Il Maestro Vittorio Storaro presenta il libro d’arte “La Civiltà Romana” al Circolo Canottieri Roma
“L’Immagine” alla base dell’Arte Cinematografica
di FABIANA LUCA*
Nel suo ultimo appuntamento dell’anno con la cultura, il Circolo Canottieri di Roma ha ospitato nella serata di venerdì il grande maestro e direttore di fotografia, tre volte premio Oscar, Vittorio Storaro, nella presentazione del suo ultimo volume d’arte intitolato La Civiltà Romana.
L’opera raccoglie immagini e suggestioni legate alla civiltà di Roma e all’antichità, aspirando a compiere un’impresa unica nel suo genere, quella di restituire attraverso le immagini e le tecniche fotografiche tutta la grandezza di Roma e del suo impero disseminato nel mondo. Le immagini e le fotografie sono realizzate attraverso la tecnica della cosiddetta doppia impressione, inventata dallo stesso maestro Storaro, e prendono ad oggetto i monumenti, gli acquedotti, i teatri, i circhi di Roma e dei Paesi che costituivano il grande impero. Restituendo le parole dello stesso maestro, il libro, oltre ad essere una splendida raccolta di immagini e fotografie, rappresenta al tempo stesso “un’indagine individuale nell’immaginario che mi ha identificato fino a questo momento. È stato quindi il tentativo di capire meglio da quale luce vengo, in quale colore sono e verso quale elemento vado”.
Luce, colore ed elementi: una tripartizione, dunque, che si ricompone anche all’interno della struttura dell’opera stessa. Il volume si articola infatti in tre grandi momenti storici, raccolti scientemente in 15 capitoletti, che legano insieme l’emozione, il colore, il mito e la ricchezza della componente storica di una grande civiltà che ha avuto la forza e l’ardire di espandersi in tutto il mondo non solo attraverso le guerre, ma anche attraverso la conoscenza, l’arte e la bellezza. Non solo, La Civiltà romana è anche «un tentativo di reinterpretare lo spettro cromatico attraverso una prospettiva prettamente storica e come modalità di lettura dei temi della Grande Storia», dice Fulvia Strano, storica dell’arte che ha presentato e moderato l’incontro con il maestro e che ha definito l’impresa di Storaro un “atto geniale”.
Anche la scelta dell’immagine di copertina – ha voluto sottolineare Storaro – non è lasciata al caso, ma, anzi è un’immagine fortemente voluta e ricercata, scattando nella camera due immagini differenti e combinandole poi insieme: Augusto è il vero fondatore del tempo degli imperatori e Roma al tempo veniva soprannominata il Sole Invictus. L’intento era quello di mettere insieme quei simboli per dare l’idea della grandezza della civiltà romana. Al centro del primo episodio si colloca il tema dell’oscurità e della memoria e di come fare ad uscir fuori dal passato, realizzando un ritratto sistematico di tutto l’apparato conoscitivo dell’antica Roma. Nel secondo episodio tema dominante è il Tevere con le sue acque, interpretate in relazione alla luna.
«Io sono del segno zodiacale del Cancro – ha confessato Storaro – l’acqua e la luna sono i due elementi che caratterizzano il mio segno.» Viene ricostruito il viaggio dell’acqua proprio attraverso l’atmosfera notturna. La terza ed ultima parte ospita il passaggio dalla materia all’energia, soffermando l’attenzione anche sulla legge e sul diritto romano.
L’evento di venerdì è stato inoltre l’occasione per l’autore di ripercorrere il proprio cammino artistico ed individuale. Ha ricordato il periodo della giovinezza in cui la voglia di studiare non era molta e non “possedeva ancora piena coscienza della conoscenza”: fu l’intervento del padre, proiezionista di una delle più grandi case cinematografiche degli anni Cinquanta del secolo scorso – la Lux Film – ad introdurlo in quello che era stato il suo sogno, iscrivendolo ad un istituto di fotografia.
Da qui prendeva le mosse il suo cammino individuale ed artistico, dal “sogno che mio padre ha poggiato sulla mia spalla e che pian piano è diventato anche il mio”. Ha iniziato così i propri studi artistici già all’età di 11 anni, frequentando prima un corso di fotografia presso l’Istituto Tecnico di Roma “Duca d’Aosta” e poi di cinematografia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, in cui “mi hanno insegnato le basi tecniche e il contrasto tra la luce e l’ombra”. È poi entrato nel mondo del lavoro grazie soprattutto alla dedizione che seppe dimostrare nel corso di quegli anni di studi, compiendo un’ascesa molto rapida. Storaro ha ripetuto più volte durante l’incontro che “fondamentale è stato per lui l’incontro con personaggi che hanno avuto dei sogni” e che lo hanno contaminato e indirizzato verso quel cammino artistico che poi lo porterà a vincere per ben tre volte la prestigiosa statuetta: una prima volta nel 1980 per Apocalypse Now di Francis Coppola; la seconda, nel 1982 per Reds di Warren Beatty; ed, infine, la terza nel 1988 per L’Ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci.
Un incontro che resta molto vivido nel ricordo di Storaro è proprio quello con Bernardo Bertolucci, regista e produttore cinematografico scomparso lo scorso 26 novembre a Roma, a cui lo legano diversi anni di amicizia e collaborazione. Un uomo che “scriveva la propria storia con la macchina da presa, che cercava, attraverso la camera, uno spazio da estrarre alla natura”, come lo definisce il maestro di fotografia. Sette anni dopo questo primo incontro che avviene durante le riprese del film Prima della Rivoluzione (1964), arrivò la chiamata di Bertolucci che lo invitò a creare un percorso lavorativo insieme durato più di vent’anni.
Non è mancato, nel corso dell’evento, l’invito ai giovani a non avere fretta e ad arrivare preparati e coscienti al proprio esordio, concentrando la propria energia nella volontà di prepararsi bene per qualcosa che si ritiene importante. Inoltre, ha poi aggiunto “se riuscite nella vostra vita ad arrivare ad un punto alto per la vostra carriera e realizzazione personale, abbiate il coraggio di fermarvi: nella vita non si può andare sempre in alto e non si procede mai solo per una linea retta”. A volte si necessita di un momento di pausa e di ripensamento, e di tempo da dedicare allo studio e alla conoscenza di cose che ancora non si conoscono.
Il maestro si è inoltre espresso sulla necessità di veder riconosciuto il diritto d’autore anche per quanto riguarda l’immagine e la fotografia: la legge del 1940 ha dichiarato che l’espressione cinematografica è composta dall’autore degli scritti e dalla parte musicale, ma quando si parla dell’immagine “il legislatore decise di mettere l’elemento sulle spalle del regista”. Il regista, ha poi commentato Storaro, si basa molto sulle immagini, che sono la “base fondamentaledel cinema stesso”. Per questo da anni si impegna per il riconoscimento del diritto d’autore anche per quanto riguarda questo specifico settore.
Il volume realizzato da Vittorio Storaro è edito dalla Marchesi Grafiche Editoriali
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