Il Governo dei Magistrati o dei Filosofi ?
Il Governo dei Magistrati o dei Filosofi?
“Essere o Non Essere” …..
una analisi di MASSIMO ROSSI
La mia attenzione e preoccupazione è mossa dal quadro a tinte fosche che irradia dalla vicenda “Open Arms” che vede sotto processo un Ministro di questa Repubblica per atti del Governo a cui partecipava come Ministro degli Interni e la vicenda dei campi profughi dislocati in Albania.
In entrambi i casi l’attenzione dei media esalta lo “scontro” tra titani, esalta lo “scontro” tra Politica e Magistratura.
Ecco, posso dire che tutto ciò non è buona stampa e non è buono giornalismo.
Esaltare lo scontro e le fazioni non è del quarto potere, ma è del quarto potere esercitare il controllo sulle vicende, vegliare su quanto accade e criticare ma non fare fazione e fronda. La stampa in Italia, ormai, è fazione, è portavoce ora di quello, ora dell’altro epigone o capopopolo.
Una stampa così non fa un buon servizio al Paese e mette in grave crisi i rapporti tra i Poteri, in qualche modo, in lite: quello politico e quello giudiziario. Se riteniamo che la stampa debba sorvegliare e più che parteggiare, dovrebbe criticare e riportare al giusto ruolo e, quindi, confronto i Poteri.
Una stampa non faziosa avrebbe non tanto parteggiato quanto messo l’accento su di una rinnovata necessità di ristabilire i ruoli della tripartizione dei poteri di Montesquieu.
Non deve sembrare anacronistico questo ragionamento perché non lo è affatto.
Lo “scontro” tra politica e magistratura ha i suoi albori nel 1994 dove una stampa “becera” e guidata da interessi di bottega esaltava arresti e gogne mediatiche ogni sera davanti al Tribunale di Milano.
Dove i PM erano degli eroi e gli indagati già “condannati” pubblicamente; qualcuno scelse la via più breve: il suicidio. Tutto questo fu una tortura mediatica che in grande parte esiste ancora.
Si mettevano alla berlina con nomi e cognomi delle persone che in primo luogo erano innocenti e poi si erano, semmai, “macchiati” di comportamenti delittuosi indotti da una legislazione sul finanziamento pubblico dei partiti che era anacronistica, vetusta e stolta.
Ma per capire la bassezza di quel turbinio di notizie, di massacri mediatici e di pubblica gogna ci vollero le morti in carcere per suicidio o in casa o altrove di noti imprenditori e amministratori privati e pubblici.
L’informazione e la magistratura, in quel periodo storico, dettero il peggio di loro stessi, creando mostri e creando colpevoli anche al c.d. avviso di garanzia erano già “colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio”. L’informazione come sopra menzionata ed indirizzata dalla magistratura ha sconvolto la vita di persone e di famiglie italiane senza che nessuno pagasse per tutto questo, né la dignità sconvolta delle persone, né la vita stessa di taluni di loro.
La magistratura, in quel frangente, per la prima volta, ha inteso calpestare i diritti degli indagati e di “dirigere” la politica italiana con una operazione di Polizia che in verità aveva il sapore acre della moralizzazione. Non si è trattato solo di una inchiesta giudiziaria (che sarebbe stata legittima) ma in realtà si è trasformata in una strage ed ha portato ad una sostanziale “rivoluzione” (ed involuzione del sistema politico e dei rapporti tra i poteri) guidata dalle toghe milanesi.
Non vi è dubbio che qui – per la prima volta – fa capolino una magistratura che non si muove più soltanto con l’intento di applicare la legge, ma di moralizzare il Paese, di renderlo “migliore”.
Orbene, alla luce di quelle inchieste ed al netto dei morti e suicidi, di esiliati e di epurati il fatto in discussione verteva solo sulla legge relativa al finanziamento dei partiti. Una finzione superata in oltre mezzo mondo già allora e che democrazie come quella USA non l’hanno mai avuta.
Ma la stampa e la magistratura hanno svolto un ruolo determinante per disarcionare uomini politici di livello internazionale esibendoli come trofei nelle aule giudiziarie; uno su tutti il Segretario del PSI Bettino Craxi, l’uomo di Sigonella, l’ultimo grande statista del nostro Paese.
Non hanno processato un imputato (o più imputati) , ma hanno processato un sistema (mondo) politico, hanno fatto cadere a colpi di capi d’imputazione la Prima Repubblica.
E siccome il popolo in fondo è quello delle piazze che ama il boia che mette sul patibolo il condannato, tutto ciò è stato molto facile e hanno creduto di avere “moralizzato” il Paese; non era e non è il compito dei Giudici. In realtà hanno realizzato un “Colpo di Stato” e hanno gravemente interferito con il volere popolare.
Era la prima volta che si processava un sistema politico ed un sistema di raccolta di voti e di denaro che in altri Paesi era del tutto legale e praticato. Possiamo, tranquillamente, dire che la magistratura ha dato prova ampia ed indiscussa di essere politicizzata da quel momento e poi non ha più smesso.
Solo un partito non fu colpito a morte, ovvero il Partito Comunista Italiano. Si è presa la colpa un certo Primo Greganti e la Magistratura andò oltre. Non andò a meta. Non era il caso.
La Magistratura ha, poi sempre osteggiato un soggetto politico che veniva dalla imprenditoria: Silvio Berlusconi.
