Il cervello doppio e il linguaggio del corpo
Gli scienziati studiano le asimmetrie funzionali della corteccia cerebrale umana da oltre duecento anni. Il primo ad avanzare l’ipotesi che ciascun emisfero fosse dotato di una mente propria fu nel 1780 Meinard Simon du Pui, il quale sostenne che l’essere umano è un Homo duplex, ha cioè un cervello doppio e una doppia mente. Quasi un secolo più tardi, alla fine dell’Ottocento, Arthur Ladbroke Wigan assistette all’autopsia di un uomo il cui cervello era formato da un solo emisfero e, considerato che quell’uomo, pur avendo soltanto “mezzo” cervello, aveva una mente completa e si era comportato per tutta la vita come una persona normale, giunse alla conclusione che chi è dotato di due emisferi deve avere due menti, e divenne un entusiasta paladino della teoria della dualità della mente. La questione dei due emisferi divenne molto popolare negli Stati Uniti negli anni Settanta del secolo scorso, in seguito a una serie di esperimenti sul cervello diviso. In uno di questi il dottor Roger W. Sperry recideva chirurgicamente le fibre del corpo calloso di epilettici gravi. Nel discorso che pronunciò quando ricevette il premio Nobel, nel 1981, Sperry affermò tra l’altro che in uno stesso soggetto che elabora un problema, è possibile osservare che l’emisfero destro e sinistro si comportano come due individui distinti.
Dopo questi pionieristici studi su pazienti con il cervello diviso, i neuroscienziati hanno scoperto che, quando i due emisferi sono collegati fra loro, hanno un funzionamento diverso da quando sono separati chirurgicamente. In condizioni normali essi sono complementari e potenziano a vicenda le proprie capacità, mentre separati funzionano come due cervelli indipendenti con personalità distinte, un fenomeno chiamato spesso dottor Jekyll e mister Hyde. Grazie a moderne tecniche non invasive come la risonanza magnetica funzionale, gli studiosi sono in grado di vedere in tempo reale quali specifici neuroni sono impegnati nello svolgimento di una determinata funzione. Poiché i neuroni delle due metà del cervello sono strettamente collegati fra loro attraverso il corpo calloso, in pratica tutti i comportamenti cognitivi che attuiamo implicano un’attività in entrambi gli emisferi; semplicemente, ognuno di essi la svolge in modo diverso. Di conseguenza il mondo scientifico sostiene che sia più corretto considerare la relazione fra i due emisferi cerebrali come quella fra le due metà complementari di un intero anziché fra due entità o identità singole.
È facile capire come avere a disposizione due emisferi, ognuno dei quali elabora le informazioni alla sua maniera, accresca la capacità del cervello di percepire il mondo circostante e aumenti le nostre probabilità di sopravvivenza come specie. Essendo i nostri emisferi tanto esperti nel tessere insieme un’unica percezione continua del mondo, per noi è in pratica impossibile distinguere consapevolmente quello che succede nella parte sinistra del cervello da quello che succede nella parte destra. L’emisfero destro, che controlla la parte sinistra del corpo, funziona come un processore parallelo. I nostri vari sistemi sensoriali rovesciano contemporaneamente nel cervello flussi indipendenti di informazioni. Attimo dopo attimo, la mente destra crea un collage generale dell’aspetto, del suono, del sapore, dell’odore e delle sensazioni tattili di un dato momento: gli attimi non si limitano ad arrivare e andarsene di corsa, ma sono ricchi di sensazioni, pensieri, emozioni e, spesso, reazioni fisiologiche. Le informazioni, così elaborate, ci consentono un inventario immediato dello spazio circostante e della sua relazione con noi.
Per la mente destra non esiste un tempo diverso dal presente e ogni singolo attimo è pregno di sensazioni. La gioia si prova nel presente. La percezione e l’esperienza di un legame con qualcosa di più grande di noi avvengono nel presente. Per la mente destra, adesso è un momento sterminato e senza tempo. In mancanza di ogni regola prestabilita che dica qual è la maniera corretta di fare qualcosa, la mente destra è libera di pensare intuitivamente, fuori dagli schemi, ed esplora con creatività le possibilità offerte da ogni nuovo momento. Per sua stessa natura, è spontanea, spensierata e fantasiosa, e consente ai nostri umori artistici di scorrere liberi, senza inibizioni né giudizi. Quello presente è un momento in cui tutto e tutti sono legati insieme come un’unità. Di conseguenza la mente destra vede in ogni persona un membro a pari titolo della famiglia umana. Individua le somiglianze esistenti fra noi e riconosce il nostro rapporto con il meraviglioso pianeta che ci permette la vita. Essa vede il quadro d’insieme, il modo in cui ogni cosa è legata all’altra, in cui noi ci uniamo a formare il tutto. La nostra capacità di provare empatia, di metterci nei panni degli altri e provare quello che essi provano la dobbiamo alla corteccia frontale destra.
