I Terremoti della Repubblica
J‘ACCUSE
Queste parole comparvero a Parigi, più di un secolo fa, in apertura di un editoriale del giornale socialista l’Aurora, firmato dallo scrittore Emile Zola in forma di lettera aperta, diretta al Presidente della Repubblica francese, a proposito di una macroscopica ingiustizia giudiziaria: il caso Dreyfus. Da allora il “j’accuse” è entrato anche nella lingua italiana corrente per indicare un preciso riferimento ad una denuncia pubblica per una grave ingiustizia.
Se all’epoca di Zola l’ingiustizia dello Stato che colpiva una sola persona veniva bollata con una locuzione così pesante, cosa dovremmo dire oggi noi di fronte al trattamento arrogante di una politica inconcludente, di un’amministrazione di dirigenti incapaci, di un governo insensibile al dramma umano ed alle sofferenze fisiche e psicologiche di tanta povera gente (Ussita, Visso, Norcia, Arquata, Amatrice, Accumuli, Montereale, Acquasanta, Campotosto, Castel S. Angelo, Cermignano, Penne, Rigopiano, ecc.) colpita dalla calamità?. L’eroismo, il sacrificio personale, l’abnegazione di tanti volontari, vigili del fuoco, personale delle forze dell’ordine non cancella la vergogna dei vertici del Paese e del sistema che è responsabile dei sepolti vivi.
Il 1 settembre del 2016 scrivevo che gli italiani erano sazi dei fiumi di parole con cui erano stati sommersi dai politici e che non bastava piangere sui morti per aiutare i vivi, ma che c’era bisogno della dimostrazione concreta dell’esistenza dello Stato.
Il terremoto di agosto, quello di ottobre dell’anno scorso e quello di metà gennaio 2017 hanno sconvolto una larga fascia di quattro regioni dell’Italia centrale. Oltre alle vittime, che ora non soffrono più, e oltre ai danni al patrimonio artistico, sono state distrutte attività economiche e commerciali, aziende agricole e di artigianato e sono finite letteralmente sul lastrico migliaia di famiglie che hanno visto morire di freddo e di fame i loro armenti e le loro greggi senza che lo Stato desse il minimo aiuto.
L’intera popolazione italiana, anche chi ha meno degli altri, affranta ha reagito in modo spontaneo con atti di partecipazione e slanci di concreta solidarietà, offrendo braccia, generi di conforto e denaro. Ma inspiegabilmente i milioni di euro di piccole donazioni sono rimasti bloccati per insipienza e ottusità burocratica nella tesoreria dello Stato.
In questa gara di solidarietà non si ha notizia di un solo politico, tra quelli che hanno ripetuto fino alla nausea la propria vicinanza con i terremotati, che abbia rinunciato ad un mese di stipendio o di vitalizio, ai privilegi pagati con le tasse dei cittadini o che abbia adottato misure concrete di aiuto o che abbia provato il disagio e la privazione di una notte in tenda al freddo.
Nessuna rinuncia alle spese di rappresentanza fatte per appagare l’ego smisurato dei potenti invece di destinare il risparmio al soccorso immediato. Non una scalfittura al muro di gomma del rimpallo di responsabilità tra le varie articolazioni burocratiche (stato, regione, protezione civile, prefettura, commissariato per il terremoto, ecc.).
Dunque è del tutto giustificato lanciare il grido di accusa contro le più alte cariche dello Stato a cominciare dall’ospite del Quirinale (costo 236 milioni l’anno) che si è lavato la coscienza prima con i funerali di stato e sfoggio di corazzieri e corone di fiori, poi con ripetute visite da passerella, seguito da un codazzo di cerimonieri e di ufficiali superiori, del tutto inutili.
Complici i mezzi di informazione sdraiati sulle veline dei palazzi e sul narcisismo dei suoi abitanti c’è stata la spettacolarizzazione del dolore e della disgrazia. Pura macabra rappresentazione della sventura di molti e della insensibilità dei tanti potenti.
Oltre a quella del Capo dello Stato ci sono state le visite pellegrinaggio del primo ministro, dei presidenti di Camera e Senato, dei vari ministri, del capo della protezione civile, del commissario per il terremoto, dei presidenti di regione, ecc. A cosa siano servite le visite della Boldrini che si trastulla sull’uso del femminile per le cariche istituzionali, o di Grasso che si è limitato alle solite giaculatorie del “non vi lasceremo soli”, o del primo ministro che ha scongelato l’uso del megajet da 300 posti da 46 milioni all’anno in leasing, ordinato da Renzi, per andare a trovare la Merkel? Semplicemente a nulla o tutto al più a riempire l’album fotografico del loro gabinetto. Di fronte alla constatazione che chi detiene il potere non abbia sentito per tanto tempo l’obbligo di intervenire concretamente per alleviare le sofferenze dei più sfortunati non c’è che da rimanerne sconvolti, indignati.
