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Il “Delitto Matteotti” tra USA, Inglesi e Amerigo Dumini

IPOTESI  SU UN DELITTO…..  un delitto di Stato ?   

alcune inquietanti ipotesi a cura di FRANCO D’EMILIO *

Poco più di un secolo fa, il 10 giugno 1924, l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti ad opera di una squadra di sicari fascisti, dunque un delitto gravissimo, solitamente ascritto a Benito Mussolini, allora capo del governo, perché egli ritenutone il mandante.
Eppure, ancora oggi, sulle ragioni, sulla trama di questo omicidio politico restano diverse zone oscure; inoltre non è mai stata pienamente accertata la responsabilità, diretta o indiretta, del leader fascista; infine sono stati scarsamente indagati taluni fondati motivi che paiono collocare l’eliminazione di Matteotti nell’ambito di un complicato intrigo internazionale.
La storiografia continua a focalizzare prevalentemente la sua attenzione, la sua narrazione sulla figura e il ruolo dell’esponente socialista, quale testimone di un coraggioso antifascismo di grande rigore ideologico, politico e morale, quindi eroe solitario e disarmato contro la violenza in camicia nera, i brogli elettorali, l’incombente dittatura e la totale fascistizzazione della nazione: insomma, il mito di Matteotti contro la barbarie nera. Diversamente, oggi, disponiamo di documentazione che amplia il contesto delittuoso, sia con implicazioni fuori dai nostri confini nazionali, sia con l’acclarata contrapposizione tra l’ala moderata del Fascismo, persuasa di dover dare prova di capacità di governo, e quella, invece, movimentista, convinta che l’esito governativo della Marcia su Roma non dovesse affatto significare l’abbandono del radicalismo rivoluzionario fascista.                          

Ciò significa che le ragioni dell’omicidio del deputato socialista di Fratta Polesine vanno ben oltre quella della denuncia dei brogli elettorali, della sopraffazione fascista e del falso bilancio in pareggio, presentato dal governo Mussolini al Re, ovvero che altri motivi sembrano aver sollecitato, in modo autonomo o in concorso con le ragioni appena citate, il delitto, qui in argomento.
A tal proposito, significativo materiale documentario è stato rinvenuto, e nulla esclude che altro sia rinvenibile, nei fondi della Biblioteca del Congresso di Washington, degli Archivi Nazionali di Londra e del nostro Archivio Centrale dello Stato a Roma; altrettanto promettenti le ricerche presso l’Archivio della Federazione Russa di Mosca, in particolar modo circa il doppio ruolo di Amerigo Dumini, capo del gruppo assassino di Matteotti, pure collaboratore sia dei servizi segreti inglesi che di quelli, allora, sovietici.
Da queste fonti emerge, sempre più acclarato, evidente, che Giacomo Matteotti si  frammise nel contrasto d’interessi tra americani e inglesi per il controllo del mercato petrolifero nel Mediterraneo, convinto di poter acquisire prove schiaccianti, utili a denunciare la corruzione di Mussolini e del fratello Arnaldo a scapito dei nostri interessi nazionali, quindi sotto un profilo e per un reato ben diverso, lo stesso gravissimo, però più condivisibile dagli italiani, oltre ogni loro divisione tra Fascismo e antifascismo.
L’occasione di inchiodare Benito Mussolini alla vergogna di corrotto traditore dell’Italia fu offerta a Matteotti da importanti rappresentanti del Labour Party, partito inglese di centrosinistra, allora al governo del Regno Unito con il Primo Ministro Ramsay MacDonald: questi lo documentarono di preziose carte, relative a ingenti tangenti USA al Duce e al fratello Arnaldo per la conclusione di un accordo esclusivo tra la società petrolifera americana Sinclair Oil e il governo italiano per lo sfruttamento di eventuali giacimenti nell’Italia centrale e meridionale, oltre che in Libia, allora nostra colonia.                                          

