruire una reale e libera agibilità culturale, per tutti, senza pregiudiziali impedimenti. Un’opera che potremmo anche definire di un rientro del gramscismo nei confini e nei limiti di un mero pluralismo culturale, denunciandone l’assolutismo e il sostegno ad una politica di parte, utilizzato dal PCI nei decenni cruciali del dopoguerra, per asserragliarsi nei gangli della società civile e nelle stesse istituzioni culturali, dando vita a quella “dittatura delle idee” che ancora oggi tenta di imporre, sul piano comunicativo, ostracismi e divieti per chi non ne faccia parte.
A questo proposito, le pubblicazioni della “Casa Editrice Eclettica”, sostenuta dell’impegno dell’on. Alessandro Amorese, costituiscono un significativo contributo per il rinnovamento del linguaggio della destra. Essa propone una saggistica attenta a segnalare quegli spazi sociali e culturali, oltre che storici, sui quali più marcato risulta l’orientamento ad una lettura complessiva e non di parte delle vicende italiane.
Ne sono esempi i contributi contenuti nei volumi “Damnatio memoriae”, sull’Italia e il fascismo; “L’Italia del futuro” sulle questioni dell’economia, lavoro, cultura, geopolitica e innovazione e quello su “Le radici nascoste della Costituzione” di Francesco Carlesi e Gianluca Passera sul corporativismo e la Carta del 1948 che illuminano aspetti poco analizzati del dibattito costituzionale nel dopoguerra.
In questo senso i testi contenuti nel Volume “L’Italia del Miracolo”, uscito più recentemente, continuano questa ricerca sull’economia mista e le proposte per una prospettiva di ordine civile, personalistico e comunitario, con un elevato ruolo dello Stato che richiamano aspetti affacciatisi nel disegno costituzionale, ma, soprattutto, affermati da influenti personalità, caratterizzate da una cultura che era stata, in qualche modo, alimentata durante il Fascismo, per l’affermazione, in diverse forme operative, di quella “Terza Via” (*1), né liberista, né marxista che Guido Gonella amava definire “la nostra via”.
“L’Italia del Miracolo” racconta di una Italia che, soprattutto a iniziare dagli anni ’50 fino alla metà dei ’60 (*2), cresceva oltre che economicamente, anche socialmente, cioè come orizzonti economici, idee, progetti, riforme, nuovi istituti, normative che costruivano una nazione nuova e diversa, socialmente avanzata, che guadagnava autorevolezza sulla scena internazionale.
Nelle pagine del libro ripercorriamo, con Claudio Freschi, il keynesismo di Federico Caffè che, nell’auspicato intervento pubblico nell’economia, evitava la deriva socialista o collettivista che, nonostante le fallimentari esperienze sviluppate nei paesi a economia marxista, trovavano, negli anni del dopoguerra, spazi e sostenitori nel Paese.
Viene richiamata da Fabio Massimo Frattale Mascioli l’utopia realista di Adriano Olivetti e la sua visione dell’impresa come comunità di lavoro, un’esperienza ben oltre quell’aridità confindustriale che non ha mai saputo misurarsi come una operante visione sociale dell’impresa, attenta invece alle mere logiche produttivistiche e manageriali.
Si descrive l’immeritata parabola e l’infame ostracismo che intervenne contro un prestigioso manager e ricercatore come Felice Ippolito che, sin dal 1955, come espone con notazioni interessanti Luca Cupelli, intuì il valore essenziale dell’autonomia energetica per l’Italia da sviluppare attraverso il nucleare (*3), contrastato dal duro volto del correntismo e dei veleni che attraversarono, portando al fallimento, l’esperienza politica del centrosinistra.