Sono passati cinque mesi dal sisma di agosto e nessun intervento decisivo è stato realizzato. Vari servizi televisivi hanno indugiato con le immagini delle gru dei vigili del fuoco che salvavano la campana della tal Chiesa o il capitello di un campanile, ma non sono state tolte le macerie, non è stato fatto alcun tesoro dell’esperienza del terribile sisma dell’Aquila del 2009, non sono state consegnate le case in legno, né approntati i ricoveri per gli animali. Eppure in televisione la premiata ditta Vespa-Del Rio, incurante del ridicolo, si è sperticata nel rappresentare la ricostruzione dal sisma (affidata ad un relitto politico come Errani e non ad un tecnico) come un volano per fare ripartire l’economia e risollevare il PIL.
Sarebbe stato necessario far intervenire sin da settembre 2016 una brigata dell’esercito con cucine e ospedale da campo, attrezzature fotoelettriche, macchine di movimento terra per la rimozione delle macerie, latrine mobili, spazzaneve per l’immediato ripristino della viabilità; di reparti del genio per la funzionalità delle linee elettriche telefoniche e ferroviarie; di reparti della guardia forestale (soppressa dall’incredibile riforma Madia), che conosce la realtà zootecnica della zona, per ricostruire immediatamente i ricoveri per il bestiame; allestire qualche migliaio di abitazioni in legno dotate dei dovuti allacci fognari idrici ed elettrici.
Un’opera immane che avrebbe richiesto un’imponente organizzazione e una capacità di visione strategica del tutto assenti nel governo e nell’attuale struttura della protezione civile, depotenziata dall’epoca Monti in poi e ridotta a ente di assistenza per la mera distribuzione di bottigliette d’acqua durante il blocco del traffico nella calura estiva.
Non c’è stato alcun serio coordinamento tra prefetture e ministero dell’interno, mentre gli elicotteri della forestale sono rimasti a terra perché il corpo è stato inglobato sulla carta nei Carabinieri. Si sapeva che in quelle zone l’inverno sarebbe arrivato puntuale e sarebbe stato duro. Ci si è fatti cogliere ancora una volta del tutto impreparati, nonostante le previsioni meteo fossero a disposizione di tutti con largo anticipo.
Mentre in Giappone si ricostruisce in un mese un’intera autostrada danneggiata dal sisma, in Italia, che nella bocca dei politici di turno da Martina a Del Rio, da Alfano a Pinotti, da Gentiloni a Renzi, da Padoan a Franceschini è descritta come un grande paese, come la sesta economia del mondo, non siamo stati capaci di dare un alloggio a poche migliaia di persone, un ricovero ad altrettanti animali da stalla, di pretendere dall’Anas la corretta e costante manutenzione delle strade e dall’Enel un’altrettanto costante manutenzione delle linee elettriche evitando di lasciare per una settimana senza corrente almeno 70.000 abitazioni.
Si sa che le tragedie della natura sono causate dagli incendi, dalle alluvioni, dagli straripamenti, dalle frane, dalle valanghe, dai vulcani, dai terremoti. E allora è mai possibile che nessun Governo abbia la lungimiranza di allestire un corpo speciale militarizzato di almeno 5000 uomini (con reparti e competenze dei vigili del fuoco, della polizia fluviale, della protezione civile, del genio militare, degli alpini, della guardia forestale, della croce rossa, speleologi, rocciatori) in mobilitazione permanente, sempre efficienti e pronti all’intervento in tempo reale come i pompieri che vivono nell’attesa della chiamata? E’ ancora tollerabile una simile carenza di programmazione che consenta di affrontare ogni calamità con tempestività e dovizia di mezzi (dalle turbine agli spazzaneve, dai cingolati ai trattori, dalle autobotti alle macchine di movimento terra, dagli aerei e elicotteri anti incendio a quelli per l’elisoccorso, ecc)? …. Nessuna prevenzione, nessuna organizzazione, nessuna previsione, nessuna strategia: questa è la nostra carta di identità.
