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Il futuro della moda sarà di seconda mano?

| Sveva Marchetti |

Nel 2018 la moda di seconda mano ha avuto un mercato da 24 miliardi di dollari negli Stati Uniti riducendo il divario con quello del fast fashion, così, come riporta la CNBC. È una cifra enorme quella che i cittadini americani hanno speso nei mercatini dell’usato, nei thrift shop e negli store online di abiti di seconda mano come Depop o ThredUp. L’affermazione di questo trend in costante crescita, pone il second hand come il  principale e unico concorrente per il fast fashion, tanto che nello scorso anno i vari Zara, H&M e Primark hanno osservato una flessione nella propria crescita.

Sembrerebbe che i clienti di domani sentiranno sempre meno la necessità di acquistare abiti nuovi, guardando con maggiore interesse quelli usati. A confermarlo c’è anche una proiezione studiata da thredUP e GlobalData, secondo la quale questa tendenza trova molteplici spiegazioni: da un lato una maggiore attenzione ai temi di sostenibilità ambientale da parte dei consumatori sempre più consapevoli di quanto possa inquinare la moda; dall’altro un cambio delle caratteristiche dello shopping di seconda mano. Se una volta si trattava di andare a rovistare in cumuli di abiti vecchi, sporchi e di bassissima qualità, oggi ci sono negozi fisici, bancarelle, shop online che propongono vestiti selezionati, puliti, e di sempre maggior qualità, venduti a prezzi molto vantaggiosi.

L’aspetto economico è proprio quello che permette al mercato dell’usato di entrare in concorrenza con il fast fashion, infatti si possono comprare a prezzi competitivi abiti vintage e griffati. Una tendenza molto in voga che ha portato alla nascita e alla crescita di numerosi siti e app specializzati e che spesso ha portato start-up digitali a sbarcare anche nella vendita fisica e all’apertura di negozi su strada, come successo a Depop o a TheRealReal.

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