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Il Maestro e Margherita, il capolavoro di Bulgakov

Il Maestro e Margherita è un classico della letteratura russa, un capolavoro di Bulgakov, cui ha dedicato gli ultimi anni della sua vita e che è uscito postumo in una versione censurata.

L’autore è nato nel 1891 in una famiglia agiata, il padre era docente universitario di storia e critica delle religioni occidentali presso l’Accademia teologica di Kiev e traduttore di testi religiosi, la madre era una donna molto colta che lo introdusse alla lettura fin da giovanissimo. Dopo aver studiato per diventare medico, dapprima lavorò nelle periferie ma nel 1918 riuscì ad aprire un suo studio specializzato in malattie veneree. Nonostante la professione medica, continuò a dedicarsi con estrema passione alla letteratura, a tal punto che lasciò la sua professione per stabilirsi a Mosca; fu una decisione particolare se si considera che la Russia viveva un momento storico di grande instabilità e si profilava quello stato di regime che mal si conciliava con la possibilità di scrivere. Ma la fedeltà a se stesso e la reazione al sistema saranno una costante in tutta la sua vita.

Il romanzo di cui parliamo è costituito da tre linee: la prima è l’arrivo del diavolo a Mosca che si presenta sotto le vesti di Woland. Questi è un misterioso professore straniero, esperto di magia nera, circondato da uno stuolo di accoliti, tra i quali il gatto Behemoth, personaggi tutti grotteschi che genereranno il caos facendo accadere cose assurde.

Woland si è recato a Mosca per organizzare il gran ballo del plenilunio di primavera che si tiene la notte del Venerdì Santo e coinvolge una donna di nome Margherita che diventerà la regina di questa festa per una notte.

Margherita è appunto la seconda linea di narrazione: è la compagna del Maestro, uno scrittore denunciato per aver scritto un’opera su Ponzio Pilato completamente contraria al sistema e poi recluso in un ospedale psichiatrico perché condotto alla disperazione dal rifiuto dei critici per il suo romanzo. Visto che da molto tempo Margherita non sa nulla del compagno, accetta di fare questo patto con il diavolo perché in cambio avrà l’opportunità di chiedere la liberazione del Maestro e il ricongiungimento a lui.

La terza linea narrativa, il romanzo nel romanzo, è l’opera scritta dal Maestro ossia gli ultimi giorni di vita di Jeshua Ha-Nozri, il nome semitico con cui viene chiamato Gesù.

La storia non è scritta in chiave evangelica ma prende spunto dalle Scritture e anche dai Vangeli apocrifi secondo un’interpretazione più storica e scientifica, prediligendo il punto di vista di Ponzio Pilato che viene da Bulgakov riabilitato. L’autore infatti lo analizza nella sua complessità di uomo, con il senso di colpa e il rimorso di essersi reso conto di aver commesso un errore che lo tormenterà per tutta la vita. Il dramma di Ponzio Pilato e il suo non essere libero dal suo senso di colpa è il nucleo fondamentale di quest’opera.

È un romanzo che appartiene a tanti generi diversi: è un romanzo drammatico, in parte tragico-comico, con componenti fantastiche, grottesche e surreali che convivono insieme.

Tutti i personaggi presenti nell’opera hanno un ruolo: Jeshua porta l’ideale del bene sostenendo che esiste un bene profondo insito in ciascun essere umano, perchè anche il peggiore degli uomini, se totalmente libero, può tirare fuori dalla sua essenza quello che ha di buono. A questo ideale si oppone la filosofia di Woland che sostiene la necessità del male: il male esiste perché altrimenti non potrebbe esistere il bene.

C’è poi la filosofia del Maestro che rappresenta l’ideale di Bulgakov: uno scrittore che sostiene la libertà espressiva e la necessità di scrivere quello che è successo perché possa rimanere nel tempo.

E poi c’è Margherita, anche lei personaggio simbolo che rappresenta la possibilità dell’amore inteso come libertà di essere che può vincere tutti gli ostacoli esterni.

C’è sicuramente una componente satirica nel libro perché obiettivo di Bulgakov era quello di dissacrare il sistema burocratico amministrativo russo, i protocolli rigidissimi e insensati, le gerarchie da seguire; gli accoliti di Woland fanno saltare in aria tutte le logiche, distruggendo il senso comune e creando assurdità. L’effetto dell’assurdo è proprio quello di generare il caos in un sistema che crede di essere assolutamente perfetto.

C’è il trionfo dell’immaginifico sulla rigidità della vita reale: pensiamo al gran ballo come momento in cui avvengono tutte le stranezze.  È l’irrompere della novità, della libertà di espressione; Margherita che vaga nuda per i cieli a cavallo di un uomo utilizzato come mezzo di trasporto diventa l’emblema di questa libertà, mentre l’uomo ridotto a mezzo di trasporto suscita l’effetto umoristico che rende il romanzo ancora più interessante.

Sarà soltanto il diavolo che è riuscito a volare sul cielo di Mosca a vendicare le sopraffazioni nei confronti dell’intelletto e a stabilire che l’intelletto debba essere libero e che nessuna forma di organizzazione sociale può costringere l’uomo a essere quello che non è e a pensare quello che non vuole.

Nella follia fantasmagorica di questa Mosca travolta dal diavolo e da quello che lui si porta dietro accade di tutto: i protagonisti del comunismo sovietico diventano maiali, le persone volano, tutto tende a sfasciarsi e tutto lascia dietro di sé una scia di dubbi ed incertezze.

Bulgakov mette il dito nelle giunture più molli della Mosca sovietica che sembra un posto un po’ addormentato, dove burocrati arroganti occupano i loro posti senza avere il diritto di farlo: l’arrivo del diavolo scombina tutto nel portarli davanti al pubblico per ammettere di essere approfittatori e ladri.

Nella follia burocratica tutto questo lascia spazi alla riflessione di come l’ambizione di forgiare l’uomo nuovo sovietico, quello che avrebbe cambiato il mondo, ha prodotto comunque personaggi idioti; e il diavolo che sa tutto questo, ci gioca e riesce a produrre il collasso, portando in un grande spettacolo tutti quelli che può mettere in ridicolo.

Il diavolo riesce a far capire che quell’uomo nuovo e meraviglioso che crede solo nella ragione e non in Dio e dà il meglio di sé, in realtà non è apparso anzi ha prodotto una serie di degenerazioni peggiori di quelle che potevano esserci prima.

Il diavolo così come è usato e anche la vicenda di Pilato servono a far capire che l’uomo difficilmente può cambiare le cose quando ha deciso semplicemente di non credere a niente e che la capacità del dubbio è molto più forte di qualunque forma di ossessione della dimensione organizzativa.

Veronica Tulli

Foto © La Repubblica

Bulgakov, Il Maestro e Margherita, Russia, uomo nuovo sovietico