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Il 27 Gennaio, in ricordo di Père Marie Benoit

Père MARIE BENOîT, da PARIGI

“Il Padre degli ebrei”

Una ricerca storica a cura di
Padre RINALDO CORDOVANI*

Lo scorso 27 gennaio è stata celebrata la Giornata della Memoria, nella quale si ricordano le vittime dell’Olocausto, del nazismo.  È stata scelta questa data perché il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono nei pressi della città polacca di Auschwitz e scoprirono il campo di concentramento e di sterminio degli ebrei, creato dai tedeschi. Vi trovarono circa 7.000 prigionieri, sopravvissuti perché erano stati usati come cavie per la ricerca medica. Molti erano bambini e una cinquantina di loro aveva meno di otto anni.  Molti ebrei poterono evitare quella triste sorte, grazie alle iniziative di enti e di privati, che li protessero, anche a rischio della propria vita.

ROMA, VIA PIEMONTE 70

image002Chi a Roma si trova a passare in via Piemonte n. 70, vede a sinistra della porta della Curia generale dei Cappuccini una targa. Vi è stata posta il 23 novembre 2014 dalla Fondazione Raul Wallemberg per ricordare il frate cappuccino francese Père Marie Benoît (Pierre Péteul 1895 – 1990), Decorato con la medaglia de “I giusti delle nazioni nel 1964”, era conosciuto come il padre degli Ebrei. In Italia era noto con il nome caratteristico dei Cappuccini, Padre Benedetto da Parigi.

In quella circostanza fu dettata una lapide nella quale si leggeva:

«Padre Marie-Benoît, 1895-1990, per evitare l’arresto da parte dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, si è nascosto in questo edifico in via Piemonte, 70, che in quell’epoca era un Monastero delle Clarisse Cappuccine. A poca distanza da qui, dove allora sorgeva la Curia Generale in via Sicilia, che più tardi è stata in gran parte abbattuta, organizzava un rifugio per gli Ebrei perseguitati da nazisti

Il suo nome è iscritto presso lo Yad Vashem come Giusto tra le nazioni per aver salvato circa 4.000 ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il MILITARE e il FRATE 

Pierre Péteul fu combattente nel Nord Africa durante la prima guerra mondiale e fu anche ferito e decorato nella battaglia di Verdun (21 febbraio-18 dicembre 1916). Finita la guerra, entrò nell’Ordine dei Cappuccini assumendo il nome di Frère Marie Benoît. Ordinato sacerdote, fu inviato a Roma per la specializzazione negli studi biblici e teologici. Seguì con particolare interesse e successo le scienze bibliche, interessandosi in particolare alla storia dell’ebraismo e del giudaismo. Dal 1933 al 1942 in Germania furono pubblicate successivamente 13 leggi, che dalla limitazione della libertà e della partecipazione degli ebrei alla vita pubblica, arrivarono alla legge del 16 marzo 1942 sulla “Soluzione finale” della questione Ebraica. Cioè, lo sterminio.

PADRE  BENEDETTO e gli EBREI IN FRANCIA 

pic3Quando scoppiò la seconda guerra mondiale nel 1940, una moltitudine di ebrei fuggì dal sud della Francia, dove gli eserciti tedeschi avanzavano, verso il nord, ammassandosi particolarmente a Marsiglia, dove era Padre Benedetto, che da questo momento decise di prestare la sua opera in favore degli ebrei perseguitati. Dal suo convento di  Rue de la Croix de Régnier 51, divenuta un centro di emigrazione clandestina in Spagna e Svizzera, con l’aiuto di organizzazioni ebraiche e della Resistenza francese, procurò una grande quantità di documenti falsi.

