Il Futurismo oltre un secolo dopo
UNA LETTURA DI PAGINE SUL FUTURISMO
Raffaele Panico
Attraverso cent’anni e più di solitudine, dall’eremo in cui sono stati relegati i Futuristi nella patria post bellica divenuta repubblica dopo la triste esperienza monarchica, sembra giunto il momento che i segni evidenti a ben vedere lasciati dai promotori del movimento ritrovino le folle pronte ad ascoltarli. Solitudine e brevità, per evocare come e con quanta celerità sia trascorso il XX secolo, per noi, pur partecipi, spettatori o protagonisti, degli ultimi scorsi. Il secolo del resto era, è stato e verrà ricordato come il secolo del Futurismo. Perché? Questo Secolo breve, da Eric J.Hobsbawm (Il Secolo breve – 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi) – è breve forse, nel vano tentativo di lasciarci alle spalle il disastro dell’Europa tutta (dalle coste occidentali agli Urali) nell’imporsi sulla scena mondiale. Nei fatti storici o si è protagonisti oppure si subisce, non c’erano e non ci sono mezze misure, non esiste la categoria del politicamente corretto, almeno non per dare centralità all’Europa verso l’inesorabile e progressiva Unità del mondo. Altrimenti l’alternativa è la completa assimilazione dell’Europa con tutte le sue ricchezze nazionali a dinamiche di tipo asiatiche.
Dopo la vuota misura dei cento anni di solitudine, di misero silenzio, ora la ri-scoperta delle idee futuriste che a ben vedere sono divenute concetti applicati. Le idee, sì, che esprimono un futuro auspicato, una serie di scelte e di azioni futuriste che attraverso l’applicazione e i disastri anche, forse evitabili col “senno del poi”, ora sono divenute concetti esperenziali. Il concetto esprime una esperienza vissuta e si contrappone al futuro che può essere proiettato dalle idee che si hanno sull’avvenire.
Anzitutto, osserviamo l’idea dell’individuo per il Futurismo: è portatore di ‘produzione’ storica, sociale, del tutto nuova: il superuomo, il grande individuo, il genio, l’atto eroico e la sregolatezza, il pilota di automobile e del velivolo, quindi la velocità della locomotiva; il culto delle macchine (meglio il petto di una locomotiva a vapore che la Nike di Samotracia) che liberano l’individuo dal lavoro servile, e anche l’animale (il cavallo il bue da traino) dal giogo dell’uomo e, non è un caso che a fine XX secolo vediamo l’apparizione di movimenti “animalisti” che presentano oltre ai diritti degli animali persino liste alle elezioni politiche. Quindi, il tempo e l’azione ludica; l’opera d’arte creata con i mezzi più vari, e quindi l’aeropittura, le architetture avveniristiche di Sant’Elia, la musica sperimentale. Tutti motivi, tutti slanci verso l’avvenire, è senza dubbio uno dei movimenti più riusciti non solo nel campo letterario artistico eccetera ma come prodotto dell’ingegno e dell’immaginazione contemporanea. È un prodotto italiano “Marca Italia”, o Made in Italy” (per usare termine americanizzato prodotto di un insostenibile impero, tutto dollari, Hollywood, fast food e mellifluo pacifismo) il Manifesto dei futuristi era già proteso verso l’industrializzazione e la post industrializzazione, una miscela di Bellezza ed ebbrezza nel domani che, come paradosso, scaturisce proprio dalla Nazione che ha rivelato la grande arte classica antica, e moderna – Rinascimento, Barocco ecc., la depositaria del più grande patrimonio dell’umanità. Da dove nasce? Dal proprio passato, in una giovane nazione che si presentava al secolo XX come tra i più giovani dei grandi Stati che avrebbero, nel bene e nel male, segnato il secolo dell’Europa sul mondo anche attraverso il fallimento di due guerre mondiali e il nuovo ordine definito dai freddi equilibri di Yalta: appunto il secolo breve, 1914-89.
L’Uomo futurista è moltiplicato per opera della tecnica, è anche nemico del libro e dei musei ecc., per darsi interamente all’esperienza nuova e ritmica della Macchina. È la stessa macchina che, a ben vedere, produrrà il Cd multimediale, quindi un sapere in piccolo e breve spazio dove si raccoglie, grazie alla tecnologica che comprime migliaia di pagine, centinaia di libri in pochi centimetri quadrati. La macchina che darà anche l’assordante musica sincopata stridula imitatrice dei rumori delle fabbriche.
Una nuova lucida volontà, oggi, è stata capace di ispirare i nipoti e i pronipoti dei fondatori del tempo e dello spazio futurista. I metallari, i graffitari, gli ‘sballati’ del sabato sono i figliocci degeneri di quella gloriosa generazione? Sembra di sì! Questi, che oggi vivono in un finto cosmopolitismo, con una coesistenza di sistemi mentali che scivola inevitabile verso l’incomprensione, si sono “primitivizzati” ad imbrattare i vagoni dei treni, delle metropolitane con i graffiti, degradazione di una idea di modernità e Bellezza dei Futuristi primigeni, veri Prometei dell’avvenire.