I truffatori della scienza
A partire dal XVI e del XVII secolo con Copernico, Keplero e Galileo, nasce una forma di sapere basata sull’esperienza e sulla schematizzazione matematica dei fenomeni. Si cominciano ad utilizzare teorie e modelli matematici, sia fenomenologici che assiomatici. Esse utilizzano quel passaggio essenziale, chiamato misura, che collega il mondo reale a quello numerico e matematico. Le teorie hanno normalmente una forma assiomatica con proposizioni primitive e linguaggio formale cui per mezzo di teoremi o regole di derivazione si ricavano tutte le proposizioni consentite da quella teoria, alcune delle quali prevedono misurazioni future mai effettuate, e in grado di corroborare o falsificare la teoria stessa. È del tutto evidente che le teorie sono una rappresentazione semplificata della realtà basate su assunzioni che conducono alla libera e creativa scelta degli assiomi. Lo stesso Einstein diceva: “Finché le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non sono certe, e finché sono certe, non si riferiscono alla realtà (Da Geometrie und Erfahrung, lezione tenuta presso l’Accademia Prussiana delle Scienze di Berlino, 27 gennaio 1921)”. Modelli e teorie semplificano la complessità del mondo osservabile e, in un certo senso, lo falsificano. Così, ad esempio, il mappamondo è un modello della terra o un insieme di palline colorate disposte in modo regolare rappresentano un modello di atomi in un cristallo. Il legame di tali Modelli con la finzione appare piuttosto evidente. Possiamo dunque dire che questo tipo di finzione ha delle accezioni molto positive che hanno a che fare con la struttura portante del linguaggio scientifico e della scienza stessa.
Ma, al di là di questa nobile parte di finzione conoscitiva ve ne è anche un’altra, sempre espressa dagli scienziati, che è invece una brutale forma di imbroglio e mistificazione.
Non mi riferisco a quei personaggi che vogliono rendere credibile l’incredibile e l’impossibile alla gente comune, come fanno astrologi, maghi, guaritori e via dicendo. Mi riferisco a scienziati seri e professionisti che, hanno l’obiettivo di convincere politici ma anche colleghi scienziati, che siedono negli organi statali di finanziamento della ricerca e che hanno il potere di decidere quali studi e quali ricercatori debbano essere sostenuti economicamente e con quanto. Lo scopo è quello di far risultare il progetto proposto come fondamentale sia dal punto di vista delle conoscenze di base che per la parte applicativa spesso dichiarando come immediate ricadute tecnologiche e di utilizzo su scala sociale. Il punto è quello di camuffarsi da vero scienziato di successo ed emergere nella massa degli oltre tre milioni di ricercatori che affollano oggi i laboratori. Quindi a volte gli scienziati imbrogliano altri scienziati e convincono i giornalisti che infine seducono le masse. Il tutto con lo scopo prevalente di ottenere dei finanziamenti ma a volte anche per indirizzare lo sviluppo della scienza in particolari direzioni ritenute strategiche da un punto di vista sociale e politico.
Normalmente questa truffa viene perpetrata lavorando su due livelli: una burocratica e l’altra più tecnica. Quella burocratica è la parte più facile, ma non per questo è meno importante. Insegna a confezionare progetti di ricerca, domande e rapporti finali in modo che risultino autorevoli, seri e convincenti per i comitati di finanziamento. Ma è la parte tecnica il vero nucleo dell’imbroglio. Solo da essa, infatti, si apprendono i vari trucchi da usare per essere accreditati come scienziati degni di fiducia e di fondi. Innanzitutto ci sono i trucchi bibliografici che vanno dalla pubblicazione dello stesso articolo (ma col titolo cambiato) sul più gran numero possibile di riviste. Con gravità crescente ci sono poi le comunicazioni di dati inventati (tecnica che consente di pubblicare moltissimo in poco tempo e con poca fatica) fino al plagio spudorato; ci sono poi il furto dell’idea, quello del materiale da esperimento, il trafugamento degli appunti dei colleghi e la sottrazione di tavole, tabelle e fotografie. La manomissione dei protocolli di laboratorio e dei nastri di registrazione, che però non sono di grande aiuto se non accompagnati da quel tocco da prestigiatore che consente di indirizzare l’esperimento dove si vuole, nonché dal ricorso, in caso di necessità, alla frode vera e propria come il doping di un test, o la manipolazione (meglio se nottetempo) di animali e materiale da esperimento. C’è poi la tecnica per scoprire cose ed effetti che non esistono e quella che insegna come rivendicare il primato di una scoperta fatta da altri. Fondamentale è infine la conoscenza approfondita dei trucchi statistici che consente di far quadrare i conti sempre e comunque e di sostenere con rigore matematico qualsiasi parto della fantasia che ogni falsario deve possedere come requisito essenziale. Non voglio fare facili citazioni in proposito durante la grancassa mediatica dei vari scienziati ai tempi del covid.
È il diffondersi di queste problematiche che ha prodotto il recente incredibile aumento di false teorie e false scoperte scientifiche e che ha reso drammatico, anche nella scienza, il problema di distinguere il vero dal falso. Per critici e storici dell’arte, infatti, quello di distinguere copie e falsi dagli originali costituisce, da sempre, uno dei compiti principali della loro attività, ma per gli storici della scienza il problema dei falsi e delle frodi è in gran parte una novità.
Ci sono molti fatti e aneddoti che suffragano quanto detto anche sorprendentemente nella storia. Avvicinandoci agli storici che hanno prodotto letteratura su questo argomento (per esempio F. Di Trocchio “Le bugie della scienza” Mondadori 1994) si scopre che gli scienziati imbrogliano da sempre e che non sono solo i mediocri a farlo. Non sorprenderà dunque trovare i nomi di prestigiosi premi Nobel e dei padri della scienza moderna, Galilei e Newton, accanto a quelli di scienziati rimasti anonimi o saliti agli onori delle cronache solo per invenzioni o scoperte false.
Emerge che le truffe attuali costituiscono un fenomeno recente, legato al sistema di finanziamento della ricerca adottato in tutti i paesi occidentali. Di fatto tutto questo è nato da quando la scienza da vocazione si è trasformata in professione, e concretamente con la Big Science, la scienza ha prodotto grandi progetti estremamente costosi. Il sistema di finanziamento della ricerca scientifica attuale ha creato un clima di competitività responsabile sia dei falsi che della vasta rete di complicità tra scienziati, università e organismi di finanziamento che si nasconde dietro di essi. Si assiste sempre più spesso a funzionari di lobbies e di organizzazioni che hanno varie specializzazioni e alcuni di questi hanno la specializzazione di scienziati. Di fatto l’essere uno scienziato sta perdendo oggi uno status super partes e sta assumendo quello di un impiegato al soldo del capo di turno.
Nicola Sparvieri
Foto © Prevenzione svizzera della criminalità