L’emisfero sinistro elabora le informazioni in maniera del tutto diversa. Prende ciascuno di quei ricchi e complessi momenti creati dall’emisfero destro e li mette temporalmente in sequenza, quindi confronta uno dopo l’altro i dettagli che formano il momento presente con quelli del momento subito precedente, e conferisce loro un ordine lineare e sistematico. È alla parte sinistra del cervello che dobbiamo perciò il concetto di tempo, la divisione dei vari momenti in passato, presente e futuro. Ed è merito di questa prevedibile cadenza temporale se sappiamo che, perché una cosa possa accadere, deve prima accaderne un’altra. Quando guardo le mie scarpe e le mie calze, è l’emisfero sinistro a capire che devo infilare queste prima di quelle. Esso è capace di prendere in esame tutti i dettagli di un puzzle e usare le informazioni su colori, forme e dimensioni per riconoscerne gli schemi di composizione. Giunge a comprendere ogni cosa grazie a ragionamenti deduttivi del tipo: se A è maggiore di B e B è maggiore di C, allora A dev’essere maggiore di C.
Se l’emisfero destro pensa per immagini e percepisce il quadro d’insieme del momento presente, la mente sinistra fa l’esatto contrario: si concentra sui dettagli, su tutti i dettagli e nient’altro che i dettagli. I centri del linguaggio dell’emisfero sinistro usano le parole per descrivere, definire, catalogare e comunicare. Spezzano la visione globale del presente in frammenti di dati gestibili e comparabili. L’emisfero sinistro vede un fiore e dà un nome alle sue diverse parti: petalo, stelo, stame, polline. Seziona l’immagine di un arcobaleno in termini di rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e violetto. Descrive il nostro corpo come braccia, gambe, torso e ogni altro particolare anatomico, fisiologico e biochimico immaginabile. Per lui è un piacere intrecciare fatti e dettagli per dare vita a una storia. È un primo della classe, e non lo nasconde.
Uno dei compiti dei centri del linguaggio dell’emisfero sinistro è di definire il nostro io dicendo: “io sono”. Nel suo chiacchiericcio il cervello ci racconta in continuazione la nostra vita in tutti i suoi particolari per permetterci di ricordarli. È lì la dimora del nostro ego, che ci fornisce la consapevolezza interiore di come ci chiamiamo, che lavoro facciamo, dove viviamo. Senza queste cellule dimenticheremmo tutto della nostra vita e identità. Oltre a pensare per parole, l’emisfero sinistro pensa per reazioni schematiche agli stimoli in arrivo, impostando circuiti neurologici che rispondono in maniera relativamente automatica alle informazioni sensoriali. Questi circuiti ci consentono di elaborare grandi quantità di informazioni senza doverci concentrare troppo su singoli dati. Da un punto di vista neurologico, circuiti di questo genere, una volta attivati, hanno bisogno di meno stimoli esterni per compiere il loro lavoro.
Sebbene i due emisferi cerebrali elaborino le informazioni in modi diversi e peculiari, essi collaborano strettamente quasi in ogni azione che compiamo. Nel caso del linguaggio, per esempio, l’emisfero sinistro si occupa dei dettagli che formano la struttura e la semantica di una frase, oltre che del significato delle parole. È la mente sinistra a capire che cosa sono le lettere e in che modo esse si combinino a creare un suono (una parola) cui è connesso un concetto (un significato), per poi raccordare le parole fra loro lungo una linea e creare frasi e periodi capaci di trasmettere messaggi di grande complessità. L’emisfero destro completa l’opera dei centri linguistici di quello sinistro interpretando la comunicazione non verbale. Esso prende in esame gli indizi più sottili, come il tono di voce, l’espressione del volto e il linguaggio corporeo, e, guardando al quadro comunicativo generale, valuta quanto l’espressione nel suo complesso sia adeguata.
Nicola Sparvieri
Foto © Cervello Giovane