Lo hanno accusato di tutto dalla multa in divieto di sosta sino alla associazione mafiosa e alla partecipazione alle Stragi di Mafia. Sempre assolto – eccetto una condanna per reati finanziari – dalle inchieste più scottanti. Ed anche in questo caso la “guerra” di certe Procure era ben chiara e delineata: Silvio Berlusconi era il Demonio.
Non sarà stato un “Santo”, ma le inchieste in cui è stato coinvolto lo hanno visto sempre uscire con l’assoluzione; chi invece lo ha accusato – e ha fallito – ha fatto carriera nella Magistratura e anche nella Politica.
Ricorda molto un’altra triste vicenda che coinvolse il conduttore televisivo Enzo Tortora; anche in quel caso chi lo distrusse come uomo e come professionista fece carriera: in una parola non fu sanzionato per i suoi evidenti e gravi errori. È, però, vero che il condizionamento della Magistratura anche in questo periodo (da oltre 20 anni) ha sempre avuto un ruolo principale contro la destra.
Le esperienze politiche di Berlusconi sono sempre state molto travolgenti al punto che ricevette un avviso di garanzia, addirittura, durante il G7 di Napoli.
Un apporto chiaro e diretto della magistratura (di una certa magistratura) nei confronti di Silvio Berlusconi che nonostante la sua potenza mediatica e politica non è riuscito a cambiare l’assetto giudiziario.
Siamo ai giorni nostri e politici di destra al potere sono due: Meloni e Salvini.
Salvini resta “impallinato” da un processo “politico” per atti governativi e quindi con un evidente lesione della tripartizione dei poteri. Un atto politico non può essere giudicato dai magistrati nei tribunali.
Salvini è stato lasciato solo dal Presidente dell’epoca Giuseppe Conte e dai Ministri 5S che oggi flerta con il PD, giusto per chiarire chi è legittimato ad essere protetto da certa magistratura.
Salvini non ha sequestrato nessuno ed i respingimenti alle frontiere sono e restano atti di natura politica. La nave poteva attraccare altrove e non in Italia, ergo non era bloccata; non c’era alcuna situazione di limitazione della libertà personale.
La questione, però, travalica la persona di Salvini, la questione investe la legittimità che, però, aveva un PM di “inventarsi” una accusa di sequestro di persona e di imbastire un processo senza alcun senso giuridico, ma al solo fine di portare sui banchi degli imputati la politica, o per meglio dire una certa politica.
Ecco, questo è un fatto gravissimo e viola il principio della tripartizione dei poteri. È una deriva sempre più ampia in una parte della magistratura che si erge a soggetto che detta le scelte “moralizzatrici” e d’indirizzo politico.
Quindi, invece di fomentare le fazioni la stampa, si ritorna ad essa, dovrebbe criticare il comportamento degli altri ma, imbrigliata come è da editori politici o vicini a partiti, non ha la forza per farlo.
Si passa così da quarto potere a “mezzo” potere, ovvero una debolezza evidente.
Qui, in gioco non c’è Salvini o la Meloni o Tajani od altri; qui in gioco c’è la democrazia che vuole che i tre poteri concorrano per il bene della Nazione nel rispetto reciproco.
Spiace dirlo, ma la magistratura veleggia su idee non inerenti l’applicazione delle norme, ma (del caso) la sua disapplicazione se non piacciono, oppure la sua interpretazione errata.
Questo non è consentito.
Non si è mai visto un Ministro a processo per avere tenuto fede da Roma a scelte politiche che erano state valutate da un Governo. La politica quando fa atti politici non si processa, ma si combatte nella cabina elettorale. Questo non è un concetto di poco respiro. Questo è un concetto molto chiaro e non negoziabile.
La “Questione Albania”, ultima in ordine di tempo, ripropone il contrapporsi di ideologie quando ci dovrebbe essere solo l’applicazione della legge.
Ha ragione l’On. Meloni quando dice che la scelta dei paesi c.d. “sicuri” è un atto politico e nessun Magistrato può interpretare e dire che un dato paese non è sicuro per sua convinzione.
Soprattutto riteniamo che sia anomalo che un magistrato, libero di avere idee anche politiche, impieghi queste per interpretare le leggi.
Quello che è molto pericoloso e che non ci pare che venga sottolineato a dovere è che lo “scontro” fra poteri porta ad una instabilità del sistema con ripercussioni sulla collettività.
La partita è molto più complessa del singolo caso e della singola questione.
La partita è se ancora oggi possiamo parlare di una magistratura che è solo potere giudiziario o se dobbiamo parlare di una magistratura che, nel suo seno ha gangli di ostilità con le forze conservatrici ed è favorevole solo a quelle di sinistra o progressiste.
Il punto, però, che preoccupa e che dovrebbe preoccupare e che la magistratura non fa più da tempo solo la Magistratura. Le ragioni sono molte e, forse, la principale è l’indebitamento del potere politico e dei politici come soggetti.
La stampa, invece, di parteggiare inizi a chiedersi se domani vogliono il governo dei magistrati come nell’antichità si vaneggiava il governo dei filosofi, francamente non mi pare che quella esperienza portò buoni frutti.
*MASSIMO ROSSI, Avvocato Penalista
e Patrocinante in Cassazione
Docente in Seminari di Studi e
Relatore in Convegni a Livello Nazionale
Studio Legale in Siena, v.le Cavour 136
avvocatomassimorossi@yahoo.i