E’ altrettanto noto che l’emergenza, parola usata spesso a sproposito per nascondere i peggiori intrallazzi, non riconosce il sistema democratico dei controlli e delle autorizzazioni preventive, ma riconosce solo la responsabilità di una persona al comando o di un ristrettissimo gruppo che si assuma l’onere del rendiconto civile e penale delle scelte e che decida in tempo reale il da farsi senza pastoie burocratiche.
Lo Stato che riesce a trovare 20 miliardi per salvare MPS e coprire le malefatte di banchieri e industriali non è stato capace, dopo ben 5 mesi, di provvedere agli alloggi prefabbricati in legno per i terremotati e ha fatto ricorso persino alla riffa delle poche unità pronte.
La sfida che l’Italia ha di fronte è gigantesca e non trova l’eguale in nessuna parte del mondo. Oltre alle migliaia di senza tetto e di sfollati deve attrezzarsi per mettere in sicurezza gli edifici pubblici (incluse 40.000 scuole e 2.800 ospedali)), un patrimonio artistico smisurato e inestimabile, antichi borghi, costruzioni secolari o millenarie, monumenti, torri, chiese, affreschi, sculture che rappresentano il nostro tesoro nazionale.
Il governo di un paese serio, dopo tutti gli innumerevoli gravi episodi di lutti precedenti non può fare a meno di organizzarsi a qualsiasi costo, sfondando qualsiasi muro del debito pubblico, istituendo il corpo speciale sopra descritto di protezione civile pronto all’intervento con stock di alimentari, di generi di prima necessità, con ospedali da campo e mezzi meccanici sempre in efficienza, con gruppi elettrogeni ed altri congegni di emergenza, tende per 5.000 posti e case in legno da montare per almeno altre 5.000 persone.
Occorrerebbero un piano decennale da 3 miliardi l’anno, occorrerebbe denunciare il fiscal compact, autorizzare i Comuni a spendere i soldi in cassa per opere pubbliche di salvaguardia del territorio, richiamare le migliaia di militari in missione all’estero. Tutto detto con sobrietà come richiede il primo ministro.
E invece! Questa classe politica che ancora non si è resa conto di quale rivoluzione economico-socio-politica sia in atto nel mondo, che non ha colto il significato del Brexit, delle pulsioni nazionaliste in Europa, del referendum italiano, dell’elezione del nuovo presidente USA che vuole ridimensionare la Nato e cessare di difendere i confini di altri paesi, non farà nulla. Non scardinerà il forziere del rigore, non modificherà il corso del fiume degli sprechi a cominciare dalle mangiatoie dei sacri palazzi (Colle, Consulta, Chigi, Monte Citorio, Madama) mentre il povero cittadino italiano, tra qualche mese o anno, di fronte alla nuova ineluttabile tragedia si domanderà ancora il perché dell’esistenza di questa classe dirigente di incapaci nonostante il suo grido di “j’accuse”.
Torquato Cardilli
*** *** ***
BREVI NOTE A MARGINE – Dopo quanto sopra esposto sulle endemiche incapacità da parte delle “Istituzioni” di questa Repubblica nel fronteggiare ogni situazione di grave emergenza, come quelle a cui abbiamo purtroppo assistito, dal dopo guerra ad oggi, sarebbe giusto ricordare a questa classe politica – indegna e cialtronesca – come, in altri precedenti tempi, sono state affrontate e risolte analoghe calamità naturali. In base alla mia piccola personale memoria storica, io ancora ricordo il terremoto di Gibellina (Sicilia ’68), Friuli (’76), Irpinia (’80), Umbria (’98); poi L’Aquila (2009), Emilia Romagna (2012) ed ora Lazio, Umbria, Marche (2016/17). E senza nulla togliere al valore e alla abnegazione dei soccorritori (Vigili del Fuoco, Forze Armate, Volontari, ecc.) se ci è consentito citare il Ministro Araldo di Crollalanza ed il suo operato durante la ricostruzione delle zone terremotate del Vulture nel 1930. questa Italia – nata il 2 Giugno dopo l’invasione degli Anglo Americani (con l’appoggio della Mafia in Sicilia ed altrove) – non fa certo una bella figura e dimostra il suo piccolo spessore “demo-catto-(ex)comunista”. Proprio su questo raffronto appare un pezzo ripreso da fb e ripubblicato nella Rubrica “Olio di Ricino” ….. buona lettura per chi desidera leggerlo ! (G.M.)