Nel novembre 1942, quando i tedeschi occuparono la zona di Marsiglia, padre Benedetto  si spostò sulla Riviera e nell’Alta Savoia sotto occupazione italiana. Fece ricorso al funzionario italiano addetto alle deportazioni  e lo convinse a collaborare con lui. Collaborò con Angelo Donati a proporre al Vaticano e alle autorità italiane, inglesi e americane il suo piano di salvataggio di migliaia di ebrei del sud della Francia, per trasportarli in Africa con quattro navi. Il 13 luglio 1943 si recò a Roma per proporre il suo suo piano di salvataggio a Pio XII, ma il tutto fu compromesso dall’armistizio dell’Italia con i nuovi Alleati Americani l’8 settembre 1943.

Ritornato in Francia Padre Benedetto riuscì a portare a ad attuare con successo il trasferimento in Spagna di 2600 ebrei. Tornato subito dopo in Italia, trovò anche qui le leggi razziali, annunciate dal Duce in un discorso del 18 settembre 1938 e seguite da una serie di provvedimenti legislativi e amministrativi applicati in Italia fra il 1938 e il primo quinquennio degli anni Quaranta, dal regime fascista e poi dalla Repubblica Sociale Italiana. Papa Pio XI fece sapere a Mussolini che lui si vergognava di essere italiano:  «Ma io mi vergogno… mi vergogno di essere italiano. E lei padre [il gesuita Tacchi Venturi], lo dica pure a Mussolini! Io non come papa, ma come italiano mi vergogno! Il popolo italiano è diventato un branco di pecore stupide. Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza

NEL CONVENTO ROMANO di VIA SICILIA, 159

Quando la situazione italiana divenne caotica in seguito all’armistizio e all’occupazione tedesca, Padre Benedetto entrò a far parte della direzione della sezione romana dell’organizzazione ebraica DELASEM (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei), l’organizzazione di assistenza ebraica che operò in Italia tra il 1939 e il 1947 per la distribuzione di aiuti economici agli ebrei internati o perseguitati, sostenuta anche da numerosi non ebrei.

Il Convento dei Cappuccini di via Sicilia 159 divenne la sede centrale del comitato e il flusso dei finanziamenti fu ristabilito facendo ricorso alla mediazione degli ambasciatori d’Inghilterra e degli Stati Uniti presso il Vaticano. Padre Benedetto riuscì a recarsi a Genova per due volte, ritornando a Roma con grosse somme di denaro. Nei nove mesi dell’occupazione nazista furono così distribuiti aiuti per “circa 25.000.000 di lire” a “oltre 4000 assistiti, di cui 1500 stranieri e 2500 italiani”. La DELASEM di Roma provvedeva anche a trovare luoghi di asilo e a distribuire documenti falsi.

pic4Padre Benedetto nelle sue memorie scrive: «Sapevo che in un ripostiglio del convento c’era una vecchia macchina da stampa. Avevamo tra i nostri assistiti un stampatore che riuscì a produrre con questa macchina delle carte d’identità molto adeguate… Un giorno il Sig. Debrois, ex console di Francia, venne egli stesso e mi domandò di alcune persone che egli proteggeva, le quali vennero a chiedermi della carte francesi…»

“Negli ambienti del Collegio Internazionale “San Lorenzo da Brindisi” di Via Sicilia 159, P. Benedetto aveva allestito una sofisticata rete di assistenza clandestina e, avvalendosi delle relazioni privilegiate con i membri di tutti i partiti politici italiani e con i diplomatici dell’ambasciata belga, polacca, svedese e portoghese, riuscì a procurarsi diversi documenti d’identità e salvacondotti falsi rilasciati da vari paesi come la Svizzera, la Romania, l’Ungheria, che poi provvedeva a distribuire agli ebrei che affluivano a Roma dai vari paesi europei, insieme a permessi di soggiorno e tessere annonarie” (Giovani Preziosi).

Più di una volta rischiò di essere catturato dai tedeschi, come il 19 novembre 1943, quando il Ministro Generale dei Cappuccini, avendo saputo dalla Legazione svizzera che era braccato dalla polizia, gli consigliò di far perdere rapidamente le sue tracce. Si nascose nel monastero delle Clarisse Cappuccine poco distante dal Via Sicilia, cioè nell’attuale stabile della Curia Generale di Via Piemonte, 70.

