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Il disastro violento della scuola italiana

Ormai, quasi ogni giorno, la cronaca riporta episodi di violenza, grave intolleranza all’interno della scuola italiana. Sono casi di studenti o loro genitori, qualche volta persino gli uni complici degli altri, contro insegnanti, presidi, addirittura contro personale subalterno, insomma casi di insofferenza, rivolta di giovani e familiari, dunque di parte di numerose famiglie, contro il sistema scolastico nazionale.

Siamo al paradosso che Giuseppe Valditara, attuale ministro dell’istruzione e del merito, ha proposto il presidio o, perlomeno, una stretta vigilanza delle forze dell’ordine sulle scuole medie inferiori e superiori; siamo disarmati, per questo disposti persino ad accettare e includere la sorveglianza scolastica entro il controllo militare del territorio.
Bullismo e razzismo, spaccio e consumo di droga, tanta emarginazione sociale ed economica, squallido culto della violenza di gruppo all’insegna di rabbiose gang, ispirate da rapper mentecatti: questi i semi della tanta violenza che taluni giovani recano ed esprimono nella scuola, quasi in una sfida nihilista contro tutto e tutti, contro i valori della cultura e del vivere civile.
Buona parte dell’attuale disastro violento della scuola italiana è addebitabile al permissivismo, spesso frutto di sociologia di facile accatto, che dal ’68 ad oggi ha sminuito, poi eliminato ogni rispetto delle regole di civiltà, tanto fondamentali sia nell’ambito dell’educazione familiare sia nel successivo percorso educativo e formativo, ad opera della scuola.

E’ stato rotto il legame d’intesa tra le famiglie e la scuola, è finita da tempo quella benefica osmosi di valori e fini che, in passato, ha unito genitori e docenti nell’educazione delle nuove generazioni.
Dal ’68 ad oggi, colpa tanta maldestra faciloneria politica e tanta approssimazione culturale, ancora di più ora sospinta dagli illusori social, si è persa la percezione dell’apprendimento, della conoscenza quali strumenti di crescita personale e di ascensore sociale: appiattita su principi egualitaristici, la scuola italiana non premia, non sanziona, non boccia; confonde il raro merito con l’eccesso di protagonismo giovanile e il vasto demerito, invece, con l’evidente segno di un disagio sociale, sempre degno di particolare attenzione.
Suvvia, si torni ad un sistema scolastico in grado di cogliere, assecondare il valore dei giovani entro, però, cosa questa imprescindibile, il simultaneo rispetto di regole e limiti da parte di genitori, insegnanti e presidi.

Soprattutto, s’impone un’incisiva riforma scolastica su tre punti fondamentali, davvero cruciali: una concreta e attuale revisione dei programmi scolastici, oggi obsoleti e incompleti; un maggiore e autorevole potere agli insegnanti; infine, la sicurezza di condizioni opportune a garantire l’impegno di studio da parte degli studenti. Tutto questo in un inderogabile contesto di gerarchia e rispetto che elimini dalla scuola ogni dinamica di aggressione e insubordinazione. La riforma della scuola italiana è, ormai, cosa urgente, inderogabile; su di essa si misura la vera attenzione di qualunque governo all’educazione dei giovani; gli insegnanti vanno sempre più valorizzati e premiati quali custodi e comunicatori di sapere.

 

 

 

 


Foto autore articolo

Franco D’Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell’Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali
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