Una analisi di grande attualità è svolta da Stelio Fergola su un Enrico Mattei costruttore di un gigante imprenditoriale e politico che oltre ad agire, con coraggio, per un necessario approvvigionamento energetico, sorresse una dignitosa posizione internazionale dell’Italia sulla quale piovvero minacciose sollecitazioni estere, non tutte palesi, che tuttavia non trovarono sponde politiche e istituzionali in un Paese che riusciva, pur in un quadro geopolitico di guerra fredda, a mantenere uno spazio di interesse nazionale da salvaguardare e, che, non a caso, oggi viene richiamato, secondo la dizione del “Piano Mattei”.
Oltre a questi contributi assai validi e scritti con prosa convincente dai giovani ricercatori dell’Istituto Stato e Partecipazione, vale la pena soffermarsi sugli scritti concernenti Donato Menichella, Amintore Fanfani e Costantino Mortati.
Sul “tecnocrate” Menichella il volume ospita uno scritto del professor Lorenzo Castellani che sui temi del rapporto tra tecnici e politica ha sviluppato da tempo una saggistica interessante ed originale. Emerge nel testo la figura di un tecnico che, nei ruoli istituzionali, non si sostituisce ai politici e che, quindi, potrebbe definirsi come l’esatto contrario delle recenti esperienze italiane e, cioè, dei Ciampi, Monti e Draghi che, complice una politica debole, hanno avuto l’ambizione di guidare i governi.
Il finanziere di Foggia, del resto, era stato “reclutato” da Alberto Beneduce che Benito Mussolini aveva chiamato per salvare l’Italia dalla crisi delle Banche a seguito e per gli effetti della crisi del 1929, ponendo, come scrive Castellani in un successivo saggio -“Eminenze grigie“- pubblicato nel 2024, “la sua intelligenza … al servizio di un sistema autoritario”, costruendo “una decina di enti economici e finanziari … Crediop, ICUPU, IRI, IMI e … una classe di giovani manager… come Donato Menichella, Enrico Cuccia, Guido Carli, Raffaele Mattioli”.
Menichella arriverà nel 1943 ad assecondare il trasferimento al Nord, alla RSI, dei titoli di proprietà dell’IRI, subendone un processo dal quale ne uscì indenne, anzi, contribuendo a convincere gli “Alleati” a mantenere gli enti creati dal regime mussoliniano. Menichella difese la coesistenza tra impresa privata e impresa pubblica; difese, nel suo ruolo di governatore di Bankitalia, la pubblicità degli istituti di credito nel tempo dell’Oscar alla lira; attento al sociale e al territoriale suggerì la costituzione della Cassa per il Mezzogiorno.
Vicino a lui – ne accenna anche Francesco Carlesi – ebbe Sergio Paronetto, poco conosciuto quanto decisivo ispiratore del terreno prepolitico dal quale nacque la Democrazia Cristiana; redattore dei documenti fondativi dell’impegno del partito cristiano: dal “Codice di Camaldoli” alle “Idee ricostruttive”– nei quali si propongono, tra l’altro, i comitati di gestione dei lavoratori nelle aziende, il controllo pubblico sulla moneta e la seconda camera degli interessi -, contribuendo a preparare i radiomessaggi sociali di Pio XII degli anni ’40.
De Gasperi, come ha riferito Giulio Andreotti (in “De Gasperi visto da vicino”), ne ebbe “grande rispetto … con una fiducia nelle sue previsioni e analisi che raramente gli avrei constatato in seguito verso altri consiglieri economici”.
Davvero interessanti i saggi su Amintore Fanfani e Costantino Mortati che il volume propone. Del politico aretino, nel contributo di Filippo Burla, si evidenzia il particolare apporto, insieme a Francesco Vito ed altri, alla cultura del regime, nell’ambito dell’Università Cattolica e della cui ispirazione ideale appaiono tracce significative in un libro del 1933 su “Le origini dello spirito capitalistico in Italia”.
Poco conosciuti ma originali sono gli apprezzamenti di Fanfani circa il “neo-volontarismo economico”, di cui tratta un ben articolato saggio di Carlesi del 2022 su “Mussolini e Roosewelt”, nel quale emerge la tesi fanfaniana che pur apprezzando le dottrine economiche dei rooseweltiani, rimproverava loro il fatto di “pensare di costruire una dottrina che sostituisca il liberalismo ripudiando metafisica ed etica”.