Padre Benedetto e i suoi collaboratori accoglievano i profughi e li indirizzavano nei molti luoghi di rifugio sparsi in tutta Roma. Contattò anche le ambasciate svizzera, rumena, ungherese e spagnola per ottenere lasciapassare per i rifugiati. Da 400 assistiti del settembre 1943 si passò ai 4500 del giugno 1944 (2500 italiani e 1500 stranieri). Il suo ufficio fu più volte perquisito, finché agli inizi del 1944 lo stesso Padre dovette darsi alla latitanza, senza che per questo venisse meno il suo impegno. Alla fine Padre Benedetto avrà distribuito aiuti per un totale di “lire 25.000.000”.

LA  CHIAVE DEL TEMPIO

Il Rabbino Capo di Roma Elio Toaff, racconta:  «Quando nel giugno 1944, Roma fu liberata e gli ebrei si radunarono spontaneamente davanti alla Sinagoga, Il Tempio. Non si riusciva più a trovare la chiave perché il Tempio era stato saccheggiato dai tedeschi. La gente era sbandata. In  mezzo a quella folla comparve Padre Benedetto, che rivelò dove si trovava la chiave. Lo sapeva soltanto lui. Fu il primo ad entrare nel Tempio di Roma ed ha assistito alla sua riconsacrazione dopo a profanazione dei soldati tedeschi. Episodio questo, aggiunge Toaff, che trascende ogni sua opera più eccelsa nel bene: vuol dire una partecipazione spirituale, che bisognava aspettare qualche decennio, perché si potesse legalmente affermare. Soltanto Papa Giovanni poteva proporre una cosa del genere. Almeno nella forma avvertita da Padre Benedetto, si trattava di un preludio dell’ecumenismo che sta facendo oggi così grandi passi.»

Il Rabbino Capo Toaf (+2015), racconta ancora che in un colloquio privato con lui, chiese a Padre Benedetto se era mai stato in Terra Santa. Il frate rispose «Oh, no, magari!» e Toaff replicò «Ma ci vanno tutti.» Padre Benedetto disse: «Ma io sono povero, non posso permettermelo; mi accontento di rivivere la Terra Santa negli scritti e nella preghiera.» Allora Toaff, senza dirgli niente, procurò al povero frate cappuccino il biglietto di andata e ritorno in Terra Santa. «È stato per noi l’unica maniera per dimostrare a lui tanto schivo, un po’ della nostra gratitudine e amicizia», ha detto il Rabbino Capo.

Dopo la guerra, padre Benedetto continuò a sostenere la causa del dialogo ebraico-cristiano e la lotta ad ogni forma di antisemitismo, come dimostrano le parole di solidarietà che scrisse nel 1955 al rabbino di Roma Elio Toaff di fronte ad alcuni episodi di antigiudaismo:  Unisco la mia voce contro i predicatori cattolici che additano gli ebrei di continuo come ente che persiste nell’errore, senza distinguere tra l’errore di chi è consapevole di errare e la fede sincera di chi non aderisce al cristianesimo perché non vede che sia vero e segue invece la pace della coscienza praticando la religione ebraica. Amo gli ebrei con tutto il cuore.

Padre Benedetto si è spento in Francia il 5 febbraio 1990 all’età di 95 anni. In occasione dell’inaugurazione di un busto dedicato al Padre cappuccino a New York, il presidente statunitense Lyndon Johnson ebbe a dire:  «Gli atti eroici e favolosi di padre Marie Benoît nel salvare dalla Gestapo gli ebrei durante l’occupazione nazista di Roma, devono essere per noi statunitensi un esempio per la protezione e il rispetto dei diritti civili degli uomini senza discriminazione di razza, di colore o di religione

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NEL MEMORIALE DI YAD VASHEM 

Il Memoriale degli eroi e dei martiri della Shoah, lo ha collocato tra i Giusti d’Israele, con questa motivazione: «Il frate cappuccino Marie-Benoît aiutò centinaia di ebrei a fuggire in Svizzera e in Spagna dal sud della Francia. Ricercato dalla Gestapo, fuggì a Roma, dove continuò la sua opera di salvatore nel Collegio dei Cappuccini, in stretto collegamento con le principali organizzazioni sociali ebraiche (Delasem). Personaggio leggendario, per questa sua attività, fu chiamato “Padre degli ebrei”.»