Agli inizi d’aprile del ’24, dunque circa due mesi prima della sua uccisione, Matteotti si recava a Londra per quattro giorni e in questa circostanza riceveva la documentazione, di cui prima, sulle presunte tangenti ai Mussolini: materiale sicuramente contenuto nella borsa, mai ritrovata, ma da testimoni vista in mano al deputato al momento dell’aggressione. Il governo laburista inglese intendeva, così, sia tutelare i propri interessi petroliferi nel Mediterraneo e in Medio Oriente sia osteggiare, attraverso Matteotti e la sinistra italiana, il consolidamento della politica fascista: tutto il contrario di quanto, invece, nei progetti dei conservatori inglesi che, soprattutto, attraverso Winston Churchill volevano salvaguardare le attività petrolifere nazionali e utilizzare il governo Mussolini come fronte in Europa contro il dilagante bolscevismo.
Sono accertate tangenti USA, intese come finanziamenti, attraverso le persone di Benito e del fratello Arnaldo, all’attività del PNF (Partito Nazionale Fascista), ma mai, sinora, è stato dimostrato un uso personale di tali fondi da parte dell’uno e/o l’altro dei due Mussolini. Un ricercatore inglese attualmente lavora sulla pista che i conservatori inglesi, informati della fornitura a Matteotti di quei documenti tanto compromettenti per il Duce, abbiano deciso di ricorrere per vie brevi, diciamo spicce, ai loro servizi segreti, coinvolti solo indirettamente, comunque salvando contemporaneamente sia il Fascismo dallo scandalo sia gli interessi petroliferi del Regno Unito. A questo punto la storia dell’assassinio di Matteotti pare davvero collocarsi in un complicato intrigo internazionale, una autentica spy story.

                                 

Matteotti, dunque, rendendo pubblici in Italia i documenti sulle tangenti americane della Sinclair Oil a Mussolini, avrebbe sicuramente messo in difficoltà il regime fascista sul piano internazionale e interno, magari pure col rischio di una caduta, per questo i conservatori inglesi, benevoli sostenitori delle camicie nere, pur se fuori dal loro governo, riuscirono a comporre interessi petroliferi americani e inglesi, promuovendo una trattativa riservata, e decisero di evitare che i documenti, passati dai laburisti a Matteotti, sortissero qualunque effetto ai danni del Duce e del Fascismo, disponendo, a tal scopo, dell’uomo giusto, grazie ai servizi segreti con i quali, da sempre, gli stessi conservatori avevan0 stretti e consolidati rapporti.
Costui era Amerigo Dumini, membro della Ceka, struttura segreta del nostro Ministero dell’Interno al Viminale, uomo da tempo anche in contatto con i servizi segreti inglesi attraverso l’obbedienza massonica alla quale iscritto.
Quindi, la Ceka ovvero gli Interni italiani organizzarono l’aggressione al deputato socialista, in collegamento con il Secret Intelligence Service (SIS) del Regno Unito; non solo, l’operazione ebbe, addirittura, l’avvallo dei servizi segreti dell’URSS, contattati dal Partito Comunista Italiano, 15 deputati all’elezioni del ’21! Teniamo conto dei buoni rapporti  che, allora, i sovietici intrattenevano con l’Italia fascista e non dimentichiamo quanto l’URSS assecondasse l’ostilità dei comunisti italiani contro tutto l’antifascismo, Matteotti compreso, ritenuto incline a  borghesi soluzioni parlamentari per cacciare via il Fascismo, anziché a soluzioni rivoluzionarie.

(Nelle foto, a sinistra, l’auto Lancia Lambda, usata nel rapimento di Matteotti; a destra, Amerigo Dumini) 

Nel gruppo della Ceka contro Giacomo Matteotti l’assalitore Amerigo Dumini ebbe un ruolo rilevante, forse ben oltre quello noto alle stesse autorità italiane, agendo contemporaneamente sotto l’egida di ben tre servizi segreti: quello italiano, quello inglese, infine quello sovietico
. Dopo il delitto del parlamentare socialista Dumini ricattò più volte, sempre restando impunito, sia Mussolini che l’alta gerarchia fascista, con la minaccia di dire la verità sul caso Matteotti, agendo in queste occasioni sempre per conto dell’ala movimentista, rivoluzionaria del Fascismo, tacitata dalla prevalente ala moderata di governo.
Eppure, un secolo dopo, pur in presenza di crescente materiale documentario a sostegno di una complessa pista internazionale del delitto Matteotti, ancora oggi si preferisce sostenere il mito nostrano del primo martire antifascista, socialista, solitario in lotta contro la barbarie fascista, nemica delle democrazie europee e d’oltre oceano.

_____________FRANCO D’EMILIO 

NOTA della REDAZIONE
Il “nostro” Franco D’Emilio che – grazie ad una sua specifica e pluriennale esperienza archivistica – ha probabilmente incamerato nel suo Dna una connaturale attitudine investigativa e di ricerca, già in precedenza aveva formulato ed approfondito varie ipotesi su altri inquietanti “Delitti & Misteri” (forse presumibili “Stragi di Stato”), con articoli a suo tempo pubblicati sulla Consul-Press e su altre Testate. Ipotesi che, a nostro parere, potrebbero costituire un bel “Testo” da far leggere agli studenti delle scuole superiori …e non solo.
Qui di seguito si riportano due “Interventi sul Tema” e, precisamente, nel 2023 in data 31.08 su USTICA //  in data 07.09 su BOLOGNA.

_____________G.M.

 

 

 


Foto autore articolo

Franco D’Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell’Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali
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