Queste pagine chiariscono il senso della partecipazione del futuro leader democristiano alla scuola di mistica fascista di Arnaldo Mussolini, nell’ambito cioè di un pensiero sociale cattolico che si andava affermando in termini distinti e, tuttavia, non conflittuali con il regime, anche a motivo di un quadro internazionale occidentale, spesso ostile con il nostro Paese.
Su Costantino Mortati il saggio di Gianluca Passera e Francesco Carlesi espone, con adeguati riferimenti, la sua visione organicistica dello Stato. Una visione che delinea quello che viene definito un “sistema misto”, nel quale al fine di correggere la “inesistenza di un automatismo di riequilibrazione del mercato del lavoro”, viene proposta “l’esigenza di interventi statali suscettibili di prevenire fino a che possibile, le crisi e di circoscriverne gli effetti”.
Tuttavia questo intervento non avverrebbe sulla base di uno statalismo o di meccanismi collettivisti, ma con l’esaltazione del ruolo dei sindacati e dei corpi intermedi.
A tal proposito gli autori non mancano di esaminare la forte ispirazione di Sergio Panunzio, sul cui rapporto intellettuale e umano testimoniano le vicende legate agli ultimi giorni dello studioso del sindacalismo fascista, il quale, sottoposto a processo, muore nel 1944, ospitato a casa del suo allievo più prestigioso. Nei testi di Panunzio si evidenziano gli elementi ispiratori di alcune idee e progetti del protagonista dell’Assemblea che diede vita alla Costituzione del 1948.
Quando Panunzio, negli anni ’30, scriveva che si dovesse puntare a un rinnovamento dell’istituto parlamentare sulla base della “rappresentanza diretta e autentica degli interessi”, non può non rintracciarsi la proposta di Mortati alla Costituente, contrastata dalle sinistre, sulla seconda camera che doveva contenere le espressioni, elette a livello regionale, delle competenze sociali e culturali; quando, ancora, nello scritto su “ll sentimento dello Stato”, il teorico fascista affermava che “Il Partito crea lo Stato, e, a sua volta, lo Stato, creato dal Partito, si basa sul Partito”, non si può non rilevare, pur nel diverso contesto dello sviluppo democratico dell’Italia, un lontano riferimento di quell’idea di “Costituzione Materiale” che il giurista calabrese svilupperà, riferendola all’effettivo assetto istituzionale espresso dalle forze politiche.
Del vasto impegno propositivo di questo importante teorico delle istituzioni, che individuò un progetto complessivo della democrazia parlamentare dell’Italia, resta il rammarico della constatazione di una “Costituzione inattuata”, come recita il titolo del saggio a cui ci riferiamo, contenuto nel volume, senza che i sostenitori della sua, presunta, ineguagliata “bellezza”, mostrino alcuna preoccupazione, anche perché gli esaltatori di oggi sono gli eredi degli oppositori di ieri, dimostrando allora come ora la propria indisponibilità ad una opera realmente riformatrice.
La lettura dell’ ”Italia del Miracolo” conduce ad una prima conclusione: il libro mostra una attenzione nuova ed una capacità di inverare e interpretare le altre culture, rispetto a quelle tradizionali della destra, quantomeno per come sono state sempre raccontate. Non è lecito, ed è, soprattutto, irreale, sostenere che alcuni dei personaggi esaminati siano da ritenersi, in qualche modo, “collusi” con il fascismo e la sua temperie culturale, magari per ragioni di carattere opportunistico.
Le evidenti connessioni tra il confronto delle idee durante il ventennio ed alcune linee di pensiero espresse nei primi anni del dopoguerra, mostrano qualcosa di più serio ed importante, cioè una specificità culturale dell’Italia in grado di evidenziarsi al di là degli avvenimenti e dei regimi politici, come identità valoriale e storica, come attenzione e valorizzazione del sociale e del pluralismo, come creatività anche istituzionale, non soffocabile in schemi culturali e ideologici di importazione.