Père Marie-Benoît commentò così il fatto: «Io ho un albero piantato nel Parco dei giusti  o Yad Vashem di Jérusalem. Quest’albero non ricorda soltanto me, ma molto più gli ebrei coraggiosi con i quali ho combattuto e senza i quali non avrei potuto fare gran che. Di loro voglio ricordare i nomi: Joseph André Bass, Maurice Brener, Angelo Donati, Stéfan Schwamm, Settimo Serani, Giuseppe Levi, Aron Kastersztein”.»

HA DETTO DI SE’ STESSO:

  • La ragione principale per cui dobbiamo amare e rispettare il popolo d’Israele è la giustizia. Il regno di Gesù Cristo è Regno di amore e, perciò, di giustizia. Chi ama sinceramente il prossimo, rispetta prima di tutto il suo diritto alla vita e, per questo, non può rimanere indifferente e passivo di fronte alle persecuzioni così atroci e ingiustificate. Il dovere d’intervenire allora è imperativo.
  • I Cristiani si sentono figli spirituali del grande Patriarca Abramo, come ha detto il Papa Pio XI il 6 settembre 1938, chiamandolo “Nostro Patriarca Abramo, nostro antenato nella fede. Questo dovrebbe bastare per escludere ogni tipo antisemitismo, un movimento nel quale noi cristiani non possiamo avere nessuna parte, poiché per mezzo di Gesù Cristo noi siamo discendenti di Abramo. Lui è il padre dei credenti, al quale noi siamo debitori della fede e della confidenza in Dio, dell’obbedienza generosa alla sua volontà, del nostro cammino alla sua presenza.
  • I cristiani hanno in comune con gli ebrei la sublime dottrina di Mosè, secondo la quale tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio, sono figli di Dio, e dunque fratelli fra loro, chiamati a vivere questa fratellanza nell’osservanza del Decalogo mosaico. Dopo più di trenta secoli il Decalogo resta la base immutabile e indispensabile di ogni progresso umano e garanzia di pace. Cristiani e giudei recitano gli stessi salmi contenuti nella Bibbia, che sono le preghiere più belle che l’uomo abbia mai potuto rivolgere al Creatore, Padre di tutti. 

PER SAPERNE DI PIU’ 

  • Le T.R.P. Marie Benoît, ofmcap, et son apostolat auprés des Jouifs pendant la guerra 1939-1945. Raccolta di articoli suoi pubblicati su Capucines missionaires, 2, 1962, novembre-dicembre e 1964, settembre-ottobre.
  • Elio Venier, Il clero romano durante la resistenza, Estratto dalla “Rivista Diocesana di Roma”, pp. 83-99.  #  P. Marie-Benoît, Résumé de mon activité en faveur des Juifs persécutés (1940-1944),  Livre d’or des Congrégations françaises, Paris, Drac, 1948.   #  Gérard Cholvy, Marie-Benoit de Bourg d’Iré (1895-1990) : itinéraire d’un fils de saint François “Juste des nations” , Paris : Cerf, 2010. – 1 vol. (420-[34] p. de pl.). – ISSN 0769-2633.  #  Susan Zuccotti, Père Marie-Benoît and Jewis Rescue, How a French Priest Together with Jewish Friends Saved Thousands during the Holocaust. Indiana University Press 2013.  #  Giovanni Preziosi, Il cappuccino che aiutava gli ebrei, in Vatican insider, 18 luglio 2015.

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 * tutti gli articoli a firma di Padre RINALDO, pubblicati sulla “Consul Press”,
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