Skip to main content

Il lato oscuro della scienza, viaggio tra gli esoerimenti più folli nella storia

Oggi la scienza ha fatto dei passi da gigante permettendo all’essere umano di essere in grado di fronteggiare molte malattie, in alcuni casi debellarle completamente, o ancora ha permesso di comprendere molti aspetti dell’essere umano. Ma, per arrivare a questo incredibile progresso sono necessari, come in tutti i campi, gli esperimenti scientifici: unici metodi per attrubuire alle ipotesi della scienza un fondamento.

Ovviamente è bene tener presente che gli scienziati per progredire nel loro campo hanno bisogno prima ri razionalizzare le teorie e poi metterle in pratica e spesso i metodi pratici, nel corso del secoli non erano esattamente etici o giusti.

Se scorressimo lungo le pagine della storia scientifica scopriremmo che questa ha un lato oscuro degno delle peggiori fantasie dei registi di film dell’orrore. Sono tantissimi infatti gli esperimenti orrorofici fatti in nome della scienza.

Tra questi possiamo annoverare forse il più famoso: la bomba atomica. Le cui conseguenze sono ahimè note a tutti. Stiamo parlando dell’11 marzo del 1945, quando nel corso del test “Castle Bravo”, l’atollo di Bikini, nelle isole Marshall nell’Oceano Pacifico, venne completamente polverizzato dall’ordigno nucleare. Quella fu la più potente bomba a idrogeno mai realizzata da mente umana, con una potenza di circa 15 volte le bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. 

Non è però l’ordigno più potente. L’Unione Sovietica infatti riuscì a battere questo record, se di record vogliamo parlare. Nel 1961 gli scienziati testarono la bomba “Zar” la cui capacità era di circa 50 megatoni. 

Per rimanere in tema bellicoso, bisogna annoverare anche gli esperimenti condotti nel corso della Seconda guerra mondiale nei campi di concentramento nazisti ai danni dei prigionieri.

Gli esperimenti condotti da Joseph Mengele, il “dottor morte”, Eduard Wirths, capo di Auschwitz, Sigmund Rascher e tanti altri medici che, anche contro la propria volontà, vennero costretti a operare per scoprire cure a malattie e situazioni estreme che potevano interessare i soldati tedeschi in battaglia. Tra questi ricordiamo le vaccinazioni antipetecchiali, gli esperimenti di decompressione per il salvataggio da grandi altezze, il congelamento, esperimenti sull’epatite, sulla sterilizzazione, la castrazione chirurgica. Ancora i raggi X, la cura ormonale per l’omosessualità e le ricerche condotte sui gemelli o ancora sui nani.

Azioni crudeli e spietate attuate su vittime inermi, in nome del progresso, utilizzato come mezzo per nascondere le nefandezze di cui erano responsabili.

Nonostante La Corea del Nord neghi ufficialmente, esisterebbero delle segnalazioni di esperimenti contotti su pazienti umani, del tutto simili alle atrocità commesse dai nazisti. Una donna ex prigioniera racconta che 50 donne sane furono costrette a mangiare foglie di cavolo avvelenate, che ingoiarono nonostante le grida delle compagne che le avevano già mangiate e cominciavano a sentirsi male.

Tutte le 50 donne morirono dopo 20 minuti di vomito e sanguinamento anale. Il rifiuto di mangiare avrebbe significato morte per assassinio e rappresaglie contro le loro famiglie. Kwon Hyok, un ex capo della prigione di sicurezza di Camp 22, ha descritto i laboratori come perfettamente attrezzati, con camere a gas, stanze per esperimenti sanguinosi e altre meraviglie da circo degli orrori.

Kwon Hyok afferma di aver visto una famiglia di 2 genitori con un figlio e una figlia morire soffocati dal gas, con i genitori che hanno usato le loro ultime forze tentando di mantenere in vita i figli con la respirazione bocca a bocca.

Ma la lista non finisce qui purtroppo, anzi. Nel 1972 Robert Health pubblicò sul Journal of Nervous and Mental Disease un caso entrato nella storia come “esperimento B-19“, dal codice identificativo dell’anonimo paziente, un giovane omosessuale di 24 anni, con disturbi epilettici e dipendenza da droghe.
Dopo aver ricavato un foro nel cranio del paziente, Heath applicò un elettrodo nella regione settale del cervello, considerata l’area che regola la sensazione del piacere. B-19 poteva sollecitare quell’area semplicemente premendo un bottone.

Sebbene il giovane non provasse attrazione o eccitazione verso il genere femminile, attraverso questo tipo di stimolazione raggiunse l’orgasmo guardando un film con rapporti eterosessuali e successivamente riuscì a portare a termine un rapporto sessuale con una prostituta ingaggiata dallo stesso dottor Heath. Questi precisò nella pubblicazione che B-19 aveva “risolto i suoi problemi” raggiungendo un orgasmo pienamente soddisfacente.