A destra ne troviamo espressione di libertà di pensiero, nell’opera di Gaetano Rasi (*4) e di Giano Accame. Si tratta di uno spazio che sfugge ai discriminatori schemi gramsciani che, purtroppo, trovano quale erroneo apprezzamento anche a destra.
Ai recenti estimatori del pensiero dell’intellettuale comunista rammentiamo, di passata, il carattere irreligioso dell’immanentismo gramsciano, opposto a quello rispettoso del cristianesimo di Giovanni Gentile; la divisività connaturata al discrimine verso il liberalismo di Croce e la cattolicità della Chiesa; l’incapacità di superare gli “storici steccati”; la commistione tra potere e produzione culturale con gli esiti verso il “pensiero unico”. A fronte di tutto ciò sorge l’esigenza di iniziative per una libera cultura che aiuti la costruzione di una coscienza nazionale unitaria.
Una seconda conclusione, che le pagine dell’opera sul “miracolo” dell’Italia suggeriscono, richiama la necessità di una sollecitazione attuale verso la correzione delle asprezze del neo-liberismo a base finanziaria che vede restringersi lo spazio dell’economia produttiva, per l’ampliarsi del ruolo della finanza nell’attività imprenditoriale e le conseguenze sul piano sociale dovute per la ridotta capacità propositiva dei sindacati e dei corpi intermedi.
Nuove diseguaglianze e nuovi e stravolgenti suggerimenti valoriali provenienti dal capitalismo woke premono su istituzioni rappresentative nelle quali la politica ha perso sovranità e l’intermediazione spazio operativo. Alla destra, se supportata da una adeguata ricerca culturale e storica che sappia cogliere i segni di una nuova socialità personalistica, si offre uno spazio – questo sì un vero “campo largo” – lasciato dall’arretramento – meglio la diserzione – della sinistra e dalla scomparsa del centro.
Si tratta di impostare adeguate politiche programmatiche quali dovrebbero apparire come la questione sulla quale fondare le indispensabili riforme istituzionali, come il premierato, avviando un percorso virtuoso in una Italia alla ricerca di un nuovo “miracolo”, come suggeriscono le intelligenti ricerche del lavoro curato da Francesco Carlesi. Ma questo è un altro discorso !
_______________ PIETRO GIUBILO (*5)
NOTE A MARGINE
_____________a cura di GIULIANO MARCHETTI
Questo ponderoso intervento, che rappresenta senz’altro un notevole ed illuminante “saggio” a firma di Pietro Giubilo, è pervenuto alla nostra Redazione – dopo insistenti, pur se cortesi, solleciti – post la presentazione del volume “L’Italia del Miracolo”, avvenuta il 14 novembre presente la Consul Press.
Alla “Tavola Rotonda”, davanti ad un folto e qualificato uditorio, hanno partecipato lo stesso coordinatore dell’opera Francesco Carlesi – Presidente dell’Istituto “Stato e Partecipazione“, Pietro Giubilo – già Sindaco di Roma, Benedetto Ippolito – Docente di Storia di Filosofia Medievale presso l’Università Roma Tre, nonché figlio dell’Ing. Felice Ippolito.
(nella foto a destra, Francesco Carlesi e Benedetto Ippolito durante la conferenza).
(*1) – Tale “Terza Via” ipotizzata a suo tempo anche dal Fascismo – ed in parte realizzata tramite il Corporativismo e la Socializzazione delle Imprese – sembrerebbe a volte ritrovare riscontro sia nella Dottrina Sociale della Chiesa, sia nelle enunciazioni da parte di una certa “Destra Sociale”, che giustamente intende ricollegarsi all’Umanesimo del Lavoro ed ad una esaltazione del Ruolo Sociale dell’Impresa.
A tali tematiche, costantemente la Consul Press dedica particolare attenzione, impegno e spazio anche in sinergia con molteplici incontri, tra cui spesso quelli organizzati dal Sen. Riccardo Pedrizzi con l’Ucid -Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, come visionabili direttamente sul nostro web.