Se oggi ci fa storcere il naso quando leggiamo di prodotti o vaccini testati sugli animali, farà senz’altro impressione la storia che c’è dietro i test per la sifilide condotti tra 1946 e il 1948 in Guatemala, quando alcuni scienziati USA finanziati dall’Istituto Nazionale per la Salute infettarono deliberatamente 1300 guatemaltechi con il morbo della sifilide e altre malattie veneree.

Le cavie umane erano malati mentali, carcerati, prostitute e soldati ai quali veniva iniettato, invece di un vaccino sperimentale, come dicevano, il virus della sifilide, per studiarne gli effetti e il decorso della malattia. 

Un reportage della BBC ha rivelato i tragici effetti di quegli esperimenti, che avvenivano o attraverso l’iniezione diretta degli agenti infettivi o promuovendo rapporti sessuali con prostitute affette da malattie veneree. In alcuni casi, i soggetti vennero trattati con antibiotici per testare la loro efficacia sulla sifilide, ma molti altri casi rimasero privi di trattamento.
Il risultato fu la morte di numerose persone e la trasmissione della sifilide ai loro figli; l’esperimento si concluse nei primi anni ’70 quando una fuga di notizie scatenò l’opinione pubblica.
Vicenda che senza dbbio ricorda quanto avvenuto nei campi di concentramento sotto gli studi condotti dal dottor Mengele sui prigionieri di Auschwitz. 

Cercando tra le varie fonti poi mi sento di dover includere anche le lobotomie del dottor Walter Freeman, sulla cui storia esisteva un interessante documentario. Questi era un grandissimo sostenitore della tecnica inventata dal premio Nobel per la Medicina Egas Nomiz: la lobotomia.

La tecnica consistente nel praticare un foro nel cranio del paziente per distruggere il tessuto bianco all’interno dei lobi frontali, aveva lo scopo di curare le malattie mentali. I pazienti subivano un mutamento radicale della personalità che, nella gran parte dei casi comprometteva irrimediabilmente le loro facoltà mentali rendendoli di fatto dei vegetali.

Strenuo sostenitore di questa tecnica fu proprio Freeman, noto per averla utilizzata che su Rosemary Kennedy, sorella del futuro presidente John F. Kennedy, poiché la giovane 23enneaveva, a dire del padre, delle abitudini sessuali disinibite. 

La giovane divenne un vegetale, restò su una sedia a rotelel quasi incapace di parlare, con lo sguardo perennemente nel vuoto. 

In seguito, il Dottor Freeman decise di migliorare la sua tecnica e perfezionò la lobotomia transorbitale, che permetteva di raggiungere il cervello passando con uno scalpello da ghiaccio, nella cavità orbitale del paziente.

La cosa più curiosa di questa storia fu il successo che ottenne, tanto da iniziare a viaggiare per tutto il Paese negli anni ’50 per eseguire queste prartiche sui pazienti più disparati. Moltissimi furono i decessi. Solo nel 1967 a Freeman furono interdette queste pratiche e alla fine del ’70 si potrà dire finalmente addio a questa pratica. 

Parlando degli esperimenti condotti per comprendere meglio i comportamenti umani, bisogna annoverare l’esperimento della prigione di Stanford. Questo si basava sulle risposte umane alle condizioni di prigionia e cattività dei carcerieri. Iniziato nel 1971 venne condotto da un team di ricercatori guidato dallo psicologo Philip Zimbardo della Stanford University. Alcuni studenti volontari svolsero i ruoli di guardie e prigionieri, in una finta prigione in un seminterrato vicino all’università. I prigionieri e i carcerieri si abituarono velocemente ai propri ruoli, e uno degli aspetti che era previsto era il crearsi di situazioni potenzialmente pericolose dal punto di vista psicologico per guardie e carcerati.

Dopo un brevissimo periodo, un terzo delle guardie fu ritenuta responsabile di “veri” comportamenti sadici, e molti prigionieri rimasero traumatizzati, con due di loro dovettero essere allontanati dopo pochissimo tempo dall’avvio dell’esperimento a causa di gravi ripercussioni immediatamente visibili. Infine, Zimbardo, allarmato per il comportamento sempre più crudele dei propri studenti, terminò l’esperimento poco tempo dopo che era cominciato.

O ancora, per restare in tema il progetto MKultra nome in codice per un programma di ricerca della CIA sul controllo mentale che ebbe inizio nei primi anni ’50 e continuò almeno fino alla fine del 1960. Esistono prove che il progetto prevedesse l’uso indotto di molti tipi di farmaci, assieme ad altre metodologie, per manipolare i pensieri e le decisioni dei soggetti. Lo scopo era quello di creare spie e soldati perfetti, in grado di compiere gli ordine in uno stato subcosciente, non riuscendo quindi, neanche sotto tortura, a svelare nulla al nemico.

Bisognerebbe fermarsi un secondo a riflettere e pensare a quanto l’essere umano sia disposto a sacrificare o far del male in nome del progresso. Esiste forse una linea invalicabile oltre la quale da scienziati si diventa dei carnefici.

 

Gianfranco Cannarozzo