(*2) – A tale riguardo, personalmente mi piacerebbe rievocare il 1960 anche come “l’Anno del Trionfo”, in quanto Anno delle Olimpiadi in Roma (avevo allora 18 anni e frequentavo il IV ITC presso il “Duca degli Abruzzi”) ….OLIMPIADI che ancora si ricordano non solo per lo Sport, ma altresì anche per la loro “Dimensione Umana” che, in seguito, spesso è decisamente iniziata a venir meno. Quelle storiche e magiche OLIMPIADI sono riuscite a trasmettere nella Nazione e nella Popolazione entusiasmo, orgoglio ed ottimismo, nonché a trainare l’economia con la realizzazione di grandi opere – già avviate negli anni precedenti – i cui benefici sono stati positivamente apprezzati anche negli anni successivi.
Una occasione unica che si sarebbe potuta ripetere per il 2020, qualora sia l’imbelle Governo, allora presieduto da Mario Monti, sia gli altri pavidi Poteri Istituzionali avessero dimostrato saper utilizzare le necessarie Capacità e Competenze, nonché il Coraggio per accettare la sfida !
(*3) – Sul “nucleare”, ritengo sia doveroso rammentare la decisa presa di posizione del Periodico L’Orologio – un “Laboratorio geopolitico ed identitario” (condotto da Luciano Lucci Chiarissi e composto da Giuseppe Ciammaruconi, Gaetano Rasi, Luigi Tallarico, Giorgio Vitangeli, Pacifico D’Eramo, Romano Vulpitta, Carlo Garabello, con molte altre “Anime Libere e Nobili”) che, sorto negli anni ’60, ancor oggi può essere argomento di ammirazione e studio per le sue numerose analisi, discussioni ed intuizioni a suo tempo già elaborate.
(*4) – Gaetano Rasi (15.05.1927 – 20.11.2016) è un altro prestigioso Nome più volte presente per i suoi interventi su questa Testata, non solo per un’intercorsa reciproca vicinanza personale e lunga collaborazione – già iniziata ai tempi de “L’Orologio” (prima al Circolo dei Selvatici e poi nelle rispettive sedi di via Barletta) – quindi proseguita successivamente con il CESI –Centro Studi Economici ed Iniziative Culturali presso la Fondazione Ugo Spirito – Renzo De Felice.
(*5) – Pietro Giubilo, classe 1942 e “Romano Doc”, ex giovane militante in Avanguardia Nazionale, poi con la D.C. Sindaco di Roma dal 1988 al 1989, è Uomo di grande cultura, conferenziere e saggista, con un forte senso della Nazione e positivamente vicino alla Dottrina Sociale della Chiesa. Oltre al presente “saggio”, ha in precedenza pubblicato sulla Consul Press alcuni altri interventi di notevole caratura tra cui, per collegamenti con le argomentazioni e le tematiche qui finora affrontate, si ritiene interessante segnalare una sua relazione svolta nel marzo dello scorso anno, in un Convegno presso il CIS su “LA DEMOCRAZIA CRISTIANA, I CATTOLICI E LA DESTRA“.
E proprio in quest’anno, nel mese di gennaio entrato oramai nella sua III^ decade, sembrerebbe agitarsi un rinnovato impulso per riposizionare la c.d. BALENA BIANCA nel grande mare aperto, ivi trasferendola da enormi acquari forse ancora collocati in Piazza del Gesù a Roma-Centro o nell’ex-Palazzo Don Sturzo a Roma Eur.
Oramai siamo all’Anno Giubilare che corrisponde all’A.D. MMXXV (dopo circa 725 anni dal I° Giubileo indetto da Bonifacio VIII nel MCCC) ed anche (…perché no ?) al MMDCCLXXIII Ab Urbe Condita ed al 103° Anno dell’E.F.
… E CHI VIVRA’ … VEDRA’.